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Torino, Teatro Regio – I Lombardi alla prima crociata (cast alternativo)

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Il Teatro Regio di Torino mette in scena I Lombardi alla prima crociata, l’opera con cui Giuseppe Verdi tentò di bissare nel 1843 il successo ottenuto l’anno precedente con Nabucco. Titolo poco frequentato dai cartelloni, i Lombardi portano in seno pagine suggestive, anche se, in un’ottica più generale, appaiono come un lavoro poco unitario, funestato da una vicenda complessa, impregnata di spirito religioso e patriottismo. Aspetti che, assieme a quella spolverata di milanesità, contribuirono in larga misura ai clamori della prima scaligera, ma che oggi esercitano inevitabilmente molto meno fascino sullo spettatore.

Lo spettacolo in questione, firmato alla regia da Stefano Mazzonis Di Pralafera, alterna momenti di noiosa staticità (tutti i numeri solistici) ad altri stucchevoli nella reiterazione dei movimenti scenici (gli ingressi e le uscite delle masse), ad altri ancora dalla connotazione quasi ridicola (l’ingresso di un Oronte ferito e agonizzante, trasportato goffamente all’interno di un telo da un manipolo di soldati). Purtroppo, nemmeno la scenografia e i costumi, entrambi di una semplicioneria disarmante, possono fare molto per risollevare le sorti di un allestimento assolutamente non al livello di un teatro di prima grandezza quale è il Regio. E viene di fatto da pensare che, considerato il pregio della realizzazione musicale, sarebbe forse stato preferibile optare per un’esecuzione in forma di concerto.

Michele Mariotti si conferma come uno dei migliori direttori oggi in circolazione, grazie a una lettura sempre ispirata della partitura, mai routinaria o scontata nella scelta dei tempi, ma al contrario capace di valorizzare ogni singola pagina tramite un’agogica mobilissima. Impeccabile nella concertazione, il giovane maestro sostiene ottimamente i solisti, evidenziando un’intesa di base che è frutto di uno studio attento e scrupoloso in fase di prove. Intesa che diviene vera e propria simbiosi in almeno due casi: nella fusione con il Coro, istruito da Andrea Secchi, e nelle intenzioni musicali con la protagonista femminile.

La scrittura di Giselda presenta difficoltà tali da essere ritenuta una delle più ardue dell’intero repertorio sopranile, sino al punto di meritarsi la fama di “incantabile”. Le ragioni vanno ricercate nella tessitura scomodissima, che insiste di continuo (e anche “a freddo”) sulla zona del passaggio, e nelle innumerevoli salite all’acuto (i do non si contano, ma ci sono pure i re bemolli) da affrontarsi con una gamma di dinamiche quanto mai variegata. C’è poi la quantità di pagine affidate al personaggio, che si ritrova costantemente in scena, soprattutto nella seconda parte dell’opera. Qui Maria Billeri dà una straordinaria prova di professionalità, rispondendo così alle sollecitazioni di un giovane Verdi in preda a un attacco di sadismo. Questa Giselda passa dalle estatiche mezzevoci di “Salve Maria” al grande cantabile “Se vano è il pregare”, seguito dagli sbalzi ampi e sostenuti di “No! giusta causa” fino alle improbe fioriture rapide di “Non fu sogno” con un’ammirevole miscela di musicalità, tecnica e interpretazione. E se qualche estremo acuto può risultare ghermito, la lunghezza dei fiati, la pienezza della cavata, l’espansione dello strumento, soprattutto nei centri e nella fascia medio-acuta, sono tesori che non passano inosservati. Per di più il fraseggio, così come il colore stesso della voce, sono quanto di più autenticamente verdiano mi sia capitato di udire dal vivo in tempi recenti.
Al suo fianco, l’Oronte di Giuseppe Gipali spicca per il canto raccolto e sorvegliato (qua e là forse troppo “chiuso”) ma soccombe quanto a volume, mancanza riscattata in parte da una discreta proiezione del registro acuto. L’aria “La mia letizia infondere” scorre comunque con fluidità ed eleganza.
Buona la prova, nei panni di Pagano, di Marko Mimica, giovane basso dalla voce ben immascherata e abbastanza corposa, cui solo nuoce una concezione del ruolo al momento poco personale.
Gabriele Mangione è un Arvino vocalmente squillante e scenicamente esuberante, anche se alcune frasi sembrano rifuggire la corretta articolazione e intonazione.
Antonio Di Matteo è un Pirro fisicamente imponente e di voce prestante anche se un poco cavernosa.
La Viclinda di Lavinia Bini è piacevole e garbata, ma ancora meglio fa Alexandra Zabala, che con il suo timbro smaltato e brillante risulta decisamente sottoimpiegata nel marginale ruolo di Sofia. Completano il cast il Priore di Joshua Sanders e l’Acciano di Vladimir Jurlin.

Teatro Regio – Stagione d’Opera 2017/2018
I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA
Dramma lirico in quattro atti
Libretto di Temistocle Solera
Musica di Giuseppe Verdi

Arvino Gabriele Mangione
Pagano Marko Mimica
Viclinda Lavinia Bini
Giselda Maria Billeri
Pirro Antonio Di Matteo
Priore Joshua Sanders
Acciano Vladimir Jurlin
Oronte Giuseppe Gipali
Sofia Alexandra Zabala

Orchestra e Coro del Teatro Regio
Direttore Michele Mariotti
Maestro del coro Andrea Secchi
Regia Stefano Mazzonis Di Pralafera
Scene Jean-Guy Lecat
Costumi Fernand Ruiz
Luci Franco Marri
Nuovo allestimento in coproduzione con l’Opéra Royal de Wallonie-Liège
Torino, 20 aprile 2018

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