Se il teatro, come l’etimo greco theaomai rivela, è per antonomasia il luogo in cui si guarda (e si viene guardati), è pur vero che c’è una parte di quello spazio che viene da sempre celata allo sguardo del pubblico, quella che con perifrasi moderna chiamiamo il dietro le quinte. Dovremmo aggiungere necessariamente, giacché contribuisce a creare il luogo (e il tempo, il prima, il durante, il dopo) dell’azione scenica, l’illusione che dà vita a dèi, eroi, uomini comuni, esseri fantastici. Al di qua della quarta parete ci siamo noi, gli spettatori; al di là del palcoscenico, la dimensione spazio-temporale, diversa, dei demiurghi, gli artefici di quanto si rappresenta: autori, macchinisti e attori. Capita, in diversi testi da Plauto a oggi, che ci sia consentito di dare una fugace sbirciatina a quel loro modo, ma nel corso della storia del teatro più volte la quarta parete non è volutamente mai stata eretta. Limitandoci al melodramma possiamo ricordare, per fare tre esempi, Il maestro di cappella e L’impresario in angustie di Cimarosa o il più celebre Le convenienze e inconvenienze teatrali di Donizetti; titoli in cui si mette in ridicolo il teatro, con le sue usanze, manie e bizzarrie, che, se parliamo d’opera, non sono certo poche, come ben dimostra La prova di un’opera seria di Francesco Gnecco su libretto dell’abate Giulio Artusi.
Il titolo, dopo una tournée in regione, ritorna al Teatro Verdi di Trieste dopo esservi stato rappresentata nella scorsa stagione e inaugura la rassegna dedicata alle opere in un atto Sempre Verdi da 0 a 100 (e *+). Musicalmente priva di grande originalità, è tuttavia una farsa fresca nella sua semplicità, e ancora attuale: il duettino in cui il Poeta Pasticci, interpretato da un eccellente Andrea Binetti, bel timbro baritonale perfettamente a suo agio in scena, e il Maestro Campanone, un altrettanto ottimo Roberto Gentili, lamentano le sorti delle loro carriere e dei teatri piangendo la Povertà “sempre fedele”, parrebbe un’impietosa satira della condizione attuale in cui versano molti teatri e non pochi artisti. La trama, qui, è più che altro uno spunto offerto ai cantanti per fare sfoggio delle proprie doti in alcuni numeri musicali ad libitum, inserendo arie o duetti di autori diversi. In questa occasione ad approfittarne è Olga Dyadiv che nei panni della seconda donna Violante Pescarelli, si esibisce, oltre che nei pezzi musicati da Gnecco, nella seconda strofa della prima aria di Adina, dall’Elisir d’amore, in una divertente e puntale esecuzione dell’aria di Olympia dal secondo atto dei Racconti d’Hoffman e, in coppia Anna Bordignon, vivace e stizzosa Corilla Tortorini, nel Duetto dei gatti di Rossini, dando prova di interessanti mezzi. Completano il cast Moroharu Takei nel ruolo del tenore Federico Mordente, voce chiara di lirico, che bene esegue l’aria a cavallo (ricordiamo che nella sua prima versione l’opera era una parodia degli Orazi e Curiazi di Cimarosa) e Fumiyki Kato, copista su cui tutti scaricano le proprie nevrastenie e capricci.
La regia di Carlo Antonio De Lucia, che sia avvale delle scene semplici ma funzionali di Angelo Canu, sottolinea il repertorio di tic, pose, cattive abitudini che si vuole accompagni da sempre interpreti assolutamente reali, qui fatti a loro volta personaggi.
L’orchestra del Verdi è diretta da Takayuki Yamasaki che asseconda la verve di una scrittura che poco aggiunge a quanto detto dai contemporanei, mentre il coro, diretto da Francesca Tosi, apporta il suo prezioso e ironico contributo.
Spettacolo godibilissimo che, ancora a distanza di molte repliche, avrebbe meritato un’attenzione maggiore da parte del pubblico, considerati anche i prezzi dei biglietti accessibilissimi e l’impegno profuso da tutti. Un’ora e mezza di allegria per ridere in musica del teatro. E non farlo morire, vuoto.
Teatro Verdi – Rassegna Sempre Verdi da 0 a 100 (e *+)
LA PROVA DI UN’OPERA SERIA
Farsa in un atto dell’Abate Giulio Artusi
Musica di Francesco Gnecco
Revisione di Giacomo Zani
Corilla Tortorini Anna Bordignon
Il poeta Pasticci Andrea Binetti
Violante Pescarelli Olga Dyadiv
Il Maestro Campanone Roberto Gentili
Federico Mordente Motoharu Takei
Fischietto Fumiyuki Kato
Orchestra e coro della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Direttore Takayuki Yamasaki
Maestro del coro Francesca Tosi
Regia Carlo Antonio De Lucia
Scene Angelo Canu
Allestimento della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Treste
Trieste, 27 novembre 2018