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Venezia, Teatro La Fenice – Norma e l’addio alle scene di Mariella Devia

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L’addio alle scene di una regina. Pubblico in delirio per Mariella Devia che sul palco del Teatro La Fenice di Venezia si congeda dall’opera in scena con una memorabile recita di Norma di Vincenzo Bellini. Al termine della sublime cavatina “Casta diva”, dopo un attimo di silenzio incantato sulle ultime note dell’orchestra, dal pubblico si leva un grido entusiastico: “Regina!”. Così la apostrofa poi a fine recita, inchinandosi e consegnandole un mazzo di fiori, il sovrintendente della Fenice Fortunato Ortombina.

Che dire della sua interpretazione che non sia già stato detto? Che la sacerdotessa druidica, sulla carta, non sarebbe ruolo adatto a una voce come quella di Mariella Devia. Sulla carta, appunto. In scena, Mariella Devia, da sublime belcantista quale è, risolve l’epos belliniano in chiave di puro lirismo e la sua è una lettura di assoluto fascino. Non solo per la pulizia, la precisione, l’intonazione perfetta che esibisce in ogni frase, ma soprattutto per la liquida, suadente capacità di “suonare” la melodia belliniana, cogliendone la profonda, struggente malinconia e porgendola al pubblico con tutto il carico di quella sua ineguagliabile, sorgiva bellezza. Quasi fosse in quel momento scaturita dalla mente e dal cuore (soprattutto dal cuore) del compositore. Mariella Devia è allora davvero una sacerdotessa, sì, ma non dell’altero Irminsul, bensì di Apollo, divinità che presiede le arti. Così, persino i furori e gli sdegni della donna tradita sono in qualche modo trasfigurati, purificati, nel segno di un’estatica contemplazione. Tutto questo con una straordinaria giustezza d’accento e una fortissima attenzione alla dizione, sempre impeccabile. Una Norma compiutamente neoclassica, canoviana, ma non per questo fredda.

Intorno alla diva – o meglio, alla regina – un cast complessivamente di livello. A cominciare dalla direzione plastica e vibrante di Riccardo Frizza, che ama questa stupenda partitura e ne valorizza la scrittura, scolpendo i momenti drammatici con impeto e sostenendo il canto con squisita sensibilità. L’orchestra della Fenice, in stato di grazia, brilla nelle diverse sezioni e contribuisce non poco alla riuscita della recita, così come l’ottimo coro istruito da Claudio Marino Moretti.
Pollione è Stefan Pop che, sebbene sia scenicamente alquanto impacciato, vanta un timbro e un piglio interpretativo eccellenti. L’Adalgisa di Carmela Remigio sembra talvolta intimidita dal confronto con cotanta Norma: peraltro, il suo timbro chiaro e pulito, poco si differenzia rispetto a quello della protagonista (forse, accanto alla Devia, avrebbe figurato meglio un mezzosprano). Tuttavia, l’interpretazione è accorata e la musicalità indiscutibile. Luca Tittoto è un Oroveso sufficientemente autorevole, così come apprezzabili sono i contributi di Anna Bordignon (Clotilde) e Emanuele Giannino (Flavio).

Resta da dire della regia, che semplicemente non c’è. I cantanti entrano in palcoscenico, cantano ed escono. L’unico vantaggio che ciò offre, come si dice in questi casi, è che gli interpreti possono concentrarsi sul canto. L’allestimento, firmato anche per scene e costumi dall’americana Kara Walker, è nato nel 2015 e sposta l’azione dalla Gallia occupata dai Romani all’Africa di fine Ottocento, colonizzata dagli europei. Idea che potrebbe anche funzionare, se venisse sviluppata.

Teatro La Fenice – Stagione lirica e balletto 2017/18
NORMA
Tragedia lirica in due atti. Libretto di Felice Romani
dalla tragedia di Alexandre Soumet
Musica di Vincenzo Bellini

Pollione Stefan Pop
Oroveso Luca Tittoto
Norma Mariella Devia
Adalgisa Carmela Remigio
Clotilde Anna Bordignon
Flavio Emanuele Giannino

Orchestra e coro del Teatro La Fenice
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del coro Marino Moretti
Regia, scene e costumi Kara Walker
Light designer Vilmo Furian
Venezia, 13 maggio 2018

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