Dopo l’inaugurazione con l’imponente Matilde di Shabran, Rossini in Wildbad, Belcanto Opera Festival, riserva sorprese se possibile ancora più entusiasmanti. È il caso di Romilda e Costanza, la prima opera italiana di Giacomo Meyerbeer di cui sono state già date su “Connessi all’Opera” alcune informazioni circa genesi e realizzazione a Padova, nel Teatro Nuovo, il 19 luglio 1817 (qui la presentazione). Esattamente a duecento due anni di distanza (trascurando alcune riprese, tra il 1817 e il 1829, a Venezia, Milano, Firenze, Copenaghen, Monaco, Lucca) torniamo ad ascoltare la partitura, presentata in forma di concerto, al cui recupero hanno contribuito vari studiosi (menziono il suggerimento iniziale di Marco Beghelli, il lavoro di trascrizione di Aldo Salvagno e la revisione, tra gli altri, di Luciano Acocella).
In questo caso il genere semiserio è segnalato direttamente nel libretto di Gaetano Rossi che dà vita a una vicenda incentrata sugli intrighi messi in atto per la successione al trono di Provenza. Si intrecciano affetti contrastati o non corrisposti, odi tra Romilda e Costanza innamorate dello stesso uomo, invidie tra i due fratelli Teobaldo e Retello, mentre non mancano alcuni ingredienti comici utili ad accrescere, per contrasto, gli elementi tragici e il senso di sollievo per il lieto fine, raggiunto dopo vari colpi di scena. L’imponenza della partitura, già notata all’epoca da alcuni recensori, sembra preludere alle conquiste future della carriera meyerbeeriana, inserendosi appieno, in quel periodo, nell’esplosione delle forme ormai avviata da Rossini. Gli ascoltatori del primo Ottocento sottolineavano anche la sapiente scrittura armonica (associata agli autori di provenienza germanica), rilevata pure nel pesarese, con l’uso di strumenti concertanti, ampiamente impiegati in Romilda e Costanza. Meyerbeer attinge dal formulario coevo: alle grandi scene, con impiego del coro maschile, fanno da contraltare accurate descrizioni strumentali degli scenari, romantici nel gusto, ideati da Rossi. L’esecuzione a Bad Wildbad rende evidente l’immediato successo di alcuni numeri, già apprezzati in occasione della prima esecuzione: l’Ouverture, di effetto per la facile inventiva melodica, il riuscito terzetto (Costanza, Romilda e Teobaldo) “Che barbaro tormento” e la complessa gran scena di Romilda “Ombre ferali della morte… Se il fato barbaro” concepita per la mitica Rosmunda Pisaroni.
L’attento lavoro di Luciano Acocella, alla guida della solerte ma perfettibile Passionart Orchestra Krakow e del Górecki Chamber Choir, istruito da Marcin Wróbel, mantiene serrate le fila delle compagini polacche per accompagnare al meglio i solisti. La sua lettura vuole dare a Meyerbeer un’interpretazione scevra da influenze e convinzioni posteriori che tendono a ricercare nei vari autori connessioni stilistiche con i maggiori compositori coevi. La resa dei passaggi concertanti, in cui vengono messi in evidenza da un lato gli strumenti e dall’altro l’amalgama orchestrale, il sostegno delle voci, la gestione dei pezzi d’assieme sono tutte caratteristiche evidenziate con sufficiente attenzione. Realizza i recitativi, con proprietà stilistica e personalità, Andrés Jesús Gallucci che si integra, con piena padronanza espressiva, nella realizzazione del melodramma.
Due artisti provengono direttamente da Matilde di Shabran: Emmanuel Franco e Giulio Mastrototaro. Il primo offre ad Albertone, Castellano di Senanges, la salda vocalità, il piglio scenico e l’attenzione al fraseggio già sottolineati in Rossini. Il secondo, alle prese con Pierotto, fratello di latte di Teobaldo, conferma le impressioni positive dovute alla duttilità interpretativa, all’attenzione per il testo, al sapido approccio con le caratteristiche comiche che conferiscono al personaggio una definizione a tutto tondo in cui rientrano compiutamente i caratteri realistici di queste figure, capaci spesso di offrire una visione oggettiva della vicenda.
La resa dei due fratelli Teobaldo e Retello è affidata rispettivamente a Patrick Kabongo e Javier Povedano. Il tenore africano, rispetto a qualche anno fa (ricordo la sua prova alterna nella Scuola de’ gelosi di Salieri al Teatro di Legnago), ha ora acquisito sicurezza nei passaggi belcantistici, approfondito il fraseggio, convincendo anche per chiara dizione italiana, e maturato un’emissione più omogenea, con buona valorizzazione del bel timbro e della musicalità. Il baritono spagnolo assomma al piglio, perfettamente in sintonia con il villain della situazione, il colore suadente e la fluidità degli accenti.
Con l’assenza dell’annunciata Silvia Dalla Benetta, diviene titolare del ruolo di Costanza la rumena Luiza Fatyol. Il soprano fa del proprio meglio per dar corpo alla fanciulla innamorata: ci riesce non senza alcune disomogeneità, specie in zona acuta, cui sopperisce attraverso un sorvegliato controllo della fonazione. Romilda, parte di una certa complessità, in virtù della presenza della già nominata Pisaroni, è appannaggio di Chiara Brunello. Il mezzosoprano italiano ha voce brunita, piuttosto duttile, capace di cesellare con credibilità le espansioni cantabili e rendere convintamente i passaggi d’agilità. Completano il cast Timophey Pavlenko, Ugo, César Cortés, che nei panni di Lotario, Conte di Cisteron, esibisce bel timbro tenorile, e la preparata Claire Gascoin, Annina, nipote di Albertone (gli ultimi due membri dell’Akademie BelCanto).
Il successo finale è unanime e prolungato per tutti gli interpreti.
Rossini in Wildbad, Belcanto Opera Festival 2019
ROMILDA E COSTANZA
Melodramma semiserio in due atti
Libretto di Gaetano Rossi
Musica di Giacomo Meyerbeer
Teobaldo Patrick Kabongo
Retello Javier Povedano
Romilda Chiara Brunello
Lotario César Cortés
Costanza Luiza Fatyol
Albertone Emmanuel Franco
Annina Claire Gascoin
Pierotto Giulio Mastrototaro
Ugo Timophey Pavlenko
Passionart Orchestra Krakow
Direttore Luciano Acocella
Górecki Chamber Choir
Maestro del Coro Marcin Wróbel
Esecuzione in forma di concerto
Prima esecuzione in tempi moderni
Trinkhalle, Bad Wildbad 19 luglio 2019
Photo credit: Bauch