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Festival di Salisburgo 2019 – Simon Boccanegra

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I veri protagonisti in questa nuova produzione salisburghese di Simon Boccanegra, nella concezione del regista Andreas Kriegenburg, sono gli smartphone, con cui ossessivamente i capi politici genovesi impegnati nella scelta del nuovo Doge twittano le loro indicazioni agli elettori, che compulsano nervosamente i messaggi. In epoca di sovranismo imperante, Paolo raffigura Simone come un leader populista e Pietro convince il popolo a votarlo con il decisivo twit “Make Genova great again”. Così in un’atmosfera concitata Simone viene acclamato Doge, non prima di essersi confrontato con Fiesco e di aver appreso della morte dell’amata Maria. La scena, caratterizzata da pochi elementi bianchi in parte mobili, resta sostanzialmente la stessa per tutto lo spettacolo, con l’aggiunta di un cespuglio di palme che richiama un’isola tropicale più che il panorama ligure, e un pianoforte a coda, unico pezzo di mobilio tanto che quando Simone, dopo aver bevuto l’acqua avvelenata, vorrà riposarsi non troverà niente di meglio che sdraiarsi sopra il pianoforte stesso.

Ma andiamo con ordine. Dopo il prologo, troviamo Amelia fra un gruppo di segretarie armate di tablet. Compare poi Gabriele Adorno, che canta la sua aria di entrata accompagnandosi al piano. Quando Simone viene a portare l’atto di grazia per i Grimaldi, lo accompagnano non solo Paolo e Pietro, ma un bel gruppo di altri figuri piuttosto loschi, che il Doge stesso fatica ad allontanare per permettere ad Amelia di svelargli il suo segreto. Si apre poi una struttura circolare a gradini sul lato del palcoscenico per dare spazio alla scena del consiglio, con il popolo che accorre dal lato opposto. L’atto successivo riprende con il palcoscenico ingombro di cadaveri, mentre Paolo prepara il veleno per Simone. Finale con i protagonisti riuniti al centro del palcoscenico e il coro sullo sfondo: Simone muore nelle braccia della figlia e Fiesco proclama il Adorno nuovo Doge. Anche se fra il prologo e il primo atto il regista provvede a informarci che Simone passa il lungo periodo che separa gli avvenimenti lontano dal mare, e quindi presumibilmente sentendone la nostalgia, di mare se ne vede poco, solo qualche onda proiettata per pochi secondi. È invece ben presente la dimensione politica, anche se la lettura del regista è più convincente nel prologo che nel prosieguo dell’opera.

Il cast allinea una serie di voci di prim’ordine. Innanzitutto, il baritono parmigiano Luca Salsi nel ruolo del titolo ha una voce duttile e una grande sicurezza che gli permettono di approfondire l’interpretazione. Il suo è un Simone non convenzionale, mai autoritario anche quando ci si potrebbe aspettare che lo fosse, come nella scena del consiglio, ma piuttosto sempre preoccupato di capire le ragioni di tutti e di portare la pace fra persone che di pace sembra proprio non ne vogliano sapere. Per cui punta soprattutto sui piani, e dà il suo meglio nelle scene più prettamente intimistiche, come nei duetti con Amelia. René Pape, al suo debutto come Fiesco, tratteggia un personaggio tutto d’un pezzo, che pure deve arrendersi alla grande umanità di Simone nel finale quando capisce l’inutilità della propria testardaggine. Molto bravo Charles Castronovo nel ruolo non semplicissimo di Gabriele Adorno, un po’ un quarto incomodo nel dramma familiare che si consuma fra gli altri tre protagonisti. Il cantante americano sfoggia una voce dal timbro accattivante, mostrando di dominare in tutto la partitura. Marina Rebeka è un’Amelia maliziosa, non specialmente dedita alle sfumature e con qualche incertezza nel controllo del registro acuto. Bene anche l’interpretazione di Paolo del baritono francese André Heyboer, che mette in luce le sottigliezze e la malvagità per le quali questo personaggio si caratterizza come una sorta di proto-Iago. Il cast è completato da Antonio Di Matteo nel ruolo di Pietro, anche lui da elogiare. Ottima l’interpretazione del coro dell’Opera di Vienna.

La direzione è affidata a Valery Gergiev, alla guida dei Wiener Philharmoniker. Il maestro russo offre una lettura molto precisa della partitura verdiana, ricca di sfumature (purtroppo il bell’attacco iniziale viene sporcato dalle voci dei coristi che secondo le indicazioni del regista parlano al cellulare), e raggiunge una perfetta combinazione di voci e orchestra.
Alla fine, trionfo per il direttore e i cantanti, e applausi anche per il regista, che mettendo in luce le affinità degli eventi narrati con quelli attuali evidentemente conquista l’adesione del pubblico.

Salburger Festspiele 2019
SIMON BOCCANEGRA
Melodramma in un prologo e tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave e Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi

Simon Boccanegra Luca Salsi
Amelia Grimaldi Marina Rebeka
Jacopo Fiesco René Pape
Gabriel Adorno Charles Castronovo
Paolo Albiani André Heyboer
Pietro Antonio Di Matteo
Capitano Long Long

Wiener Philharmoniker
Concert Association of the Vienna State Opera Chorus
Direttore Valery Gergiev
Maestro del coro Ernst Raffelsberger
Regia Andreas Kriegenburg
Scene Harald B. Thor
Costumi Tanja Hofmann
Luci Andreas Grüter
Video Peter Venus
Drammaturgia Julia Weinreich
Nuova produzione
Salisburgo, Grosses Festspielhaus, 15 agosto 2019

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