Chiudi

Genova, Teatro Carlo Felice – La bohème

Condivisioni

La stagione del Teatro Carlo Felice prosegue con La bohème di Giacomo Puccini, titolo particolarmente adatto al periodo natalizio e gradito al pubblico più tradizionale. Si tratta della riproposta di una produzione nata per la Fondazione genovese nel 2011, già rivista nel 2014 e approdata a quest’ultimo scorcio del 2019.

Gli artefici dello spettacolo, dal punto di vista visivo, sono Augusto Fornari per la regia, l’artista Francesco Musante per scene e costumi, Luciano Novelli per le luci. Si tratta di un allestimento dagli intenti ambiziosi, che intende conciliare tradizione e innovazione. Ci sono tutti gli elementi che il frequentatore, anche sporadico, del teatro d’opera si aspetta: la soffitta, il Café Momus con la sua folla variopinta, la Barrière d’Enfer. Per contro, troviamo una visione molto naïf, favolistica e infantile, che pervade la messinscena e il delinearsi della vicenda. Il passaggio dalla soffitta del primo quadro al Café Momus del secondo, ad esempio, è ricondotto a un carillon con tanto di figurante che, sulla destra della scena, viene ad attivare la carica e, quindi, la rotazione del palcoscenico: l’effetto, pur nella sua ingenuità e nel suo effetto dejà vu, incontra il favore del pubblico. Dominano colori pastello netti e definiti, molto sopra le righe, non soltanto dal punto di vista strettamente cromatico, ma anche sul versante del taglio, della foggia dei costumi: ogni personaggio ha un colore che lo contraddistingue, come il verde per Rodolfo (un riferimento alla speranza che “prende stanza” nel forziere del poeta?), il rosa deciso per Mimì (un rimando alla cuffietta?), il giallo e l’arancione per Marcello, il blu per Colline, solo per citare qualche esempio. Non mancano neppure vistosi cappelli a cilindro per i personaggi maschili. Il tutto disegnato come se si trattasse dei giocattoli del bel tempo che fu, come se scene, costumi, arredi fossero usciti, appunto, da un carillon o dalla mano di un bambino particolarmente dotato per il disegno. Non si può assolutamente negare l’ottima realizzazione complessiva, come non si può tacere dello straordinario coup de théâtre della scena di Momus. Rimane, tuttavia, il dubbio che lo spettacolo e l’idea registica di fondo non funzionino del tutto. Bohème ha una chiave di volta nel passaggio tra secondo e terzo quadro, allorquando la commedia si muta in tragedia. E qui l’impianto dello spettacolo trova il suo punto più debole, perché mantenere tutto nella dimensione della naïveté, dei colori pastello, dei costumi buffi, quasi circensi, non fa scattare quella molla del sentimento e, perché no, del sentimentalismo che il capolavoro pucciniano in buona parte possiede.

Il sentimentalismo non si riscontra nemmeno nella lettura di Andrea Battistoni, che tiene molto bene insieme tutta l’esecuzione, non teme le difficoltà della partitura pucciniana, e anzi le domina dimostrando di essere un attento concertatore. Se la mancanza di sentimentalismo è un fatto indubbiamente positivo, se è più che plausibile sentire in Bohème l’ineluttabilità del destino, l’avanzare implacabile della tragedia finale, è altrettanto vero che qualche nuance e qualche colore in più in orchestra non avrebbero guastato. Rimane il fatto che Battistoni è un direttore sempre affidabile.

Senza punte di particolare eccellenza, ma dignitosa, la compagnia di canto. Rebeka Lokar si conferma un’ottima professionista. È una voce importante, ben emessa, dotata di una rilevante musicalità. Sembra, tuttavia, che il ruolo di Mimì le stia un po’ stretto e che la sua strada sia orientata verso ruoli d’impronta decisamente più drammatica e di maggiore peso specifico. Francesca Benitez, chiamata a sostituire l’indisposta Lavinia Bini, è una professionale Musetta, spigliata in scena, solo leggermente coperta dalla pesante orchestrazione pucciniana, pur eseguendo con notevole aplomb il suo celebre momento solistico.
Rodolfo è Stefan Pop. La voce è di volume importante e ha una notevole risonanza nei vari registri. Non delude le attese nei momenti più conosciuti del suo ruolo, ma lascia l’impressione che debba ancora maturare il personaggio. Professionali e adeguati ai rispettivi ruoli Michele Patti, Marcello, Romano Dal Zovo, Colline, Giovanni Romeo, Schaunard, Matteo Peirone, Alcindoro e Benoît. Completano il cast Giuliano Petouchoff, Parpignol, Roberto Conti, Sergente dei doganieri, Alessio Bianchini, un doganiere e Maurizio Raffa, un venditore ambulante.
Molto positive le prove dell’Orchestra e del Coro della Fondazione, quest’ultimo sotto l’attenta guida di Francesco Aliberti che sembra avere ricondotto la compagine nel giusto alveo, dopo qualche momento di defaillance notato verso la fine della scorsa stagione. Ottime le voci bianche guidate da Gino Tanasini, sia dal punto di vista strettamente vocale sia della presenza scenica.
Grande successo di pubblico, con numerose chiamate al termine dello spettacolo.

Teatro Carlo Felice di Genova – Stagione lirica 2019/20
LA BOHÈME
Opera in quattro quadri
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Musica di Giacomo Puccini

Mimì Rebeka Lokar
Rodolfo Stefan Pop
Marcello Michele Patti
Musetta Francesca Benitez
Colline Romano Dal Zovo
Schaunard Giovanni Romeo
Benoît/Alcindoro Matteo Peirone
Parpignol Giuliano Petouchoff
Sergente dei doganieri Roberto Conti
Un doganiere Alessio Bianchini
Un venditore ambulante Maurizio Raffa

Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice di Genova
Coro di voci bianche del Teatro Carlo Felice di Genova
Direttore Andrea Battistoni
Maestro del coro Francesco Aliberti
Maestro del Coro di voci bianche Gino Tanasini
Regia Augusto Fornari
Scene e costumi Francesco Musante
Luci Luciano Novelli
Ripresa luci Angelo Pittaluga
Allestimento Fondazione Teatro Carlo Felice
Genova, 15 dicembre 2019

image_print
Connessi all'Opera - Tutti i diritti riservati / Sullo sfondo: National Centre for the Performing Arts, Pechino