In occasione del centenario della prima assoluta, tenutasi nel 1918 al Metropolitan di New York, il Teatro Municipale di Piacenza mette in scena Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi, i tre atti unici che compongono il Trittico di Giacomo Puccini, nell’allestimento in coproduzione con i principali teatri emiliani firmato da Cristina Pezzoli.
La regista basa lo spettacolo su un comune denominatore, scegliendo di ambientare le tre vicende all’epoca in cui Puccini ne compone la musica, ovvero i primi due decenni del secolo scorso. Tale senso di unitarietà trova concreta realizzazione nelle suggestive scenografie create da Giacomo Andrico: la grande volta di uno dei ponti sulla Senna che funge da riparo al barcone di Michele, e l’imponente interno che, avvalendosi di un elegante e ingegnoso impianto in prospettiva, fa da sfondo al dramma di Angelica, sono preclari esempi di un mestiere di indiscutibile valore. Indispensabili e complementari le strepitose luci di Cesare Accetta, qui riprese da Andrea Ricci, che donano ulteriore tridimensionalità all’apparato, facendo sembrare il palco del Municipale altissimo e profondissimo. A completare l’opera, Gianluca Falaschi firma costumi non meno che perfetti per accuratezza e pertinenza storica, con qualche licenza e quel tocco di estro che non guasta nello Schicchi, dove i parenti di Buoso paiono prendere vita dai Racconti fantastici di fine ottocento.
La Pezzoli, pur muovendosi in un solco rassicurante, non si adagia mai sulla rappresentazione didascalica delle situazioni, distinguendosi piuttosto per soluzioni interessanti e per il sapiente lavoro fatto sull’interazione tra i protagonisti. Gli scambi amorosi di Luigi e Giorgetta, ad esempio, nel loro essere esplicitamente sessuali, rendono tangibile la passione che divora i due amanti. Altrove, il suicidio per avvelenamento di Angelica produce allucinazioni che si discostano dal sacro. È infatti la sorella Anna Viola (che la protagonista immagina ancora fanciullina ma con il velo da sposa) ad apparire assieme al figlioletto defunto, il quale, correndo incontro alla madre, si butta con tutto il corpo sopra di lei, in un ricongiungimento che, facendo leva su un contatto fisico così istintivo e viscerale, risulta visivamente potentissimo.
Aldo Sisillo dirige con competenza, infondendo una buona dose di pathos sia nel Tabarro, sia soprattutto in Suor Angelica, dove l’intesa con la protagonista costituisce un merito aggiunto. Purtroppo, molte delle modernità contenute nelle partiture non vengono evidenziate in maniera compiuta dall’Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna, per tacere delle discontinuità che emergono nelle pagine la cui tenuta d’insieme mette severamente alla frusta la bachetta. Lodevoli le prestazioni del Coro del Teatro Comunale di Modena, diretto da Stefano Colò e delle Voci bianche preparate da Paolo Gattolin e Miletta Lintner.
Anna Pirozzi, in gran forma, si muove con padronanza all’interno della scrittura pucciniana, rivelando in questo contesto una espressività e un trasporto genuini, di quelli che vengono da dentro, entrambi evidenti in particolar modo nella sorprendente resa vocale di Suor Angelica. Nel Tabarro, la sua Giorgetta si impone grazie a un’emissione sostanzialmente corretta, facile e ampia in acuto: il raggiante do che corona la romanza sulla parola “nostalgia” squilla con meravigliosa insolenza. La cantante segue le indicazioni della regia con attenzione, calandosi senza incertezze nella parte. Ma è vestendo i panni di Angelica che la Pirozzi firma una delle sue prove migliori. Esibisce innanzitutto una bella varietà di dinamiche e colori. Sfuma con perizia l’intensità del canto in rapporto al momento scenico, e dimostra di sapersi esprimere anche con la dolcezza, caratteristica, questa, che non può emergere nei ruoli verdiani “di furore” che il soprano frequenta abitualmente. “Senza mamma”, attesissimo dal pubblico, risulta sentito e commovente, ben fraseggiato e pesato negli accenti, e si conclude con un pianissimo che, nonostante sia lievemente increspato dall’emozione nella regolarità del suo vibrato, imprime il sigillo definitivo su un’interpretazione da ricordare. Così come le sfiancanti frasi conclusive – dove i sol e i la acuti sono tanto numerosi da rendere quasi infinita l’estasi dolorosa del personaggio – risuonano addirittura sfacciate per tenuta e solidità.
Ambrogio Maestri lavora per sottrazione durante quasi tutto il Tabarro, e difatti il suo Michele – che la regia vuole costantemente di spalle salvo nei momenti topici del racconto – è solitario e psicologicamente distante da quanto gli accade intorno. Anche il canto, trattenuto, rispecchia alla perfezione l’atteggiamento sulla scena. Giunto al finale, però, il baritono dispiega la nota potenza del suo strumento, e con voce risonante e ben timbrata sostiene in maniera impressionante sia il monologo, sia l’ultimo scambio di battute con il soprano. Come Gianni Schicchi, la resa non si attesta sugli stessi livelli, principalmente a causa dell’aspetto caricaturale che, per quanto previsto in una certa misura dal compositore, appare forzato in arrochimenti, vocine e vocette davvero troppo insistite. Inoltre, si ha la netta sensazione che la “simpatia” del pubblico verso il protagonista scaturisca più dalla fisicità prorompente dell’artista, che da una sua reale vis comica.
Anna Maria Chiuri compone un “trittico” di ritratti che ha dell’incredibile nella completa diversificazione dei caratteri. La voce è una, ma i colori, le inflessioni, l’articolazione delle parole vengono mutati con camaleontica abilità. Una Frugola cenciosa nell’aspetto ma traboccante verve, impeccabile nelle canzonette (l’estatica mezzavoce con la quale realizza “Ho sognato una casetta” è incantevole). Una zia principessa impenetrabile, quasi prosciugata nel corpo come nei sentimenti, e che lancia le sue accuse con frasi pronunciate con tale durezza da sembrare scolpite nella pietra. Una Zita dai modi pratici e asciutti, custode dei segreti della famiglia dei Donati, ma capace anche di singolari scoppi emotivi. Un’artista vera, insomma, di quelle che hanno fatto dei ruoli cosiddetti “di carattere” il baluardo della propria grande professionalità.
Rubens Pelizzari è un Luigi dalla comunicativa spontanea e diretta, efficacissimo per aderenza scenica e per la vocalità densa e scura, a tratti dalle inflessioni baritonali. Matteo Desole si alterna con disinvoltura nei panni del Tinca e di Rinuccio. In entrambi i ruoli, il giovane tenore evidenzia uno strumento di tenore lirico-leggero abbastanza centrato nell’emissione, molto gradevole nel timbro e discretamente proiettato, specialmente nella fascia centrale dell’estensione. A fargli da partner nello Schicchi, Francesca Tassinari, una Lauretta che però non convince nella celeberrima “O mio babbino caro”, leziosa e dal legato frammentario. Il basso Francesco Milanese, dal canto suo, impersonando il Talpa e Simone Donati esibisce un timbro coriaceo particolarmente adatto, ma emissione non completamente omogenea e controllata. Le numerosissime parti di fianco contribuiscono, con qualche trascurabile distinguo, alla riuscita completa della messinscena.
Teatro Municipale – Stagione lirica 2017/2018
IL TRITTICO
Musica di Giacomo Puccini
IL TABARRO
Libretto di Giuseppe Adami
Michele Ambrogio Maestri
Luigi Rubens Pelizzari
Il Tinca Matteo Desole
Il Talpa Francesco Milanese
Giorgetta Anna Pirozzi
La Frugola Anna Maria Chiuri
Un venditore di canzonette Roberto Carli
Due amanti Roberto Carli, Mariia Komarova
Voce di tenorino Roberto Carli
Voce di sopranino Azusa Kinashi
SUOR ANGELICA
libretto di Giovacchino Forzano
Suor Angelica Anna Pirozzi
La zia principessa Anna Maria Chiuri
La badessa Grazia Gira
La suora zelatrice Laura De Marchi
La maestra delle novizie Matilde Lazzaroni
Suor Genovieffa Paola Santucci
Suor Osmina Patrizia Negrini
Suor Dolcina Alice Molinari
La suora infermiera Lucia Paffi
Una novizia Stella Sestito
Prima cercatrice Silvia Tiraferri
Seconda cercatrice Azusa Kinashi
Prima conversa Giulia De Blasis
Seconda conversa Maria Sandra Quintero Pacheco
Prima suorina Miriam Gorgoglione
Seconda suorina Maria Chiara Pizzoli
Terza suorina Daniela Cavicchini
GIANNI SCHICCHI
Libretto di Giovacchino Forzano
Gianni Schicchi Ambrogio Maestri
Lauretta Francesca Tassinari
Zita Anna Maria Chiuri
Rinuccio Matteo Desole
Gherardo Giovanni Castagliuolo
Nella Giulia De Blasis
Gherardino Serena Cusimano
Betto di Signa Valdis Jansons
Simone Francesco Milanese
Marco Fellipe Oliveira
La Ciesca Alice Molinari
Maestro Spinelloccio Gianluca Monti
Ser Amantio Di Nicolai Alessandro Busi
Pinellino Romano Franci
Guccio Stefano Cescatti
Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna
Coro della Fondazione Teatro Comunale di Modena
Scuola Voci bianche della Fondazione Teatro Comunale di Modena
Direttore Aldo Sisillo
Maestro del coro Stefano Colò
Maestri preparatori voci bianche Paolo Gattolin, Miletta Lintner
Regia Cristina Pezzoli
Scene Giacomo Andrico
Costumi Gianluca Falaschi
Luci Cesare Accetta, riprese da Andrea Ricci
Coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Modena
Fondazione Teatri di Piacenza
Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
Piacenza, 4 febbraio 2018