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Incontri Asolani 2019 – L’urlo di Armida

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L’urlo di Armida, che ha aperto gli Incontri Asolani 2019, è uno spettacolo originale. Qualcosa di non etichettabile con il consueto lessico dei frequentatori di teatri e sale da concerto; un esperimento in cui concorrono svariati fattori, primo tra tutti la compresenza di musica cinque-seicentesca e di elettronica. Un esperimento, si può anticipare, riuscito.

Si tratta di una drammaturgia incentrata sulla figura della vindice maga narrata dal Tasso, uno dei personaggi femminili più potenti e presenti nella musica tra Cinque e Settecento. È questo il contesto storico-musicale esplorato, con il predominio del genere mondano colto per eccellenza tra Cinque e Seicento: il madrigale, vero protagonista dello spettacolo e oggetto inafferrabile esso stesso. Si possono chiamare ‘madrigale’ dei brani tra di loro del tutto diversi, con un unico aspetto che li caratterizza come tali: il fatto di essere dei sofisticati prodotti letterario-musicali. Tra Giaches de Wert e Claudio Monteverdi, separati cronologicamente da una generazione, si apre un abisso, un confronto tra modi opposti di intendere la musica esplorato nell’Urlo di Armida: da un lato il madrigale polifonico, con i suoi affetti moltiplicati per il numero di voci che concorrono alla sua realizzazione, dall’altro la nascente monodia accompagnata, che confluirà, in quel fine secolo cruciale, nell’aria melodrammatica.

Il palcoscenico vede la presenza fissa di un gruppo di quattro o cinque voci a parti reali che danno vita ad alcuni madrigali polifonici. La loro interpretazione è raffinata, altamente espressiva e attenta a portare in luce gli “affetti” del testo, che sarebbe stato auspicabile ritrovare anche nel libretto di sala. Alla loro interpretazione si unisce con gusto e discrezione un commento elettronico, sotto forma di dichiarata manipolazione vocale o di video mapping, che fanno anche da sfondo e da transizione ponendo continuamente lo spettatore nelle condizioni di chiedersi che cosa stia accadendo: un positivo senso di straniamento. Vi si alternano brani solistici interpretati da Giulia Semenzato, autrice dell’Urlo insieme con il regista Tommaso Franchin e da una nutrita e talentuosa squadra di artisti audiovisivi e musicisti. Tra di loro spiccano Jadran Duncumb e André Lislevand che danno vita a un’originale interpretazione della toccata Arpeggiata di Kapsberger, in cui la tiorba viene supportata dalla viola da gamba, la quale a sua volta ammicca al live electronic e dà vita a un accompagnamento intrigante sfruttando il suono ottenuto dallo sfregamento delle dita sulle corde lungo il manico tastato.

La sezione più cospicua del complesso spettacolo è data dal Combattimento di Tancredi e Clorinda, vera e propria scena d’opera che rende l’idea di quanto il termine ‘madrigale’ possa avere un’ampia applicazione. Semenzato interpreta sia i radi interventi di Clorinda, sia la parte del Testo, solitamente affidata a voci maschili. Il suo Combattimento è naturale e fluisce privo di difficoltà e affettazione, con un’ornamentazione sobria e una varietà di inflessioni che non ha bisogno di manipolazioni elettroniche, che in questo caso risultano talvolta eccessive. Viene affiancata da Luca Dordolo che regala un Tancredi del tutto convincente, dotato di una voce chiara e capace di un fraseggio articolato e distinto, in grado di reggere con disinvoltura una scena insidiosa, tanto ricca di silenzi e attese.
L’elettronica nel Combattimento prende il posto di alcuni passaggi strumentali e vi si pone in maniera non sempre perfettamente integrata: talvolta risulta troppo netto il passaggio tra ‘antico’ e ‘nuovo’, conservando una dicotomia che si vuol contribuire a smantellare. Dà un effetto melenso e didascalico, inoltre, l’uso di un suono organistico nel finale, quando la morte di Clorinda è interpretata in maniera tanto intensa da Giulia Semenzato.
Senza un’intonazione pressoché infallibile e un controllo totale sulla voce, l’uso dell’elettronica risulterebbe sgraziato e mistificatorio, teso a correggere imperfezioni di voci e strumenti. Non è questo il caso, in cui la consapevolezza e la qualità degli interpreti si sposa con una tecnologia che tradisce studio, comprensione e interpretazione coerente di un testo, rivelandosi in grado di dialogare con gli strumenti della tradizione.

Il bis concesso da Semenzato e Giovanni Dinello, che cura il live electronic, potrebbe entrare di buon diritto nella drammaturgia. I due hanno dato vita a un moderno madrigale, descrivendo in suoni My heart leaps up di William Wordsworth, con una delicatezza e un’attenzione al testo del tutto assimilabile con la secolare tradizione letterario-musicale. Il basso elettronico ovattato e sommesso, ma profondissimo e potente, è un perfetto contraltare alla voce del soprano, che – retrospettivamente – ci sarebbe piaciuto sentire anche in altri punti dell’Urlo.
Privo della coercizione della battuta, il madrigale è un genere libero: libero nel fraseggio, nella dinamica, nel tempo, addirittura nel ritmo, con l’unica condizione di rispettare ed esaltare un altrettanto libero testo poetico. Tale libertà viene colta da un gruppo di interpreti intelligenti come un’opportunità per costruire uno spettacolo ricco di contenuto e dall’interpretazione raffinata, abbattendo il diaframma tra musica ‘antica’ e ‘contemporanea’ in nome della musica buona.

Incontri Asolani 2019 – 41° Festival internazionale di musica da camera
L’URLO DI ARMIDA
Musiche di Luca Marenzio, Sigismondo d’India, Giaches de Wert,
Domenico Mazzocchi, Friedrik Haendel, Claudio Monteverdi

Voce solista Giulia Semenzato
Cembalo, synth Jacopo Raffaele
Viola da gamba André Lislevand
Tiorba Jadran Duncumb
Soprano Floriana Fornelli
Mezzosoprano Elena Biscuola
Tenore Luca Dordolo
Tenore Andres Montilla-Acurero
Basso Matteo Bellotto

Live electronics, sound design Giovanni Dinello,
Victor Nebbiolo Di Castri
Regia Tommaso Franchin
Light design Claudio Bellini
Asolo, Convento dei S.S. Pietro e Paolo, 3 settembre 2019

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