Un ritorno gradito e molto atteso, quello di Gianandrea Noseda, nella sua città d’origine, Milano, per il sesto appuntamento della Stagione sinfonica del Teatro alla Scala (in origine era previsto fosse diretto da Myung-Whun Chung). Le sue ultime apparizioni al Piermarini risalgono al 2013 per un’opera (Aida di Verdi, ripresa del ridondante allestimento di Franco Zeffirelli del 2006), al 2016 per un concerto, la serata inaugurale di MiTo. Per oltre un decennio direttore musicale del Teatro Regio di Torino (anni in cui ha conferito al teatro sabaudo un ampio respiro internazionale proponendo, fra gli altri, titoli di Strauss, Massenet, Wagner e Musorgskij, oltre a importanti tournée all’estero), Noseda è oggi direttore artistico del Festival di Stresa, direttore musicale della National Symphony Orchestra di Washington e del Festival di Tsinandali in Georgia, nonché direttore ospite principale della London Symphony Orchestra, della Israel Philarmonic Orchestra e dell’Orquestra de Cadaqués. A partire dalla stagione 2021/22 succederà a un’altra illustre bacchetta italiana, Fabio Luisi, come Generalmusikdirektor dell’Opernhaus Zürich (e già è stato programmato un Ring wagneriano con regia di Andreas Homoki, sovrintendente del teatro zurighese).
La prima parte della serata è completamente dedicata all’eclettismo musicale francese di Maurice Ravel. In apertura, Ma mère l’oye, “cinque pezzi infantili” per orchestra composti tra 1908 e 1911, inizialmente concepiti come brevi brani per pianoforte a quattro mani e successivamente orchestrati, dedicati ai figli dei suoi cari amici Ida e Cipa Godebski, i piccoli Jean e Mimie. Fonte di ispirazione per questa suite orchestrale sono le fiabe di Charles Perrault, Marie-Catherine d’Aulnoy e Jeanne-Marie Leprince du Beaumont. Con gestualità ampia e morbida, all’occorrenza scattante, il maestro milanese predilige una resa cangiante, improntata a sonorità luminose, di smalto porcellanato, venate all’occorrenza di penetranti bagliori metallici. In un caleidoscopio di colori e dinamiche si succedono, così, la Pavane de la Belle au bois dormant, una ninnananna sfumata e dolce; Petit Poucet, improntata a ritmi insinuanti, impreziosita dai cinguettii degli uccellini simulati dall’orchestra; Laideronnette, Impértrice des Pagodes, un brano tripartito pervaso da un orientalismo suadente ravvivato, a tratti, da incisive sferzate di suono; il valzer lento e ambiguo de Les entretiens de la Belle et de la Bête; il pezzo finale, Le jardin féerique, una danza lenta dove il suono, inizialmente impalpabile, si fa via via sempre più corposo, senza però mai eccedere.
Segue la Suite n. 2 Daphnis et Chloé, del 1913, tratta dal balletto omonimo commissionato nel 1909 a Ravel da Sergej Djagilev, celebre direttore dei Ballets russes. Il brano sinfonico, imperniato sul terzo quadro della coreografia, è suddiviso in tre passaggi (Lever du jour, Pantomime e Danse générale), ed è tratto da un romanzo erotico tardoantico attribuito, con riserva, al greco Longo Sofista, Gli amori pastorali di Dafni e Cloe. Con movimenti maggiormente nervosi ed enfatici, Noseda ottiene dalla Filarmonica della Scala una dirompente cascata di sonorità turgide, permeate di un erotismo lussureggiante e prepotentemente carnale, screziato di sfaccettati preziosismi, melodie filigranate, arabeschi strumentali e languori esotici. Tanta densità musicale è sorretta da una lettura tagliente e da un’agogica dei tempi rapinosa, in analogia con la danza orgiastica del finale, vero e proprio tripudio di colori e sensazioni.
Dopo l’intervallo, cambio di rotta con un passaggio al pathos della Patetičeskaja, la famosissima Sinfonia n. 6 in si min. op. 74 “Patetica”, composta da Pëtr Il’ič Čajkovskij nel 1893, diretta dallo stesso autore per la prima volta il 16 ottobre 1893, a pochi giorni dalla sua drammatica morte, tutt’oggi avvolta dal mistero. Che il direttore milanese sia un raffinato conoscitore e interprete della musica russa è oramai risaputo e assodato; l’esecuzione odierna ne è l’ennesima conferma. Con la sua tipica gestualità vigorosa ed energica, Noseda opta per un’interpretazione fastosa, adottando una tavolozza variegata e affrontando i momenti più vibranti con veemenza esuberante.
Dopo un incipit dolente, caratterizzato da tempi distesi, il primo movimento (Adagio – Allegro non troppo) segue un andamento solenne e magniloquente, in un sapiente alternarsi di incandescenti climax ascendenti e dolenti smorzature, dosato con sensibilità dal maestro.
Durante i due tempi successivi, Allegro con grazia e Allegro molto vivace, simili a scene danzate dallo stile trascinante, via via sempre più vorticoso e irrefrenabile, trasportato dalla musica Noseda si muove sul podio quasi a passo di danza, assecondando anche col corpo il flusso melodico. In particolare, il terzo movimento è risolto con piglio muscolare e virile, soprattutto nel tripudio conclusivo, una festante marcia dalle dinamiche incalzanti.
Segue il quarto e ultimo movimento, il Finale (Adagio lamentoso, Andante), un’estenuante, toccante marcia funebre: grazie a una direzione viscerale e palpitante, maggiormente controllata e scarnificata pure nel gesto, il maestro ottiene dalla compagine orchestrale cromie cineree, lugubri, pervase di un afflato spirituale estremamente tormentato, preludio all’inevitabile epilogo di morte.
Al termine, ad alcuni secondi di religioso silenzio, pregno di significato e devozione, sono seguiti, da parte di un teatro quasi esaurito, prolungati e festanti applausi per gli orchestrali e per Gianandrea Noseda, accolto da numerose grida di “bravo”.
Teatro alla Scala – Stagione Sinfonica 2018/19
Maurice Ravel
Ma mère l’oye
Daphnis et Chloé (Suite n.2)
Pëtr Il’ič Čajkovskij
Sinfonia n.6 in si min. op. 74 “Patetica”
Filarmonica della Scala
Direttore Gianandrea Noseda
Milano, 16 marzo 2019