Chiudi

Reggio Emilia, Teatro Municipale Valli – Le Villi

Condivisioni

Milano, 1883. Edoardo Sonzogno è un rampante editore musicale che mira a incrinare il monopolio del potentissimo Giulio Ricordi. Importare i titoli migliori della recente produzione francese non gli basta più, e così indice un concorso per un’opera nuova, indirizzato a compositori italiani esordienti. Squattrinato venticinquenne fresco di diploma, Giacomo Puccini non si lascia sfuggire l’occasione: ottiene dal poeta scapigliato Ferdinando Fontana un libretto tratto da una cupa leggenda tedesca, e in pochi mesi mette assieme una partitura che sembra avere tutti i crismi per una facile vittoria. Le cose, però, vanno in altro modo, e il premio entra dritto dritto nelle tasche di due carneadi (Zuelli e Mapelli). Ma Ricordi, che ha il fiuto di un segugio e la scaltrezza di una volpe, intuisce l’affare: acquista la partitura del lucchese, nel frattempo ampliata e rimaneggiata, organizza un bel lancio pubblicitario, et voilà, il trionfo è servito. Così, in un sol colpo, il sciur Giulio svergogna un pericoloso concorrente in affari e trova il puledro di razza (Puccini) che dovrà rimpiazzare il vecchio stallone della sua scuderia (Verdi).

Nacquero così Le Villi, e leggere questo titolo sul cartellone del Teatro Valli di Reggio Emilia fa un po’ l’effetto di una boccata d’aria di prima mattina in alta montagna. Chi potrebbe negare che Tosca, Bohème, Madama Butterfly siano capolavori assoluti, pietre miliari della storia dell’opera italiana? Eppure, a forza di uso riuso e strauso, i dolori di Floria, di Mimì e di Cio-Cio-San (lo si può dire?) finiscono per venire a noia anche al più stoico melomane (a meno che non arrivino un direttore o un regista geniacci a farli sembrare nuovi: ma si tratta di eccezioni più che di rarità). Così, prima di entrare in sala, mi dico che un preventivo senso di gratitudine potrebbe bastare per avvicinarmi lo spettacolo: comunque vada, sarà pur sempre l’occasione per sentire qualcosa di inusuale. Poi, però, penso che: a) il Valli, in combutta con un manipolo di teatri emiliani, da alcuni anni sceglie sistematicamente titoli poco frequentati, e li monta in maniera encomiabile, e b) viene utilizzata l’edizione critica della partitura appena licenziata da Martin Deasy nell’ambito dal grande cantiere dell’Edizione nazionale delle opere di Puccini. E tanto basta per alimentare robuste aspettative.

Diciamolo subito: lo spettacolo funziona, eccome. Anzitutto dal punto di vista musicale. È vero che la partitura delle Villi non presenta le complessità orchestrali dei lavori maturi di Puccini, ma ciò non toglie che il direttore Pier Giorgio Morandi – alla testa della Filarmonica Bruno Bartoletti di recente costituzione – sappia fornire una lettura perfettamente a fuoco, rigorosa nell’articolazione sintattica e nel respiro dinamico, generosa di colori cangianti e di calibrate sfumature. Belli i fortissimo a piena orchestra, con gli ottoni che mantengono una pulizia di suono tutt’altro che scontata. Omogenei e ben dosati gli interventi del coro in principio di entrambi gli atti (e si tenga conto che la compagine è formata da un inedito mix piacentino-modenese). Notevolissima la flessibilità d’eloquio nelle pagine affidate all’orchestra, in primis l’Intermezzo sinfonico. Convince poi il lavoro di concertazione che il maestro conduce con il palcoscenico. Roberto è Matteo Lippi. Tecnica fina, timbro squillante, accenti espressivi: gli applausi generosissimi che strappa la sua romanza nel secondo atto coronano un’interpretazione di spessore. Un bel tenore davvero. La parte di Guglielmo è affidata ad Alberto Gazale, che sfodera una notevole voce baritonale, rotonda, copiosa e ben adoperata. Anna è Maria Pia Piscitelli, che dà il meglio di sé nel registro centro-grave, con l’acuto che invece risulta a volte sfibrato. Più convincente nel primo che nel secondo atto, la sua è una prova comunque generosa, e ben tarata in senso attoriale.

Anche sotto l’aspetto scenico queste Villi non deludono. Colori brillanti prima, lividi poi; apparati scenici essenziali (alberi, sepolcri e poco più); simpatici costumi di sapore tirolese; un angelo marmoreo a far le veci del narratore: tanto basta alla regista Cristina Pezzoli per costruire una messinscena elegante ed evocativa, con radici ben piantate nella tradizione. La gestualità dei solisti è ottimamente calibrata e le masse si muovono con criterio. Ma chi fa davvero la differenza è il corpo di ballo: in vesti candide e maschere orrifiche, le Villi costruiscono leggere leggere un mondo grottesco di paura e vendetta.
Alla fine dello spettacolo gli applausi sono tanti. E meritatissimi.

Teatro Municipale Valli – Stagione d’Opera 2018/2019
LE VILLI
Opera-ballo in due atti
Libretto di Ferdinando Fontana
Musica di Giacomo Puccini
Nuova edizione critica a cura di Martin Deasy

Anna Maria Pia Piscitelli
Guglielmo Wulf, suo padre Alberto Gazale
Roberto Matteo Lippi

Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti
Associazione Coro Lirico Città di Piacenza – Fondazione Teatro Comunale di Modena
Direttore Pier Giorgio Morandi
Maestro del coro Stefano Colò
Regia Cristina Pezzoli
Coreografie Melange Productions AB a cura di Fernando Melo
Scene Giacomo Andrico
Costumi Andrea Grazia
Luci Mauro Panizza
Maschere Villi realizzate dallo scultore Alessandro Baronio
Consulenza per le parti danzate a cura della Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto
Coordinamento organizzativo MM Contemporary Dance Company
Danzatori Agora Coaching Project
Nuovo allestimento in coproduzione Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
e Fondazione Teatro Comunale di Modena
Reggio Emilia, 29 novembre 2018

image_print
Connessi all'Opera - Tutti i diritti riservati / Sullo sfondo: National Centre for the Performing Arts, Pechino