Come nelle scorse estati, lo spazio offerto dal Castello Carrarese, dominato dall’austera e fascinosa Torlonga, è luogo ideale dove ospitare una serie di eventi estivi, non ultima l’opera. Anche quest’anno si è deciso di inaugurare la stagione lirica patavina in piena estate e la scelta è caduta su un titolo celeberrimo, Il barbiere di Siviglia, una garanzia per pubblico e organizzazione, specie con un clima reso meno afoso da qualche goccia di pioggia. Nonostante ciò la serata stenta a decollare, anzi sembra ristagnare in un’ostinata mediocrità che fatica a coinvolgere gli astanti, ai quali strappa raramente alcuni cenni di gradimento durante la recita. I motivi sono imputabili allo spettacolo, che soggiace alla tendenza, piuttosto ricorrente oggigiorno, di svilire la cifra comica, e alla svogliata esecuzione.
In merito alla resa visiva, elaborata da Matteo Paoletti Franzato, per scene e costumi, e da Yamal Das Irmich, per la regia, l’impostazione scelta sviluppa la vicenda in base all’avidità e all’amore per l’oro declinati secondo la differente visione dei personaggi. In sostanza, l’azione vorrebbe inquadrare le fragilità, mettendo a nudo i disagi, le perversioni e i subdoli raggiri di ciascuno. Il rischio nel quale incorre una tale impostazione è di isolare eccessivamente i singoli caratteri alla ricerca di una morale, associata più al genere semiserio che all’opera buffa, dove certamente è presente ma sempre col fine primario di far sorridere. A non favorire una vera connessione tra gli interpreti contribuisce l’assetto scenico. Lo spazio è occupato alla sinistra da una grande cassaforte, ideata per ricreare la stanza/prigione di Rosina, che rischia di trasformarsi in un farraginoso congegno, felicemente rimpiazzabile dopo pochi minuti dall’inizio dell’opera, mentre alla destra giace imperiosa una pedana rialzata sulla quale si vedono gli strumenti legati all’attività del barbiere. Agli striscioni, vergati con slogan stile generazione 2.0, e ai palloncini a forma di cuore, sono abbinati costumi variopinti e multiformi.
La direzione di Nicola Simoni potrebbe, nel complesso, valorizzare le sezioni strumentali dell’Orchestra di Padova e del Veneto, in quest’occasione abbastanza precisa e partecipe, ma non ha quasi nulla a che vedere con la gestione dei solisti sulla scena. Viene dunque svolto un compito, sufficientemente corretto, seppur mancante di personalità e slegato dalle esigenze del teatro musicale. I tempi scelti, tendenti ad agogiche comode, non sempre mantengono una coerenza durante l’esecuzione e la tempra rossiniana tende a perdere i propri arguti connotati.
È abbastanza sintomatico che in un intero cast spicchi il ruolo di Berta, affidato a Giovanna Donadini, la sola, forse, capace di far sorridere senza doversi snaturare e forzare. Gli altri interpreti lottano contro l’impostazione scipita dell’allestimento e, a seconda del proprio bagaglio, cercano una personale soluzione all’impaccio generale. Pur manifestando varie disomogeneità nell’emissione, specie in zona grave, Alessia Nadin, Rosina, tenta di rendere credibile l’interpretazione della vivace pupilla, anche attraverso una discreta verve attoriale. Al contrario Massimo Cavalletti colpisce per genericità, soprattutto vocale, considerando la linea canora quasi costantemente stentorea, nasaleggiante e imprecisa nell’agilità. Il suo Figaro si risolve in una prova poco riuscita, non all’altezza del brillante carattere estroverso del factotum. Qualche incertezza nell’approcciare l’agilità si riscontra in Pietro Adaini, Conte d’Almaviva. Il tenore siciliano ha timbro solare, intenzioni potenzialmente interessanti ma mezzi inficiati da limiti nell’ascesa all’acuto e nella gestione del fraseggio. Giovanni Romeo tratteggia un aggressivo Don Bartolo, con qualche affaticamento di troppo, mentre Gabriele Sagona risolve Don Basilio con maggiore accuratezza vocale e disinvoltura scenica apprezzabile. Completano la compagnia Carlo Checchi, corretto Fiorello, e Romano Franci, un ufficiale. Il Coro Lirico Veneto è preparato da Stefano Lovato.
Cordiali applausi finali siglano la serata. In attesa della continuazione della stagione lirica presso il Teatro Verdi, con Nabucco e La Cenerentola, questa nuova produzione rossiniana sarà inscenata domenica 5 luglio al Teatro al Castello “Tito Gobbi” di Bassano del Grappa.
Stagione Lirica di Padova 2018
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Melodramma buffo in due atti
Libretto di Cesare Sterbini
Musica di Gioachino Rossini
Rosina Alessia Nadin
Figari Massimo Cavalletti
Il Conte d’Almaviva Pietro Adaini
Don Basilio Gabriele Sagona
Don Bartolo Giovanni Romeo
Berta Giovanna Donadini
Fiorello Carlo Checchi
Un ufficiale Romano Franci
Orchestra di Padova e del Veneto
Coro Lirico Veneto
Direttore Nicola Simoni
Maestro del coro Stefano Lovato
Regia Yamal Das Irmich
Scene e costumi Matteo Paoletti Franzato
Nuovo allestimento in coproduzione con Bassano Opera Festival
Padova, Castello Carrarese, 2 agosto 2018