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Parma, Arena Shakespeare – Coscoletto o Il lazzarone

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Nella stagione in cui a veder l’opera si va in bermuda e t-shirt, a Parma il teatro in musica approda all’Arena Shakespeare, suggestivo spazio all’aperto costruito sul tetto del Due, lo storico palcoscenico del teatro di parola della città. In programma l’operetta Coscoletto o Il lazzarone di Jacques Offenbach, in un allestimento coprodotto da Festival della Valle d’Itria (dove ha esordito il 19 luglio), Fondazione Toscanini e Fondazione Teatro Due. Doverosa premessa (e dura realtà): i melomani puntano verso altri lidi. Annunciato su due date, poi ridotte a una, lo spettacolo si svolge di fronte a gradinate mezze vuote, nonostante biglietti in vendita promozionale e un discreto battage pubblicitario. Eppure, gli ingredienti sono appetitosi: un titolo di esecuzione più che rara di un musicista di genio; un brillante libretto dal soggetto iperitaliano, o, meglio, ipernapoletano, appositamente tradotto in italiano; un cast di giovani cantanti tutti da scoprire.

Una cosa è fuor di dubbio: chi non c’era ha mancato l’occasione di ascoltare musica deliziosa. Coscoletto è una partitura tedesca di nascita (l’esordio avvenne nel 1865 nella città termale di Bad Ems, buen retiro estivo dell’aristocrazia europea), ma nelle sue vene scorre sangue squisitamente parigino. Anche se non fu mai ripresa al teatro dei Bouffes Parisiens, presenta le caratteristiche tipiche delle operette che Offenbach scriveva allora per quel teatro, suo autentico reame. «Immaginate Offenbach abbandonato a tutta la sua verve diabolica, sempre il solito fantastico manovratore di marionette impazzite» suggeriva uno dei critici che assistettero alla prima rappresentazione: tutto vero, perché Coscoletto racchiude melodie pregnanti, ritmi forsennati, orchestrazione elegantissima, invenzioni geniali, e quella profonda e incontrollabile comicità che sconfina quasi in un corrosivo teatro dell’assurdo. I due finali – nel primo si assiste all’eruzione del Vesuvio, nel secondo i sei protagonisti si cantano un requiem perché convinti di essere avvelenati – sono piccoli capolavori musicali nei quali risuona, parodiata, la tradizione operistica seria dell’epoca.

Merito della riuscita musicale dello spettacolo va anche agli esecutori. Chiamato all’ultimo momento a sostituire il titolare Sesto Quatrini (a suo volta convocato a Martina Franca per rimpiazzare l’indisposto Fabio Luisi nell’Ecuba di Manfroce), Giuseppe Montesano conduce la Filarmonica Toscanini in modo giudizioso, mostrando di conoscere le esigenze del genere. La sua concertazione si caratterizza per il tocco lieve e l’eloquio garbato, e anche se talvolta il gioco delle dinamiche e la finezza del dettaglio si perdono (ma l’acustica areniana è quel che è), non si perde lo spirito francese che permea la scrittura orchestrale: e questo è quel che più conta. Nonostante un numero di prove (immaginiamo) scarso, anche l’intesa con i cantanti è buona, e solo di rado si notano limitati deragliamenti.

Il soprano Mariasole Mainini possiede una voce fresca e sufficientemente agile per restituire il ruolo frizzante di Delfina. Caratteristiche analoghe possiede il mezzosoprano Marta Pluda, che nei panni di Mariana ha anche l’opportunità di mostrare suadenti accenti patetici. Il tenore Alfonso Zambuto, Policarpo, conferma le buone impressioni che aveva suscitato a Parma in un recente Andrea Chénier: timbro squillante, volume abbondante, e (piacevole novità) una verve buffonesca adattissima all’operetta. Il tenore Nile Senatore, Arsenico, mostra una voce leggerina nel centro-grave ma ben tornita nell’acuto, e qualità attoriali di gran lunga superiori alla media dei cantanti lirici odierni. A questi quattro cantanti, allievi dell’Accademia di Belcanto “Rodolfo Celletti”, se ne aggiungono altri due più esperti: Frangipani è l’ottimo Patrizio La Placa, che sfoggia voce baritonale robusta e tecnica agguerrita, mentre a intonare le note di Coscoletto è il soprano Michela Antenucci, la quale, forte di un organo dal bello squillo e facile al canto ornato, si disimpegna in modo eccellente in una parte alquanto impervia.
Occorre precisare che Antenucci canta, ma non recita. Il ruolo di Coscoletto è infatti incarnato dall’attore Davide Gagliardini: è lui a dar corpo al personaggio e a recitare le parti parlate, mentre nelle sezioni cantate si limita al playback, doppiato dal soprano al leggio. Con la sua fisicità prorompente, Gagliardini è bravissimo a riempire una scena spoglia, ravvivata soltanto da luci colorate proiettate sul fondale e da minimi accessori. Ma lo sdoppiamento della parte del protagonista crea una sorta di effetto metateatrale nocivissimo allo scorrere del dramma. Convince poco anche la scelta di inserire un Narratore – il pur eccellente Arturo Cirillo, che cura anche la regia – il quale, come in una telecronaca, sunteggia ciò che accade sul palcoscenico. Assente nel libretto originale francese (perduto) e nella traduzione tedesca che è oggi la fonte primaria del testo verbale dell’operetta, esso fu aggiunto in una successiva versione, pure tedesca, presumibilmente per accorciare i dialoghi parlati e per rendere più comprensibile l’intreccio. Ora, il pubblico che va a teatro, e all’opera in particolare, è affatto scaltrito in quanto a trame improbabili, e non si scompone certo di fronte a un canovaccio più che canonico, in cui si intrecciano tre fili amorosi: Coscoletto ama ricambiato Mariana, ed è a sua volta amato da Delfina, moglie di Frangipani, della quale sono innamorati sia Arsenico sia Policarpo. In fin dei conti, per parafrasare la celebre sentenza di George Bernard Shaw, negli intrecci d’oper(ett)a c’è quasi sempre qualcuno che vuole portarsi a letto qualcun altro.

Fondazione Teatro Due – Stagione Estiva 2019
COSCOLETTO O IL LAZZARONE
Libretto di Charles Nuitter e Étienne Tréfeu
Versione ritmica italiana di Sandro Cappelletto
dalla traduzione del libretto di Mario Desiati
Musica di Jacques Offenbach

Coscoletto Michela Antenucci / Davide Gagliardini
Delfina Mariasole Mainini
Mariana Marta Pluda
Arsenico Nile Senatore
Policarpo Alfonso Zambuto
Frangipani Patrizio La Placa
Narratore Arturo Cirillo

Filarmonica Arturo Toscanini
Ensemble Corale La Toscanini / Festival della Valle d’Itria
Direttore Giuseppe Montesano
Regia Arturo Cirillo
Assistente alla regia Davide Gagliardini
Edizione dei materiali musicali a cura di Sergio Prodigo
Produzione Festival della Valle d’Itria,
La Toscanini, Fondazione Teatro Due
Parma, 25 luglio 2019

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