“Specchio, specchio delle mie brame, dimmi: chi è la più bella del reame? Sono ancora desiderabile agli occhi di Ruggiero che mi amerà per sempre”. Benché sia un’incantatrice, Alcina è assalita dal dubbio. Vive dunque in un mondo d’illusioni. Ma dietro lo specchio, si nasconde una triste realtà. Gli uomini sono ridotti allo stato di schiavi sessuali e, quando non servono più, sono trasformati in pietre o in alberi. Ruggiero finirà per rompere lo specchio, frantumato in mille pezzetti che invaderanno il palcoscenico, mentre Alcina si trasformerà dal suo canto in una vecchia ormai canuta, vestita di cenci. Il sortilegio è vinto e i prigionieri ritrovano la libertà.
Questa è l’idea che Damiano Michieletto segue, portando su scena Alcina di Händel a mo’ di favola sul tema del tempo che scorre. Una scena unica, ideata da Paolo Fantin: un hotel di lusso, dove troneggia una grande vetrata che, attraversando interamente la scena, consente di percepire quello che si cela dall’altra parte. Inevitabilmente, tale elemento scenico diventa centrale: vi sono proiettati i bellissimi video di rocafilm che permettono di vedere i poteri magici dell’incantatrice, la sua disperazione e un caleidoscopio di universi tutti poetici. L’inizio dell’azione è un po’ confuso perché il regista pare abusare della scena girevole nel primo atto dove non succede un granché né musicalmente né scenicamente. Ma l’interesse si risveglia nel secondo atto. E la scena finale dell’atto terzo, in cui tutto diventa chiaro, è d’un effetto teatrale avvincente.
Les Musiciens du Prince, ensemble ancora in rodaggio all’epoca di Ariodante (2017), sono irriconoscibili, piazzandosi ormai tra le migliori falangi su strumenti d’epoca in Europa. Sotto la bacchetta di Gianluca Capuano (sempre vivissimo, capace di esaltare tutta la tensione della partitura), il suono è ampio, generoso, ricco di effetti di chiaro-oscuro. È vero che la presenza di Andrés Gabetta, come primo violino, contribuisce certamente all’eccellenza del risultato: i suoi assoli, per virtuosismo e per bellezza del suono, aggiungono all’impasto orchestrale un tocco inconfondibile.
Il cast, molto omogeneo, riunisce vari compagni di viaggio che, affiancando Cecilia Bartoli, hanno tante volte cantato insieme. Philippe Jaroussky, che in un post su Facebook ha annunciato la volontà di non interpretare più il ruolo di Ruggiero, trionfa in una di quelle che resterà dunque una delle serate di addio a una parte che gli era cara: il suo senso del legato, la bellezza del timbro, la tecnica sicura gli hanno regalato il tributo del pubblico. Che è stato pure calorosissimo con Sandrine Piau: vocalmente seducente e dalle fattezze avvenenti messe in valore dal regista, il soprano francese offre una Morgana irresistibilmente sexy. Kristina Hammarström trova in Bradamente una parte che conviene benissimo alla sua voce calda e dà pienamente risalto ai vocalizzi impeccabili. Una nota speciale la merita il fanciullo Sheen Park dei Wiener Sängerknaben, che nel ruolo di Oberto affronta coraggiosamente tre arie, di cui una assai impervia: una vera prodezza, tenendo conto della giovane età.
E poi certo c’è lei, presente su scena sin dall’ouverture, protagonista a tutto tondo di uno spettacolo che le sembra cucito addosso tanto musicalmente quanto attorialmente. Che dire su Cecilia Bartoli che non sia stato già detto? Semplicemente, che bisogna almeno una volta nella vita ascoltarla nei due lamenti di Alcina. Innanzi tutto, l’ultimo, “Mi restano le lagrime”, in cui l’incommensurabile cantante-attrice, tiranna ormai vinta, è straziante quando si ritrova ridotta a semplice mortale. E forse ancor più, quello del secondo atto, “Ah, mio cor! Schernito sei!”. Vetta di questa produzione, è un momento sconvolgente, quello in cui l’incantatrice vacilla, non comprende quello che le succede e rivolge disperatamente a sé stessa (e agli spettatori, testimoni ammutoliti): “perché?”. L’emozione è al suo culmine e l’intero pubblico vibra all’unisono in sintonia con la disperazione della maga Alcina. Una magistrale lezione di teatro in musica che per fortuna finirà in DVD per i posteri.
Salzburger Festspiele 2019
ALCINA
Opera in tre atti HWV 34 (1735)
Libretto di autore anonimo
dal libretto dell’opera L’isola di Alcina di Riccardo Broschi
Musica di Georg Friedrich Händel
Alcina Cecilia Bartoli
Ruggiero Philippe Jaroussky
Morgana Sandrine Piau
Bradamante Christoph Strehl
Melisso Alastair Miles
Oberto Sheen Park (Wiener Sängerknaben)
Les Musiciens du Prince-Monaco
Bachchor Salzburg
Direttore Gianluca Capuano
Maestro del coro Markus Obereder
Regia Damiano Michieletto
Scene Paolo Fantin
Costumi Agostino Cavalca
Luci Alessandro Carletti
Video rocafilm
Coreografia Thomas Wilhelm
Drammaturgia Christian Arseni
Nuovo allestimento
Salisburgo, Haus für Mozart, 13 agosto 2019