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Trento, Teatro Sociale – Curon/Graun

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Nel panorama teatrale italiano, l’opera contemporanea ha uno spazio relativamente marginale, spesso ritagliato a fatica tra il grande repertorio. Non è il caso del Trentino-Alto Adige, dove negli ultimi anni ha preso corpo il progetto Opera 20.21 che in questa stagione dà spazio a quattro titoli di compositori attualmente attivi, e per la maggior parte di giovane età.
In occasione della prima edizione di Oper.a 20.21 Fringe, un’iniziativa della Fondazione Haydn che mira a dar voce ai prodotti e ai talenti della zona cosiddetta Euregio (una regione transfrontaliera composta da Tirolo, Alto Adige e Trentino), due progetti sono stati premiati e presentati in prima esecuzione assoluta: Gaia di Hannes Kerschbaumer e Curon/Graun ideata da OHT – Office for a Human Theatre di Rovereto. Quest’ultima ha debuttato a Trento lo scorso 23 febbraio con ampio successo di pubblico.

L’idea trae ispirazione da un fatto storico particolarmente doloroso per gli altoatesini. A partire dal terzo decennio del secolo scorso nell’alta Val Venosta si tentò, a più riprese, di avviare la costruzione di una grande diga con la quale separare i due laghi di Resia e di Curon dal Lago di San Valentino alla Muta per poter produrre energia idroelettrica. La popolazione tentò invano, rivolgendosi anche a Papa Pio XII, di bloccare i lavori che, rallentati dalla guerra, vennero ultimati nel 1950. I sacrifici paesaggistici e umani furono ingenti: 163 case e 523 ettari di terreno scomparvero, inghiottiti dalle acque, e l’abitato di Curon dovette essere spostato più a monte. Nella memoria degli abitanti è indelebile il ricordo di quel periodo, vivificato dalla presenza del campanile medievale il quale, dichiarato patrimonio artistico e storico, secondo l’articolo 9 della Costituzione, spunta dal Lago di Resia a monito perpetuo dell’ingerenza umana sul placido scorrere del tempo e degli agenti naturali in alta montagna.

Il collettivo OHT – Office for a Human Theatre si occupa di teatro visivo, con l’interesse precipuo per lo sguardo e la sua spazializzazione. Curon/Graun nasce grazie ai ricordi suggeriti al gruppo da un testimone diretto della vicenda e, soprattutto, alla sagace scelta dell’accompagnamento sonoro. La serata declina l’idea di teatro musicale secondo un’ottica multimediale. I personaggi sono di fatto aboliti e in loro sostituzione viene posto un oggetto, più precisamente il campanile, di cui s’è detto, capace di assume in sé la voce e le istanze di un’intera comunità. Il sopruso dell’acqua che si appropria della costruzione (e, allo stesso tempo, il ritorno alla natura) è un monito silenzioso per turisti e abitanti, obbligati in modi diversi a confrontarsi con la triste realtà del prepotente intervento umano.
L’OHT, costituito da Filippo Andreatta, regia, Paola Villani, scene, William Trentini, Luci, e Armin Ferrari, video, suddivide in quattro parti lo spettacolo. Le prime tre raccontano la vicenda storica da differenti punti di vista: alla narrazione didascalica dei vari step, con la proiezione testuale degli eventi, secondo un preciso ordine cronologico, segue la ripresa video di un modellino in cui compare la puntuale ricostruzione del campanile, racchiuso in una teca, via via ricoperto, fino alla punta, da una pioggia incessante (con riuscito intento disorientante sugli spettatori), quindi il suggestivo tour in auto sui luoghi dove la mano dell’uomo ha maggiormente mutato l’aspetto naturale. L’ultima parte, in un gioco mozzafiato di luci, vede la materializzazione della torre campanaria che si riconosce prima vagamente, in seguito sempre più distintamente.

Il gioco costante di pieni e vuoti, dissolvenze e presenze, è perfettamente retto dal rigore religioso della partitura di Arvo Pärt. Per il primo blocco di tre sequenze narrative è utilizzato lo struggente e celeberrimo Fratres (di cui l’autore ha vergato ben diciotto differenti adattamenti) nella versione per quartetto d’archi, quindi per archi e percussioni e infine per violino, archi e percussione. La riproposta per nove volte delle medesime sei battute, intervallate dal suono delle percussioni, si carica di una tensione emotiva in grado di coinvolgere lo spettatore in una sorta di attesa colma di interrogativi.
L’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano e il quartetto d’archi, composto da strumentisti della stessa compagine, sono guidati da Stefano Ferrario che esegue anche, e con grande perizia, la parte affidata al violino solista. La musica tersa, inquietante a tratti, rispetta la rigida impostazione formale di Pärt, senza trascurare l’apporto dovuto alla sensibilità degli interpreti. L’ensemble mostra ancora una volta la perfetta sintonia con il repertorio coevo, nonché la capacità di lavorare in sintonia e coesione.
L’epilogo è interamente accompagnato dal Cantus in memory of Benjamin Britten, un lavoro che s’inserisce all’interno del fecondo panorama minimale. Il silenzio, elemento fondamentale del linguaggio di Pärt, accentua i rintocchi delle campane che incorniciano l’esibizione degli archi. Le dinamiche, man mano più avvolgenti, isolano il suono reiterato, dal sapore mistico, delle campane che in questo contesto assumono, al cospetto dell’immagine materica del campanile, un significato carico di enigmi ed emozioni.
L’applauso finale, quasi timoroso e immerso nella carica di suggestioni audiovisive, cresce d’intensità al comparire in scena di tutti gli artefici della serata, premiati da accoglienze calorose.

Teatro Sociale / Stagione 2017/2018
OHT – Office for a Human Theatre
CURON/GRAUN
Prima assoluta
Progetto Vincitore OPER.A 20.21 FRINGE
Musiche di Arvo Pärt
Ideazione di Filippo Andreatta e Paola Villani

Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
Direttore e violino solista Stefano Ferrario
Regia Filippo Andreatta
Scene Paola Villani
Luci William Trentini
Video Armin Ferrari
Produzione Fondazione Haydn
Coproduzione OHT – Office for a Human Theatre, Central Fies art work space
Trento, 23 febbraio 2018

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