Ogni estate dal 2005, nella suggestiva cornice del Lario, riecheggiano le fascinose note del Festival Musica sull’Acqua. L’Abbazia Cistercense di Piona a Colico, la chiesa medievale di Santa Maria del Tiglio, il placido Monastero del Lavello, la chiesa dell’XI secolo di San Calocero a Civate, l’ex complesso della chiesa e del convento di Sant’Antonio abate a Morbegno in Valtellina sono solo alcuni luoghi che, nel corso degli anni, ospitano l’importante manifestazione musicale, veri e propri scrigni di bellezza, arte e storia.
Giunta oramai alla sua quindicesima edizione e imperniata per il 2019 sul tema del “Movimento” la kermesse, sotto la direzione artistica del violinista Francesco Senese, membro della Lucerne Festival Orchestra e Assistant Concertmaster dell’Orchestra Mozart di Bologna, propone l’atteso concerto di chiusura, posto sotto l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo, su “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno” di manzoniana memoria, a Lecco, nella Basilica di San Nicolò. Per l’occasione, alla guida della MACH Orchestra (acronimo di “Music Art Creativity Hub), compagine nata nel 2018 in seno al Festival, formata da trentasette giovani talenti provenienti da tutta Europa e dall’America Latina affiancati, anche nello studio e nella preparazione, da musicisti prime parti di orchestre autorevoli, troviamo il venezuelano Diego Matheuz. Classe 1984, direttore affermato a livello internazionale – ha già calcato palcoscenici prestigiosi, da Venezia a Melbourne, da Vancouver a Berlino – soprattutto in ambito sinfonico, è tra i più illustri rappresentanti (accanto a Gustavo Dudamel) della lodevole esperienza “El Sistema” ideata e promossa da José Antonio Abreu.
Matheuz presenta un impaginato di ampio respiro e dalla marcata impronta cosmopolita e universale, incentrato su due personalità di rilievo del panorama musicale europeo del XIX secolo. La serata si apre nel nome del boemo Antonín Dvořák, con il celebre Concerto per violoncello e orchestra op. 104, composto tra 1894 e 1895 durante il suo soggiorno newyorkese; considerata, non a torto, una sorta di testamento artistico del musicista di Nelahozeves, la composizione è un riuscito amalgama di melodie folkloristiche dell’Europa slava e rigoroso formalismo classico. Con una gestualità ampia e precisa, il direttore ottiene dagli orchestrali sonorità brillanti e sostenute, smaltate nella loro pienezza, capaci di alleggerirsi nei momenti di maggiore intimismo che punteggiano la partitura, in particolare nel secondo movimento, Quasi improvvisando: Adagio ma non troppo, pervaso da un’atmosfera di placida serenità. Nel brano emerge la performance del solista, il ventottenne violoncellista spagnolo Pablo Ferrández. Con tecnica stupefacente, padronanza dei virtuosismi, scioltezza nei movimenti e, soprattutto, un notevole trasporto emozionale, Ferrández si approccia al suo strumento – un pregiato Stradivari “Lord Aylesford” del 1696 – con immedesimazione, offrendo una lettura estremamente lirica e incisiva, a tratti sensuale, caratterizzata da un seducente suono brunito che si espande con facilità nelle tre navate della chiesa, pur essendo ridotto nel volume.
Dopo l’intervallo, viene eseguito un classico, la Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92, composta da Ludwig van Beethoven tra 1811 e 1812, la cui prima avvenne all’Universitätssaal di Vienna durante un concerto benefico in favore dei militari austriaci e bavaresi feriti nella battaglia napoleonica di Hanau. Quello di Matheuz e della MACH Orchestra è un Beethoven spensierato e arioso, improntato a colori solari, quasi mediterranei nella loro lucentezza, fluido e dinamico nel suo scorrere. Servendosi di un gesto maggiormente scattante ed energico, dirigendo a memoria senza spartito, l’artista venezuelano opta per un’agogica spedita e serrata, contraddistinta dalla rapinosa irruenza tipica della gioventù. Ne scaturisce un’interpretazione pulsante e vivida, ricca di entusiasmo, di forte presa sugli spettatori, certo non inficiata da qualche minima, perdonabile sbavatura; ben si addice, a questa resa dionisiaca, quanto scrisse Richard Wagner nel suo trattato Das Kunstwerk der Zukunft: “Questa Sinfonia è l’apoteosi della danza: è la danza nella sua suprema essenza, la più beata attuazione del movimento del corpo quasi idealmente concentrato nei suoni”.
Al termine, festante e affettuoso successo da parte di un pubblico folto ed eterogeneo
Basilica di San Nicolò – Festival Musica sull’Acqua 2019
CONCERTO DI CHIUSURA
Antonín Dvořák
Concerto per violoncello e orchestra in si minore op. 104
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92
MACH Orchestra
Direttore Diego Matheuz
Violoncello Pablo Ferrández
Lecco, 20 luglio 2019