Bologna, Teatro Comunale – Il barbiere di Siviglia
Se cercate un Barbiere di Siviglia carino ma senza troppe pretese, questo spettacolo fa al caso vostro. La nuova produzione bolognese della celebre opera rossiniana debutta al Teatro Comunale prima di essere portata in tournée in Giappone insieme al Rigoletto firmato da Pizzech nel 2016.
Federico Grazzini si inventa dunque un allestimento pratico, colorato e piuttosto tradizionale. La scenografia ideata da Manuela Gasperoni si costruisce e si disfa direttamente sul palco vuoto: l’esterno di una casa con giardino nelle prime scene fa poi posto a una grande stanza che dovrebbe essere un sottotetto, con un’estetica molto simile ai lavori di Richard Jones. Si viene così conformando un ambiente prettamente borghese di ascendenza ottocentesca, come suggeriscono anche i costumi di Stefania Scaraggi. La regia vera e propria risulta piuttosto convenzionale: i personaggi non presentano particolari approfondimenti, anche se non mancano alcuni guizzi registici, come Rosina che nella sua prima aria si diverte a disegnare i baffi al busto di Bartolo per poi minacciarlo con uno dei suoi fucili, mentre, durante il temporale, si isola nella sua stanza e non esita a puntare quella stessa arma contro Figaro e Almaviva appena entrati dalla finestra. Questi sono alcuni dei momenti più riusciti, come pure il finale primo, in cui la casa viene devastata da una palla da demolizione, simbolo dell’irrazionale che prende possesso dei personaggi.
Bisogna tuttavia registrare che della metateatralità dell’allestimento, annunciata su comunicati stampa e presentata nelle note di sala, ben poco si ritrova in scena. Tralasciando il fatto che si tratta ormai un cliché registico oltremodo usato, e quindi assai difficile da rendere al suo meglio, vi sono pochissimi elementi che fanno intendere questa concezione, e si limitano a un Figaro che dà gli attacchi di movimento durante i finali d’atto, nonché all’apparizione di due insegne a inizio e conclusione dello spettacolo come a circoscrivere la durata dell’azione. Un po’ poco per essere considerata l’impostazione cardine dell’intera regia. Sorge inoltre qualche dubbio, osservando i due finali, circa una palese comunanza di movimenti e immagini teatrali, non si sa se e quanto voluta, con il primo allestimento di Barbiere ideato da Damiano Michieletto per Firenze nel 2005: il coro conclusivo infatti vede i protagonisti andare a giocare con dei palloncini rossi in fondo al palco una volta che hanno finito di cantare, esattamente come nel menzionato spettacolo fiorentino. Ispirazione comune ma autonoma, citazione o copia, ai posteri l’ardua sentenza.
Musicalmente parlando, Federico Santi ottiene dall’Orchestra del Teatro Comunale un suono pulito e morbido, nonostante qualche attacco un po’ sbavato all’inizio. La sua direzione predilige tempi spediti ma ben calibrati, così da respirare con i cantanti e produrre un buon tappeto sonoro. Tenendo bene le redini del tutto e trovando allo stesso tempo una discreta tavolozza di colori in molti punti, il direttore realizza una esecuzione nel complesso corretta e precisa, ma che non brilla per mordente e vitalismo, cosa che non aiuta a far decollare complessivamente lo spettacolo.
Il cast risulta ben calibrato e di buona qualità. Antonino Siragusa è un Conte d’Almaviva dotato di uno strumento omogeneo e ben emesso. Il registro acuto è assai apprezzabile, e permette al tenore di cimentarsi in una attendibile prova di “Cessa, più non resistere”. Gli manca un po’ di mordente nel fraseggio e un maggiore coinvolgimento interpretativo per offrire una prestazione veramente da ricordare. Stesso problema sembra affliggere il Figaro di Roberto de Candia: timbro piuttosto chiaro, facilità all’acuto e buona emissione non bastano per spiccare, se non viene approfondito l’accento e si eseguono i recitativi a perdifiato, senza un apparente motivo scenico.
Grande attenzione al fraseggio viene invece data da Marco Filippo Romano, che nel ruolo di Bartolo si conferma grande interprete di questi antagonisti buffi rossiniani, anche dal punto di vista vocale, dimostrandosi a suo agio in tutta l’estensione, ed esibendo uno strumento di buon corpo. Andrea Concetti tratteggia un Basilio viscido al punto giusto, con un bel timbro di basso e un discreto volume.
Cecilia Molinari disegna una Rosina efficace. Dotata di voce dal timbro brunito e rotondo, e ben emessa, si trova a suo agio nella parte, con agilità piuttosto spigliate e abbellimenti garbati. Il registro centrale e quello acuto si rivelano il suo punto di forza, e la fanno emergere nelle due arie, eseguite con la giusta proprietà di accenti e buona musicalità.
Completano il cast l’efficace Berta di Laura Cherici, che conferisce buon risalto alla sua aria, il discreto Fiorello di Nicolò Ceriani e l’Ufficiale di Sandro Pucci. Ben centrati risultano gli interventi del Coro preparato da Alberto Malazzi.
Il nutrito pubblico si dimostra attento e partecipe durante tutta la durata dello spettacolo, tributando alla fine copiosissimi applausi per tutti i protagonisti, e un buon successo al direttore e ai realizzatori della messa in scena. [Rating:3/5]
Teatro Comunale – Stagione lirica 2019
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Dramma comico in due atti
Libretto di Cesare Sterbini
Musica di Gioachino Rossini
Il Conte d’Almaviva Antonino Siragusa
Bartolo Marco Filippo Romano
Rosina Cecilia Molinari
Figaro Roberto De Candia
Basilio Andrea Concetti
Berta Laura Cherici
Fiorello Nicolò Ceriani
Un ufficiale Sandro Pucci
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Federico Santi
Maestro del coro Alberto Malazzi
Regia Federico Grazzini
Scene Manuela Gasperoni
Costumi Stefania Scaraggi
Luci Daniele Naldi
Nuova produzione del Teatro Comunale di Bologna
Bologna, 17 marzo 2019