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Milano, Teatro alla Scala – Alì Babà e i 40 ladroni

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Il severo compositore di Medea alle prese con l’opera buffa. Alì Babà e i 40 ladroni di Luigi Cherubini è in scena al Teatro alla Scala quale esito del meritevole “Progetto Accademia”, che vede il teatro milanese investire su giovani talenti, non solo del canto. L’ultimo lavoro teatrale di un Cherubini settantatreenne, composto nel 1833, è stato da qualcuno accostato al verdiano Falstaff, nato esattamente sessant’anni dopo. “Entrambi – scrive Marco Beghelli nel programma di sala – giunsero inattesi, per compositori la cui carriera teatrale si credeva ormai chiusa da tempo (…). Entrambi i lavori ammiccano all’opera buffa senza esserlo propriamente; eppure riescono a divertire specialmente nelle scene d’assieme. Entrambi mettono in scena i vizi umani e le debolezze della vecchiaia: invece di condannarli, ne sorridono. E pongono ambedue nell’orchestra la massima fiducia, considerando la voce come veicolo della parola prima ancora che del canto”.
Parole illuminanti, che delineano in modo efficace le caratteristiche di questo lavoro, che non è un capolavoro, ma presenta pagine di notevole bellezza (penso in particolare all’intero terzo atto) e resta comunque una testimonianza interessante e degna di essere conosciuta almeno per due motivi. Anzitutto perché si tratta dell’arte di un compositore che ebbe grande importanza nell’Europa a cavallo tra Rivoluzione e Restaurazione; poi, perché apre una finestra sul gusto di un pubblico che pochi anni prima aveva assistito all’addio alle scene del sommo Rossini con Guillaume Tell e che già da tempo poteva ascoltare, tra gli altri, i lavori di Bellini e Donizetti (ricordiamo che Lucrezia Borgia è dello stesso anno di Alì Babà).
L’opera nacque in francese su libretto di Eugène Scribe  e Joseph-Anne-Honoré Duveyrier  (sotto lo pseudonimo  di Mélesville), naturalmente ispirata al celebre racconto persiano tradizionalmente ricondotto alla raccolta delle “Mille e una notte”. I librettisti modificarono in diversi modi la favola originale, rendendo tra l’altro Alì Babà un ricco mercante anziché un povero taglialegna e introducendo il personaggio di Nadir, in funzione del ruolo essenziale in un’opera del primo Ottocento, del giovane innamorato, destinato a un tenore e interpretato alla prima nientemeno che dal mitico Adolphe Nourrit. La prima fu un insuccesso e l’opera, dopo alcune riprese in Germania in lingua tedesca nel 1834 e nel 1835, cadde nell’oblio, prima di essere riesumata proprio alla Scala nel 1963, con la direzione musicale di Nino Sonzogno, in una versione italiana di Vito Frazzi. Tra gli interpreti di quell’allestimento, con regia di Virginio Puecher e scene di Nicola Benois, c’erano Alfredo Kraus , Wladimiro Ganzarolli, Teresa Stich Randall, Paolo Montarsolo.

Purtroppo, alla Scala si è pensato di riprendere l’opera in italiano: peccato, perché il libretto, oltre che letterariamente debole, è poco funzionale alle ragioni del canto, soprattutto nei recitativi. Sul podio dell’orchestra dell’Accademia della Scala Paolo Carignani tiene le fila del discorso musicale con competenza e rigore, valorizzando al contempo la raffinata scrittura orchestrale di Cherubini. Alcuni dei primi commentatori sottolinearono l’eccessiva enfasi di alcuni momenti (Felix Mendelssohn, che lesse la partitura, lamentava “code esplosive orchestrate come se gli strumenti non valessero nulla e solo l’effetto contasse”): diciamo che la lettura di Carignani ha reso plastica questa osservazione, ma senza retorica.

Complessivamente all’altezza il cast di canto, che si avvaleva della preparazione di una docente di lusso quale Luciana D’Intino. La migliore è senz’altro il soprano Francesca Manzo che, nel ruolo protagonistico di Delia offre all’ascolto una voce ampia e omogenea in tutti i registri, di bella pasta timbrica, accompagnata a una pregevole sensibilità interpretativa per senso del fraseggio e sfumature. Certamente l’artista può crescere, ma ci sono tutti i presupposti per una luminosa carriera. Allo stesso modo si è segnalato il tenore Riccardo Della Sciucca nell’impegnativo ruolo di Nadir (ricordiamo che raccoglie l’eredità di Nourrit e di Kraus: cose da far tremare i polsi…). Il giovane tenore vanta uno strumento decisamente importante (forse troppo per il ruolo) per ampiezza e volume, nonché un timbro scuro e vellutato. L’interprete è nel complesso convincente, ma ci sono anche qui margini di miglioramento. Molto brava anche Alice Quintavalla nei panni della schiava Morgiane, la cui voce sopranile è corposa ed emessa con gusto, così come si è fatto notare il timbro scuro dell’ottimo basso Eugenio Di Lieto nei panni del capo della Dogana Aboul-Hassan. Bene anche gli altri bassi: Maharram Huseynov (Ours – Kan, capo dei briganti), Gustavo Castillo (Thamar, suo luogotenente) e Ramiro Maturana (Phaor, maggiordomo di Alì). Per un singolare caso del destino, il tesoriere dei briganti si chiama Calaf ed è tenore: che non sia una vita precedente del principe ignoto? Scherzi a parte, a Milano era interpretato dall’ottimo Chuan Wang. Purtroppo non ha convinto il basso russo Alexander Roslavetes nei panni del protagonista: la sua è una voce di colore sì interessante ma non sufficientemente ampia. L’interprete, inoltre, è stato generico e poco incisivo.

La regia dell’opera è affidata a Liliana Cavani, che confeziona uno spettacolo oleografico e didascalico, il cui principale (e forse unico) merito sta nel restituire con chiarezza la vicenda. I costumi sono di Irene Monti, mentre le scene old fashioned di Leila Fteita, accarezzate dalle luci di Marco Filibeck, si fanno apprezzare soprattutto nell’ultimo atto. Molto belli i balletti affidati ai giovanissimi allievi della scuola di ballo dell’Accademia della Scala, diretta da Maurizio Vanadia, con le coreografie di Emanuela Tagliavia. Bene il coro dell’Accademia, preparato da Alberto Malazzi.

Teatro alla Scala – Stagione d’Opera e Balletto 2017/2018
ALÌ BABÀ E I 40 LADRONI
Tragedia lirica in un prologo e quattro atti
Libretto di Mélesville e Eugène Scribe
Musica di Luigi Cherubini
Traduzione ritmica di Vito Frazzi

Alì Babà Alexander Roslavets
Delia Francesca Manzo
Morgiane Alice Quintavalla
Nadir Riccardo Della Sciucca
Aboul-Hassan Eugenio Di Lieto
Ours-Kan Maharram Huseynov
Thamar Gustavo Castillo
Calaf Chuan Wang
Phaor Ramiro Maturana

Progetto Accademia
Coro e Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala
Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala
Direttore Paolo Carignani
Maestro del coro Alberto Malazzi
Regia Liliana Cavani
Scene Leila Fteita
Costumi Irene Monti
Luci Marco Filibeck
Coreografia Emanuela Tagliavia
Nuova Produzione del Teatro alla Scala
Milano, 5 settembre 2018

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