“Prima la musica, poi le parole” oppure “Prima le parole, poi la musica”? Dietro alle schermaglie amorose tra la contessa Madeleine e gli artisti Flamand (il musicista) e Olivier (il poeta), va in scena l’eterno conflitto tra musica e testo che percorre tutta la storia del teatro musicale; è questo il tema centrale dell’ultima opera di Richard Strauss. Come il suo stesso autore, Capriccio è un lavoro senile, che guarda al presente con la nostalgia del passato più che con l’impeto del futuro. È tale problema ancora attuale nel 1942, mezzo secolo dopo la morte di Richard Wagner e il suo Wort-Ton-Drama? quando ormai il cinema sonoro si è imposto nel mondo e Fantasia di Walt Disney ha cambiato per sempre il rapporto tra musica e immagine? No, non lo è più, e consapevolmente lo stesso Richard Strauss ammette che Capriccio è “forse solo un bocconcino per (una élite) culturale di intenditori” (vielleicht nur ein Leckerbissen für kulturelle Feinschemcker).
L’obsolescenza, e persino la frivolezza, di tale tema colpisce in modo ancora più drammatico se rapportata al momento storico della prima: il Reich è entrato in guerra da più di tre anni, le battaglie di Stalingrado ed El Alamein che si combattono mentre l’opera va in scena al Nationaltheater di Monaco sanciscono la fine della pressione dell’asse e l’inizio del declino che porterà alla sconfitta finale.
Come mettere in scena Capriccio oggi? Si può leggere nel testo e nella partitura una qualche indicazione dell’autore, anzi, degli autori (l’elaborazione della composizione vede una forte collaborazione del direttore d’orchestra Clemens Krauss) su cosa debba prevalere tra testo e musica? E come rendere l’opera oggi qualcosa di più di un semplice “bocconcino per intenditori”? A queste domande risponde in modo pregevole Brigitte Fassbaender, che cura il nuovo allestimento dell’Opera di Francoforte, il secondo titolo straussiano curato per l’ente lirico dopo Ariadne auf Naxos. Grande conoscitrice del compositore sin dai tempi della sua carriera da mezzosoprano (celeberrimo Octavian), anche attraverso la direzione del Festival Straussiano di Garmisch-Partenkirchen tra il 2004 e il 2012, la Fassbaender non si tira indietro rispetto ad alcuno dei problemi legati all’interpretazione dell’opera sul palcoscenico. Per la regista, non è più tempo di discutere dei conflitti tra musica e testo; fare opera oggi significa accettare la sfida dello spettacolo totale, coinvolgendo parola musica e scena in una lettura coerente e unitaria, che sia in grado di parlare allo spettatore contemporaneo.
E per spiegare la lettura della Fassbaender, bisogna partire proprio dalla controversia sulla mai completamente chiarita vicinanza o ostilità sia di Strauss che di Krauss con il partito nazionalsocialista, e la necessità di rapportare questo testo al momento storico in cui Capriccio fu composto e portato in scena. La scena è trasposta dal settecento rococò allo stesso 1942. Nella Francia occupata la contessa Madeleine intrattiene nella sua casa di campagna una élite culturale fatta di spiriti ingenui, incapaci di capire i tempi in cui vivono. Discutono di frivolezze, di musica o parole, problemi antichi quando il mondo intorno a loro è ormai cambiato. E se la contessa ama i discorsi dei due innamorati, e vorrebbe nostalgicamente perdersi nel loro discutere, sa che ben altre sono le scelte che dovrà compiere. I camerieri, che prendono in giro gli artisti prima del celebre intermezzo, sono membri sotto copertura della resistenza, e la scelta finale della contessa tra parole e musica non si compirà: alla frase in codice “la cena è servita”, lei deciderà di abbandonare i panni della contessa, per prendere quelli della staffetta partigiana. Ben altra scelta, ben altri problemi. Semmai, la regista lascia lo spettatore con un ulteriore quesito: “può l’arte redimere l’autore stesso?”; tema altrettanto complesso, e forse altrettanto irrisolvibile, di quello presente inizialmente nel libretto di Capriccio.
La direzione musicale dell’opera è affidata a Sebastian Weigle. Dopo aver affrontato tutti i titoli del teatro wagneriano, il direttore artistico dell’Opera di Francoforte continua con la riproposizione sistematica delle opere di Richard Strauss, dimostrandosi uno dei più solidi interpreti di questo repertorio. Colpisce la leggerezza impressa al tema iniziale, quasi a simboleggiare l’inconsistenza della dicotomia testo/musica. Weigle riesce a mantenere un’ottima coesione nelle parti più conversazionali dell’opera, per poi esplodere nei pieni orchestrali come nella parodia del “concertato all’italiana” durante la descrizione della presa di Troia. La sensazione finale è di una sincronia pressoché perfetta tra buca e palcoscenico, sia nell’interpretazione artistica, che, tecnicamente, nel rapporto tra musica e canto. Dispiace che un direttore di tale livello possa essere conosciuto dal pubblico italiano solo attraverso registrazioni o ascolti radiofonici.
La compagnia di interpreti è capeggiata da Camilla Nylund. Il soprano finlandese, frequentatrice abituale dei titoli straussiani, si cala perfettamente in scena nel ruolo disegnato dalla regista, e vocalmente domina il personaggio della contessa, sfruttando un colore naturalmente caldo e un’emissione rotonda che risalta specialmente nella grande scena finale. Il resto del cast vede alcuni dei cantanti di punta della compagnia stabile di Francoforte, i quali offrono una prova di alto livello sia vocale che attoriale. La coppia di spasimanti è interpretata da AJ Glueckert (Flamand) e dal baritono Daniel Schmutzhard (Olivier), perfetti nel rappresentare i due aspetti dicotomici della questione. La scena viene comunque dominata dal basso Alfred Reiter (La Roche), che gestisce con molta attenzione il volume importante della sua voce in un ruolo “buffo”. Oltre che alla sempre solida prestazione di Tanja Baumgartner come Clairon, e al corretto cantante italiano di Mario Chang, destano ottima impressione Gordon Bintner (il conte), e il giovane soprano americano Sydney Mancasola (la cantante italiana), a partire da febbraio impegnata come Gilda nella produzione locale di Rigoletto, una voce da tenere in considerazione. Completano il cast Gurgen Baveyan (il maggiordomo), Graham Clark (Monsieur Taupe), e Katharina Wiedenhofer (la giovane ballerina).
Grande successo di pubblico per un teatro tutto esaurito. Le repliche si protraggono fino al 18 febbraio.
Teatro dell’Opera di Francoforte – Stagione lirica 2017/18
CAPRICCIO
Conversazione per musica in un atto di
Clemens Krauss e Richard Strauss
Musica di Richard Strauss
La contessa Madeleine Camilla Nylund
Il conte Gordon Bintner
Flamand AJ Glueckert
Olivier Daniel Schmutzhard
La Roche Alfred Reiter
Clairon Tanja Ariane Baumgartner
Monsieur Taupe Graham Clark
Una cantante italiana Sydney Mancasola
Un cantante italiano Mario Chang
Una ballerina (coreografia) Katharina Wiedenhofer
Il maggiordomo Gurgen Baveyan
Otto servitori Isaac Lee, Lukas Eder, Jaeil Kim, Iain MacNeil, Miroslav Stricevic,
Jonas Boy, Erik Reinhardt, Thesele Kemane
Figlio del maggiordomo (mimo) Stefan Olteanu
Orchestra dell’Opera di Francoforte
Direttore Sebastian Weigle
Regia Brigitte Fassbaender
Scene e costumi Johannes Leiacker
Luci Joachim Klein
Drammaturgo Mareike Wink
Nuovo allestimento dell’Opera di Francoforte
Francoforte, 20 Gennaio 2018