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Palermo, Teatro di Verdura – Teresa Valéry

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«San Giuseppe, aiutaci tu!». Arriva con un imponente mezzobusto di Giuseppe Verdi e, quasi fosse una statua votiva, la poggia sul pianoforte, al centro della scena: è questa l’imprevedibile sortita di Teresa Mannino, protagonista di Teresa Valéry, spettacolo estivo che il Teatro Massimo di Palermo propone nella sede estiva del Teatro di Verdura (lussureggiante location che gli spettatori locali chiamano “alla Verdura”, quasi si trattasse di un mercato ortofrutticolo), nell’ambito della rassegna Summerwhere 2018, prima di una breve tournée isolana. E poiché il pubblico reagisce con compassata sobrietà, decide di rinnovare l’uscita, questa volta accolta dagli scroscianti applausi di una platea – sterminata, tanto da gremire tutti i posti disponibili – in gran parte composta da supporter della showgirl palermitana. Gioca sul filo dell’edutainment di stampo televisivo la divertente serata impaginata per valorizzare il grande repertorio presso un uditorio non interamente composto da habitués e operagoer: con l’aiuto di «un’ignorante», abile mediatrice nei meandri di una materia tanto storicamente significativa quanto scomparsa dall’orizzonte culturale medio. Basta un breve sondaggio, infatti, per verificare che la presenza delle frequentatrici abituali è praticamente nulla: mancano vistosamente le pellicce, tratto caratteristico delle abbonate, insieme con le caramelle al miele da scartocciare rumorosamente, per capire che il pubblico è in gran parte giovane, pronto a (sor)ridere del tempo che fu e, magari, desideroso di imparare qualcosa.

Non è sola, Teresa Mannino, nell’affrontare l’impresa: le stanno accanto l’impeccabile Orchestra del Teatro Massimo di Palermo e, soprattutto, la scatenata bacchetta di Alberto Maniaci, pronto a shakerare le imprevedibili richieste della conduttrice con la partitura verdiana e i suoi interpreti, ma anche con tutto quello che avremmo voluto chiedere e nessuno ci ha mai raccontato. E la ricognizione comincia proprio da lì, dalle fila di quel mastodonte che è la compagine orchestrale, per capire cosa ha spinto Francesca a suonare l’arpa e, soprattutto, perché ha deciso di sposarsi con il timpanista Davide… È un gioco a rimpiattino che finalmente culmina nel Preludio all’opera, di cui Maniaci dipana non solo etimologia e funzione, ma soprattutto un’agevole analisi tra i temi dell’opera. Teresa Valéry prende quindi le mosse per raccontare l’opera e, inevitabilmente, si scontra con il primo brano famoso dell’opera: quel Brindisi che – ha ragione! – ormai non si sopporta più. Per questo dapprima decide di cassarlo, poi – ripensandoci meglio – si affida all’estro del direttore e, soprattutto, al primo scoop della serata: perché è bello ritrovare intatta la splendida, luminosa vocalità e la classe superiore del tenore Luca Canonici, che inaspettatamente accetta di “giocare” con il ruolo di Alfredo Germont. Canta, dunque, «Libiam ne’ lieti calici», ma quando meno te l’aspetti già diventa “My Way” e subito dopo “Brazil”, aprendo un vortice di provocatorie suggestioni che incuriosiscono e divertono.

Lo spettacolo viaggia dunque su un doppio binario. Da una parte c’è quello – francamente più scontato e a tratti anche didascalico – che serve per (ri)scoprire La traviata: e di cui risulta protagonista incontrastata Maria Francesca Mazzara, soprano dalla vocalità doviziosa che si cimenta con buoni risultati con le tre pagine più celebri di Violetta Valéry, il gran Finale I (e tu chiamala, se vuoi, canzone: perché in fin dei conti è questo…), intonato con smagliante padronanza della coloratura; il gran Duetto con Germont, di cui saldamente padroneggia l’excursus emotivo e l’approfondimento psicologico; e infine la toccante Aria dell’ultimo atto, condivisa con la Mannino che, desiderosa di approfittare dell’occasione, la anticipa compitando la lettera di Germont. Ma dall’altro ci sono le incursioni tra le righe, tra i pentagrammi dell’opera: e, oltre a Canonici, anche il baritono Francesco Vultaggio si presta alla bisogna, quando porge la schiettezza del suo timbro rigoglioso – ma anche la sua simpatia contagiosa – per stemperare la querimoniosa moralità borghese del suo personaggio, raccontarsi e rimettersi in gioco. E anche qui la superba Aria del secondo atto diventa occasione per scivolare verso passioni ben più pop, forse utili a declinare il dramma come farebbe Tiziano Ferro: «Ma vuoi dirmi come questo può finire?» Non me lo so spiegare… Certo si tratta di un’operazione rischiosa, sia perché sarebbe stata opportuna una drammaturgia più strutturata per supportare lo spettacolo, sia perché il melting pot musicale rischia di confondere le idee: ma – esattamente come il concerto dei tre tenori – è un modo per avvicinare il più vasto pubblico al capolavoro verdiano.

E allora l’ultimo atto serve per tirare le fila. Della Traviata, naturalmente, fino a quel Finale ultimo che raccoglie intorno a Violetta gli altri due personaggi del dramma e ne fa una commossa, laica pietà, che la sobria regia di Alberto Cavallotti restituisce con tratti asciutti, rigorosi ed emozionanti. E di Teresa Valéry, cioè di Teresa Mannino, che finalmente accetta la sfida di provare a cantare: non senza aver girato dall’altro lato il mezzobusto di Verdi, che deve giustamente rimanere ignaro di quanto sta per consumarsi sulla scena. E quando più t’aspetti il ritorno del tanto vituperato Brindisi lei ci ripensa e regala un inaspettato coup de théâtre. Appena il tempo di un cambio d’abito e, dagli sgargianti colibrì che svolazzavano su quello usato durante tutto lo spettacolo, adesso fa ritorno con tanto di valigia, cappellino piumato e ombrello spalancato: pronta a intonare, con l’irresistibile e divertito terzetto di protagonisti, “Supercalifragilistichespiralidoso”. Perché Mary Poppins? Perché «Se lo dici forte avrà un successo strepitoso…».

Teatro Massimo al Teatro di Verdura – Summerwhere 2018
TERESA VALÉRY
Teresa Mannino racconta La traviata
Musica di Giuseppe Verdi

Soprano Maria Francesca Mazzara
Tenore Luca Canonici
Baritono Francesco Vultaggio

Orchestra del Teatro Massimo di Palermo
Direttore Alberto Maniaci
Regia Alberto Cavallotti
Palermo, 25 luglio 2018

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