Esce finalmente in Italia l’incisione di Ascanio di Camille Saint-Saëns, registrato dal vivo il 24 e 26 Novembre 2017 al Grand Théâtre de Genève. La B Records sceglie una veste di gran pregio per un’opera poco conosciuta che di magnificenze ne riserva tante, pubblicando di fatto un volumetto hardcover di 168 pagine stampate su carta lucida, ricco di saggi e notizie più che esaustive – tutti bilingue francese / inglese come il libretto – su un titolo che Saint-Saëns definì dramma Lirico al pari dell’Henri VIII, sebbene formalmente si tratti di un Grand Opéra a tutti gli effetti, per il numero cospicuo di prime parti, grandiosità delle scene e la presenza di un balletto che vanta ben 12 numeri.
L’autore lavorò alla partitura dal 1887 al 1888, musicando il libretto in cinque atti e sette quadri che il poeta Luois Gallet aveva tratto dal dramma del 1852 Benvenuto Cellini di Paul Meurice. Fu forse la presenza ingombrante dell’omonima opera di Hector Berlioz a suggerire di scegliere per titolo il nome del deuteragonista, il giovane Ascanio, apprendista di Cellini con il quale si trova invischiato in una complessa vicenda di amori, congiure e fraintendimenti (sul genere di quello che nel Don Carlos verdiano scatena la vendetta di Eboli). Non bastasse il repechage in sé, un ulteriore motivo di interesse è offerto dal fatto che questa è, di fatto, una prima mondiale, giacché il direttore Guillaume Tourniaire ha ricostruito la partitura originale che Saint-Saëns stesso non ebbe mai occasione di ascoltare. Alla vigilia della prima infatti l’autore abbandonò le prove a causa di un severo esaurimento nervoso seguito alla morte della madre e, in sua assenza, l’editore Durand, il compositore Ernest Guiraud e lo stesso Gallet, ai quali aveva lasciato precise istruzioni sulle prove e l’esecuzione, pensarono di intervenire sullo spartito, giudicato eccessivamente lungo. Un quadro fu eliminato, alcuni pezzi spostati e la parte di Scozzone trasposta da contralto a soprano. Così fu eseguita il 21 marzo del 1890 all’Opéra di Parigi e in questa versione fu successivamente ripresa, sebbene Durand decidesse di stampare – fortunatamente – la riduzione integrale per pianoforte, di mano dell’autore, della versione originale del 1888.
Sui pregi della partitura rimando sicuramente all’analisi dettagliata di Charles Gounod, pubblicata in La France il 23 marzo 1890 e integralmente riportata nel volume, che, sebbene non sia oggettivamente attendibile nel paragonare Saint-Saëns a Mozart, riportando il celebre giudizio che sul Salisburghese pronunciò Haydn, ne mette in rilievo le molteplici bellezze. Saint-Saëns si conferma qui orchestratore e compositore di squisita raffinatezza che dispensa e condensa preziosità di rara bellezza in ogni singola battuta; per quanto concerne il dibattito a cui la critica stessa diede il via all’indomani della prima, imperniato sul futuro dell’opera francese e sulla crescente influenza di Wagner, basti qui dire che l’uso di alcuni temi che ricorrono nel corso della partitura non è sufficiente per parlare di wagnerismo, sia perché fortissima è l’aderenza alla tradizione musicale francese, tanto nell’armonia quanto nella coesione di melodia e parola, sia perché i temi musicali sono privi di quelle peculiarità che si riconoscono a quelli di Wagner: capacità di imprimersi immediatamente nella memoria dell’ascoltare, di farsi carico di un significato simbolico ed etico univoco, sinteticità e predisposizione all’uso contrappuntistico. Ci troviamo innanzi a un’opera in cui l’invenzione melodica è ricca e l’analisi psicologica dei personaggi particolareggiata; vi si trovano pagine di immediata presa e grande suggestione, come, per citarne alcune, “Mon coeur est sus la pierre” intonata da Colombe, musa di Benvenuto, in cui l’orchestra interviene con un breve inciso, cinque semplici note consecutive ascendenti, a separare le strofe; o il successivo arioso di Cellini “O douce Hébé”; la canzone fiorentina intonata da Scozzone, innamorata di Cellini e destinata a una tragica fine che l’altera Duchesse D’Étampes aveva riservata a Colombe; e ancora il quartetto sublime del quarto atto che giustamente Gounod ammirava per struttura, scrittura, invenzione e capacità combinare sentimenti tanto contrastanti come il profondo dolore di Cellini e gli aspri richiami di Scozzone.
Grande merito va dato a Guillaume Tourniaire, non solo per l’interesse dimostrato per questo titolo, ma anche per la lettura che ha offerto della partitura. Assecondato dall’ottima Orchestre de la Haute école de musique de Genève, dirige con quella certosina cura del dettaglio che riconosciamo all’opera di Cellini stesso; il fraseggio, i colori che ricava dalla compagine orchestrare, rispondono a ogni singola intenzione dell’autore, come indicata in partitura. Forse, a tratti, questo corre il rischio di diventare il suo limite: perdere cioè il senso più ampio del dramma, il quadro complessivo, a favore della voluttà del particolare. Ma non scordiamo che l’esecuzione era in forma di concerto e l’azione drammatica è di per sé limitata ad alcune rare scene, preferendo l’autore concentrarsi sul ritratto dei personaggi e dei loro sentimenti. Credo si possa dire che in ciò è stato ottimamente servito in questa occasione.
Il cast numeroso è complessivamente equilibrato, a partire da Jean-François Lapointe nel ruolo di Cellini, scritto per il grande Lassalle. Voce brunita e corposa, fraseggia con cura e con una buona varietà dinamica, disegnando un personaggio dibattuto fra amore per l’arte, ambizione e un amore tutto terreno che si agita fra Scozzone e Colombe, amata anche dal giovane Ascanio, in cui egli riconosce un figlio, rivede se stesso da giovane e per il quale mette a tacere il suo cuore. Il personaggio epomimo è l’eccellente Bernard Richter, voce di tenore lirico dotato di fraseggio nobile, accento incisivo, ricca tavolozza di colori. Di pari livello la prova di Ève-Maud Hubeaux che presta il suo bel timbro di contralto a Scozzone, facendone un personaggio autenticamente tragico nella propria dedizione a Cellini e offrendo una splendida prova in ogni sua pagina. Colombe è Clémence Tilquin soprano lirico con un bel timbro morbido, a suo agio in una parte che, a discapito del ruolo e delle pagine riservatele, rimane tuttavia schiacciata fra le altre previste dal libretto, quasi un’eterna apparizione. Un po’ al di sotto rispetto alle richieste della scrittura è Karina Gauvin quale Duchesse d’Étampes: il registro acuto stride ed è sempre affrontato con grande prudenza da una voce che è sicuramente più a suo agio nelle ottave bassa e centrale mentre i passaggi di agilità, per quanto rari, non sono scorrevoli. Ricordiamo infine, seppure brevemente, le buone prove di Jean Teigten, François Ier che offre una bella lettura del madrigale “Adieu, beauté, ma vie”; Joé Bertili, Pagolo, Mohammed Haidar, Un Mendiant ottimo nella breve scena del secondo quadro; Bastien Combe, D’Esourville, Maxence Billiemaz, D’Orbec, Raphaël Hardmeyer, Charles Quint; Olivia Doutney, Une Ursuline. Ottima la prova del Choeur de la Haute école de musique de Gèneve e del Chœur du Grand Théâtre de Genève diretti da Alan Woodbridge. Segnaliamo inoltre anche l’eccellente esecuzione di Joidy Blanco al fluato dell’andantino Variation de l’Amour.
ASCANIO
Opera in Cinque atti e setti Quadri di Louis Gallet
Musica di Camille Saint-Saëns
Prima esecuzione assoluta della versione conforme al manoscritto autografo del 1888.
Benvenuto Cellini Jean-Francois Lapointe
Pagolo Joé Bertili
Ascanio Bernard Richter
Scozzone Eve-Maud Hubeaux
Duchesse d’Étampes Karina Gauvin
Colombe D’Estrouville Clémence Tilquin
François Ier Jean Teigten
D’Esourville Bastien Combe
Un Mendiant Mohammed Haidar
D’Orbec Maxence Billiemaz
Charles Quint Raphaël Hardmeyer
Une Ursuline Olivia Doutney
Chœur et Orchestre de la Haute école de musique de Genève,
Chœur du Grand Théâtre de Genève
Direttore Guillaume Tourniaire
Maestro del coro Alan Woodbridge
Etichetta: B Record
N. supporti: 3
Registrato dal vivo il 24 e 26 novembre 2017 a Ginevra
Uscita in Italia: 22 febbraio 2019