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Londra, Royal Opera House – Don Giovanni

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La stagione d’opera 2019/2020 della Royal Opera House di Londra si è aperta con il Don Giovanni di Mozart nell’allestimento di Kasper Holten andato in scena per la prima volta nel 2014 e ormai giunto alla sua terza ripresa, questa volta curata da Jack Furness. La recita in programma per l’8 ottobre verrà filmata e trasmessa in live streaming in diversi cinema del mondo, incluse alcune sale italiane. In effetti, la produzione ben si presta a una visione cinematografica, in quanto ha per oggetto un interessante viaggio 3D nella psiche del libertino.

Il regista si svincola dal dover fare delle scelte precise in termini di cambi di scena. L’azione si svolge infatti attorno e all’interno di un cubo rotante su due piani (opera di Es Devlin), fatto di scale, stanze e porte scorrevoli: una sorta di versione tridimensionale della litografia Relativity di Escher del 1953 (riportata nel libretto di sala per fugare ogni dubbio). Se le scene non rimandano chiaramente ad alcuna epoca, i bellissimi costumi di Anja Vang Kragh sono invece un chiaro riferimento all’età vittoriana, scelta per la sua moralità abbottonata e per la vicinanza culturale al pubblico inglese che così può contestualizzare più facilmente il tema della sfida all’ordine costituito. La struttura scenica offre ai personaggi continue vie di fuga e luoghi dove appartarsi o nascondersi. Su di essa vengono proiettati i video ideati da Luke Halls, come i nomi dei personaggi in alcuni momenti topici, sangue al momento dell’uccisione del commendatore, dame danzanti nella scena del ballo, rose durante i corteggiamenti e i nomi delle conquiste del seduttore (ma non tutte 2.065 perché sarebbe impossibile). Le proiezioni, insieme ai movimenti del set, hanno il compito di descrivere il funzionamento della mente del seduttore e contribuiscono a creare una continua illusione, di cui sono vittime sia i personaggi femminili che il pubblico, in quanto a volte non è dato sapere se quello che si è appena visto è reale o semplicemente una proiezione. In questo senso, la regia rimane fedele a uno dei temi fondamentali dell’opera, ossia l’ambiguità: nulla è come sembra. Laddove le proiezioni video di interrompono, la scena è una sorta di anonima struttura grigiastra che lascia ai personaggi l’opportunità ma anche la responsabilità di cimentarsi nella caratterizzazione dei personaggi. Le luci di Bruno Poet hanno il pregio di sottolineare l’interazione dei personaggi e creano effetti sia poetici che drammatici.
Il viaggio nella psiche del libertino proposto da Holten non trova conclusione drammatica nello sprofondamento fisico all’inferno; la condanna del dissoluto è piuttosto quella di rimanere solo, esposto al pubblico nella sua piccolezza e in preda ai demoni che infestano la sua mente. Il secondo atto è un lento percorso che conduce l’anti-eroe alla perdita di contatto con la realtà. In questo senso è efficace la scelta di Furness di infestare la casa con i fantasmi del commendatore e di alcune passate conquiste. Come nella produzione originaria di Holten, le donne sono presentate come accondiscendenti e subito pronte a cadere vittime del fascino del seduttore, ma anche questa potrebbe essere solo una percezione della mente di Don Giovanni piuttosto che una presa di posizione del regista. La produzione originale di Holten tagliava in toto il sestetto finale con la morale del dramma, che  viene reintrodotto in questa ripresa ma cantato in versione ridotta e fuori scena.

La direzione di Hartmut Haenchen predilige ritmi lenti alternati a momenti più passionali, quasi romantici. La dilatazione dei tempi di alcune arie ha sicuramente il vantaggio di sottolineare l’espressività e mantenere lo compattezza vocale dei singoli e dei gruppi. Decisamente ottocentesca è la potenza drammatica delle scene finali del secondo atto. L’orchestra mostra tuttavia problemi di insieme in più di un’occasione. Da segnalare in positivo invece gli interventi del clavicembalo e violoncello continuo e dei fiati nella scena del ballo.

La compagnia di canto contribuisce alla riuscita dello spettacolo anche se con meriti alterni. In primis Erwin Schrott, ormai un veterano del ruolo del titolo, si impone per presenza scenica, doti attoriali e credibilità sul palcoscenico, nonché per volume e controllo. I recitativi sono eccellenti, sempre chiari e mai noiosi. I ritmi dilatati scelti per alcune arie (è il caso della “champagne aria” Fin ch’han del vino, solitamente presa a ritmi vertiginosi causando canto affannoso) permettono un’esecuzione rilassata che punta sull’intelligibilità della parola. È nel secondo atto che il basso-baritono uruguaiano impressiona per l’abilità nel costruire la tensione drammatica che sfocia nel delirio e nel rifiuto di pentirsi: qui l’interpretazione è veramente memorabile.
Nel ruolo del servitore Leporello e al suo debutto al Covent Garden, Roberto Tagliavini si distingue per continuità di resa ed è una piacevole scoperta per il pubblico londinese: fin dalle prime battute del primo atto, il basso-baritono di Parma sorprende per sicurezza tecnica, omogeneità d’emissione, eleganza del fraseggio, duttilità del timbro e gusto nel non calcare eccessivamente sulla comicità del personaggio. I bassi sono presi con cautela ma mai sforzati, il suono è sempre presente e l’aria del catalogo viene cantata in maniera eccellente. Sarebbe facile scomparire sulla scena accanto a Schrott, ma Tagliavini riesce ad essere una spalla credibile e a guadagnarsi la scena quando richiesto.
Malin Byström è una Donn’Anna intensa e vocalmente di livello. Il timbro scuro e la buona proiezione della voce ben si addicono allo spessore drammatico del personaggio mentre la dizione è chiara e ideale per Mozart. Saltuariamente Byström eccede nel manierismo interpretativo e qualche suono in acuto risulta un po’ schiacciato, ma nel complesso sa gestire le difficoltà tecniche di questo ruolo che sono notevoli. Al suo fianco il Don Ottavio di Daniel Behle si distingue per accuratezza della linea di canto, sensibilità nel fraseggio e gestione delle mezzevoci, evidenti nell’esecuzione di “Dalla sua pace”, mentre in “Il mio tesoro” i pianissimi non sono sempre udibili. Non convince a pieno la Donna Elvira di Myrtò Papatanasiu, chiamata a sostituire Christine Rice, ritiratasi dalla produzione per motivi personali. L’esecuzione denota una qualche insicurezza negli acuti e alcune difficoltà nel canto di sbalzo e nelle colorature; il suono risulta a volte costretto e sarebbe auspicabile più impeto sonoro per questo ruolo. A ogni modo, la performance migliora nel secondo atto e l’esecuzione di “Mi tradì quell’alma ingrata” è abbastanza buona.
L’altra sorpresa insieme al Leporello di Tagliavini è senza ombra di dubbio la Zerlina Louise Alder, anche lei al suo debutto alla Royal Opera House e di recente apprezzata alla Scala in Semele. Oltre a tratteggiare un personaggio sanguigno e con personalità, Alder sfodera una vocalità limpida e sicura: a parte qualche piccola durezza nella dizione, il suono corre liberamente. Corretto e musicale il Masetto di Leon Košavić la cui voce di fonde bene con quella di Alder. Infine, il Commendatore di Brindley Sherratt impressiona per il timbro cavernoso e l’abilità nel gestire fiati lunghi. La sua apparizione in scena nel secondo atto è efficacemente spaventevole. Puntuali gli interventi del coro della Royal Opera House diretto da Genevieve Ellis per questa produzione.
Al termine le ovazioni del pubblico accolgono Erwin Schrott ma grande calore viene riservato anche a Roberto Tagliavini, Louise Alder e Malin Byström.

Royal Opera House – Stagione 2019/20
DON GIOVANNI
Dramma giocoso in due atti KV 527
Libretto di Lorenzo da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart

Don Giovanni Erwin Schrott
Donna Anna Malin Byström
Don Ottavio Daniel Behle
Il commendatore Brindley Sherratt
Donna Elvira Myrtò Papatanasiu
Leporello Roberto Tagliavini
Masetto Leon Košavić
Zerlina Louise Alder

Orchestra e Coro della Royal Opera House
Direttore Hartmut Haenchen
Maestro del coro Genevieve Ellis
Regia Kasper Holten ripresa da Jack Furness
Scene Es Devlin
Video designer Luke Halls
Costumi Anja Vang Kragh
Luci Bruno Poet
Coreografie Signe Fabricius
Allestimento della Royal Opera House
in coproduzione con Israeli Opera, Gran Teatre del Liceu Barcelona
e Houston Grand Opera
Londra, 16 Settembre 2019

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