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Rosate (Milano), Cascina Paù – Gianni Schicchi

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La politica italiana vi deprime e quando i principali protagonisti si affacciano al vostro televisore vi viene da piangere? Non sconfortatevi: ci pensano Gianmaria Aliverta e gli artisti di VoceAllOpera a regalarvi un po’ di sane risate, prendendo in giro in maniera equa vizi e tic di molti politici nostrani. Con questo nuovo Gianni Schicchi, presentato in anteprima nel verde della Cascina Paú di Rosate a pochi chilometri da Milano, il regista ha dimostrato una volta di più la sua capacità di creare uno spettacolo veramente godibile e coinvolgente, sempre seguendo la sua filosofia dell’opera low cost.
Opera in cascina, dicevamo: lo spazio che ospita il piccolo palcoscenico lo ha infatti offerto, nella sua aia, Maria Candida Morosini, da anni generosa sponsor di varie attività musicali a Milano e dintorni, che ha adottato la compagnia di Aliverta e ne sostiene con grande convinzione le attività. Questa è dunque la quinta estate in cui il piccolo Comune di Rosate riceve in omaggio un’opera: omaggio ripagato con entusiasmo, visto che quest’anno il pubblico ha raggiunto le 280 persone, tutte pigiate nel cortile della casa colonica e alcune anche in piedi. Ma veniamo allo spettacolo.

Aliverta ha liberamente, ma molto coerentemente, reinterpretato la vicenda narrata nell’opera pucciniana come riferita non a un concreta eredità di quattrini e beni immobili, ma a un’eredità politica: ecco dunque che il morto, Buoso Donati, diventa Silvio Berlusconi, politicamente finito dopo essere stato dichiarato non più eleggibile. In molti vorrebbero essere i suoi successori: da Nella-Giorgia Meloni, a Zita-Rosi Bindi, passando per Simone-Pier Luigi Bersani, Betto-Angelino Alfano, Gherardo-Matteo Salvini, Marco-Antonio Razzi e la Ciesca-Daniela Santanché. Non manca Renato Brunetta, qui nelle vesti di Gherardino, mentre Antonio Di Battista è il doppio di Rinuccio. Questo è innamorato di Lauretta, alias Maria Elena Boschi, figlia di Gianni Schicchi: e chi potrebbe impersonare l’uomo nuovo fiorentino, se non il fiorentinissimo rottamatore Matteo Renzi?
Diciamo subito che, se la trasposizione ha avuto un esito così convincente, una gran parte del merito va al truccatore Francesco Pergolizzi, che ha fatto veri miracoli, molto ben assecondato dai cantanti, impegnati a riprodurre gli atteggiamenti tipici dei loro personaggi. Alla morte di Buoso, si apre il testamento, che null’altro è se non il famoso Contratto con gli Italiani. Colpo di scena, con conseguente disperazione generale: tutta l’eredità va a un’istituzione religiosa, in questo caso il San Raffaele. Arriva quindi Gianni Schicchi-Renzi, che si lascia convincere dalla figlia ad aiutare la sgangherata combriccola. Dopo il breve intervento del medico Spinellocchio-Romano Prodi, viene portato via il cadavere di Buoso-Berlusconi (un Berlusconi in cartone di dimensioni live, che ricomparirà per gli applausi finali sostenuto da Gherardino-Brunetta) ed ecco il travestimento: invece di cappellina e pezzolina, compaiono bandana e occhiali da sole. Arriva il notaio Amantio: e chi potrebbe essere se non Bruno Vespa, accompagnato dai testimoni Pinellino-Apicella e Guccio-Lele Mora? Lo spettacolo finisce nell’ilarità generale del pubblico con Renzi-Schicchi che scaccia (rottama!) gli altri; il fatto che il duetto finale sia interpretato da Di Battista-Rinuccio con Maria Elena Boschi-Lauretta si presta a ulteriori interpretazioni, visto che nel frattempo la temperie politica italiana sta cambiando. Ma queste le lasciamo all’autunno, quando lo spettacolo sarà ripreso allo Spazio Teatro 89 di Milano: il pubblico milanese sia avvertito, l’occasione è davvero ghiotta.

Resta da dire dei cantanti, tutti bravissimi sia dal punto di vista teatrale, sia vocale. L’ottimo protagonista, il baritono Luca Vianello, può contare su una voce di bel colore e una buona presenza scenica. Il giovane cantante, che non è nuovo alla collaborazione con VoceAllOpera, era fra i pochi a conoscere già il ruolo avendolo debuttato nel 2016 e ha dimostrato notevoli doti interpretative. Molto convincenti, a tratti esilaranti, anche tutti gli altri cantanti, per lo più al debutto nei rispettivi ruoli: Giulia Maria Taccagni come Zita, Francesca Mercuriali come Nella, Elena Caccamo come Ciesca. Alessandro Yague era Simone, Fabio La Mattina impersonava Marco mentre Betto era Daniele Piscopo, l’unico oltre a Vianello ad aver già ricoperto lo stesso ruolo. Debuttanti assoluti il tenore Antonio Mandrillo, un Rinuccio dalla voce ben timbrata, e il soprano Gesua Gallifoco, una delicata Lauretta. Nel piccolo spazio della Cascina non rimane molto posto per l’orchestra: i cantati erano valorosamente accompagnati dalla pianista Debora Mori, che alla fine dello spettacolo si è alzata dalla tastiera fresca come quando aveva incominciato. Le scene minimali ma efficaci erano state offerte, come già per la Cenerentola milanese, dalla Fondazione Castellini di Melegnano. Grande successo per uno spettacolo che meriterebbe di ricevere una grande attenzione.

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