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Milano, Teatro alla Scala – Die ägyptische Helena

Ennesima collaborazione tra Richard Strauss e il librettista e drammaturgo Hugo von Hofmannsthal – un sodalizio invero fertile e duraturo, quello tra i due, a partire dall’Ekektra del 1909 – , è in scena in questi giorni al Teatro alla Scala, per la prima volta negli annali del Piermarini, Die ägyptische Helena (Elena egizia), a chiusura di stagione e in occasione del 70° anniversario di morte del compositore monacense, spentosi l’8 settembre 1949. Opera in due atti che debuttò nel 1928 alla Staatsoper di Dresda, nel 1933 a Salisburgo e a Vienna con alcune revisioni, si basa su di un soggetto a metà tra epica e dramma coniugale borghese ambientato in epoca ellenistica. Ispirato a una tragicommedia di Euripide incentrata sul mito della bellissima Elena, la protagonista è qui vista (grazie all’utilizzo di sortilegi, inganni e filtri magici a base di loto) non come donna adultera fuggita a Troia assieme all’amante Paride, ma come exemplum virtutis, moglie casta e fedele al marito Menelao, pronta a respingere le profferte amorose di altri uomini e a riconquistare la fiducia del coniuge. Titolo abbastanza raro nei cartelloni teatrali rispetto ad altri del catalogo straussiano, si ricordano almeno, negli ultimi decenni, l’edizione in forma di concerto del 2003 al Salzburger Festspiele con, sul podio, Fabio Luisi, quella del 2015 diretta da Stefan Soltesz a Francoforte, o le produzioni di Cagliari del 2011 messa in scena da Denis Krief e quella del 2009 alla Deutsche Oper di Berlino con regia di Marco Arturo Marelli.
Composizione dalla trama ibrida e stravagante, che accosta i caratteri opposti del tragico e del comico, della storia e della mitologia, del realistico e del fiabesco, toni drammatici e toni lirici, la natura della realtà e del linguaggio tanto cara alla Vienna freudiana degli inizi del XX secolo, presenta un organico orchestrale davvero ampio ed elaborato, indirizzato a una ricerca quasi edonistica di rigogliose sonorità di colore esotico, e qualità vocali ragguardevoli.

Franz Welser-Möst si conferma uno straussiano di razza, interprete sensibile e fine conoscitore della partitura. Optando per una lettura infuocata e magmatica, il direttore austriaco ottiene dalla compagine scaligera in forma smagliante un tappeto orchestrale lussureggiante e pastoso, denso e levigato come una lastra di marmo, dalle sonorità compatte di puro smalto, rutilante negli ottoni e sferzante nelle percussioni: un vero caleidoscopio di colori, sfumature, dinamiche, lucori, senza alcun calo di tensione. Non sono certo mancati momenti di maggiore delicatezza, come il trasognato Finale primo, dove Welser-Möst predilige soffici pennellate di prezioso suono madreperlaceo, oppure sprazzi di terso sinfonismo, per esempio quando Da-ud dichiara a Helena il proprio devoto, ardente amore.

Nell’insieme valido il cast scritturato. Ricarda Merbeth è una Helena matronale, dall’ampia cavata granitica nell’emissione, vigorosa negli acuti ghermiti e corposi affrontati con energia, morbida nei medi e appannata nei gravi. Il soprano sassone delinea una principessa sensuale, di un fascino erotico protervo e spudorato, una donna determinata e volitiva, più virago che sposa mite, come emerso appieno nella gran scena di apertura del II atto “Zweite Brautnacht!”, dalla prorompente carica carnale.
Accanto a lei, spicca lo stentoreo Menelas di Andreas Schager, dalla voce robusta di Heldentenor, sana e omogenea nell’emissione, sfogata in note alte gagliarde e timbrate, sfacciate nella loro marmorea saldezza, raggiunte con sicurezza ed estrema naturalezza. Il tenore austriaco impersona con solida efficacia un eroe rude e aspro, dilaniato dalla cocente gelosia per il tradimento della moglie.
Eva Mei nei panni della ninfa Aithra, con una vocalità sopranile complessivamente voluminosa dalla timbrica chiara e trasparente, luminosa in acuto e puntuta nei picchettati, poco sonora e opaca nei gravi, eterea nelle messe di voce, dà vita a una maga egiziana smaliziata e ammiccante, regale nel portamento e di innegabile charme.
L’Altair sprezzante del baritono statunitense Thomas Hampson si distingue per il lampante magnetismo scenico e per il fraseggio carismatico, nonché per una dizione curata; a causa di una tessitura forse scomoda per le sue corde, lo strumento vocale risulta a tratti depauperato e povero di polpa, sfibrato soprattutto nel registro grave, ancora nitido in quello acuto, apparso però a volte indurito.
Il Da-ud del tenore tedesco Attilio Glaser brilla per il seducente metallo brunito, dalla tinta bronzea e ben in maschera. Claudia Huckle (Die alles-wissende Muschel) è una conchiglia onnisciente ammaliante, dalla vocalità contraltile scura di tornito velluto. Nel cammeo di Hermione, figlia dei due protagonisti, il soprano Caterina Maria Sala svetta per la resa delicata e liliale, grazie a uno strumento vocale limpido e adamantino. Puntuali, nei loro brevi interventi, Tajda Jovanovič (Die erste Dienerin der Aithra), Valeria Girardello (Die zweite Dienerin der Aithra/Vierter Elf), Noemi Muschetti (Erster Elf), Arianna Giuffrida (Zweiter Elf) e Alessandra Visentin (Dritter Elf).
Incisivo e come sempre preciso il Coro del Teatro alla Scala, posizionato nei palchi di proscenio, sotto la guida ineccepibile di Bruno Casoni.

Con raffinatezza e fantasia Sven-Erich Bechtolf confeziona uno spettacolo dalle marcate atmosfere Jugendstil, intrise di un pizzico di magia. La vicenda è trasposta a cavallo tra anni Venti e anni Trenta del XX secolo, durante l’epoca di composizione dell’opera straussiana. Le eleganti scene di Julian Crouch sono dominate da una gigantesca radio in legno alla maniera Sezessionstil, minuziosamente decorata da intarsi, ambiente al cui interno si svolge il dramma mitologico-borghese della coppia coniugale in crisi; nel II atto lo strumento radiofonico è invaso da dune di sabbia e ha ben in vista enormi valvole termoioniche trasparenti, a simulare il solitario palmizio ai piedi della catena montuosa dell’Atlante. Grazie anche ai variegati costumi di Mark Bouman, con una menzione di merito per quelli femminili, abiti da sera caratterizzati da un profluvio di brillantini, piume, oro, inserti animalier, i personaggi risultano ben distinti e definiti nella loro caratterizzazione. E così, Helena sembra una piccante star del musical e del cinema, una diva intrigante; Menelas, con lacero cappottone grigio e divisa militare, un reduce della Grande Guerra; Aithra, fasciata in un abito nero con strascico d’alta moda e inserti di piumaggio, è il motore dell’intera vicenda, come si intuirà nel finale; Altair e il figlio Da-ud sono sovrani barbarici del deserto, richiamanti alla memoria le orde che, nel XIII secolo, imperversavano per l’Europa orientale e l’Asia centrale, mentre i loro sudditi sono individui ferini e bestiali, un mix tra umani e animali fantastici di foggia tribale; la conchiglia onnisciente è una cantante-soubrette. Evocative e potentemente suggestive le belle luci di Fabrice Kebour, fascinosi e mai invasivi i video di Josh Higgason, un susseguirsi di mari in tempesta, poetici cieli stellati, fiamme del camino, filmati in bianco e nero della Prima Guerra Mondiale.
Teatro quasi esaurito e festante successo di pubblico, con punte di entusiasmo per Andreas Schager, Franz Welser-Möst, Ricarda Merbeth ed Eva Mei. [Rating:4/5]

Teatro alla Scala – Stagione d’opera e balletto 2018/19
DIE ÄGYPTISCHE HELENA
Opera in due atti
Libretto di Hugo von Hofmannsthal
Musica di Richard Strauss

Helena Ricarda Merbeth
Menelas Andreas Schager
Hermione Caterina Maria Sala
Aithra Eva Mei
Altair Thomas Hampson
Da-ud Attilio Glaser
Die erste Dienerin der Aithra Tajda Jovanovič
Die zweite Dienerin der Aithra/Vierter Elf Valeria Girardello
Erster Elf Noemi Muschetti
Zweiter Elf Arianna Giuffrida
Dritter Elf Alessandra Visentin
Die alles-wissende Muschel Claudia Huckle

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Franz Welser-Möst
Maestro del coro Bruno Casoni
Regia Sven-Eric Bechtolf
Scene Julian Crouch
Costumi Mark Bouman
Luci Fabrice Kebour
Video Josh Higgason
Prima esecuzione al Teatro alla Scala
Nuova produzione Teatro alla Scala
Milano, 9 novembre 2019