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Martina Franca, Festival della Valle d’Itria 2018 – Il trionfo dell’onore

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L’amore secondo Scarlatti, visto con gli occhi di un bambino. Convince e diverte l’allestimento de Il trionfo dell’onore, l’unica opera comica del grande compositore Alessandro Scarlatti, messa in scena dal Festival della Valle d’Itria di Martina Franca a 300 anni esatti dalla prima, avvenuta al Teatro dei Fiorentini di Napoli nel novembre 1718. Si tratta dell’ormai tradizionale appuntamento denominato “opera in masseria”, per il secondo anno consecutivo ospitata nella corte interna della masseria Palesi, un gioiello barocco nelle silenti campagne pugliesi, circondata da ulivi secolari e da una terra dal colore cangiante, dal rosso scuro al verde intenso. Complice una luminosa luna di poco calante, il pubblico ha potuto godere di uno spettacolo al quale la suggestione del luogo ha dato certamente un valore aggiunto. Ma che presenta di suo molti motivi di interesse, come sempre accade per il programma del festival martinese, mai scontato.

L’opera di Scarlatti, l’unica comica delle trenta scritte, presenta infatti diverse peculiarità. Anzitutto, va in scena a Napoli sul palco di un teatro fino a quel momento votato all’opera in dialetto, o sarebbe meglio dire, in lingua napoletana. Il compositore – e con lui il librettista Francesco Antonio Tullio – scelgono la lingua (e l’ambientazione) toscana segnando un punto di rottura con il passato e fissando al contempo una tappa fondamentale per il percorso della commedia in musica. È proprio con Il trionfo dell’onore che si apre la storia dell’opera comica italiana, svincolandosi sia dall’Intermezzo, sia dal genere della commedia per musica in dialetto napoletano.
In secondo luogo, l’opera, pur nella sua semplicità di scrittura, è musicalmente deliziosa. C’è un legame con il Seicento, ma pure un grande slancio verso l’innovazione, che si misura soprattutto nella centralità del testo “come elemento generatore della musica e non come elemento da vestire o colorare attraverso la musica”, secondo quanto spiega il giovane direttore barese Jacopo Raffaele nell’intervista inserita nel programma di sala. Ne deriva un’importanza del tutto singolare assegnata al recitativo, nonché una bella varietà nelle arie. “Ci sono affetti che si susseguono e si contrappongono – dice ancora il maestro – spesso in maniera molto repentina e contrastante”.
L’organico adottato a Martina prevedeva archi, oboe, fagotto e basso continuo. Quest’ultimo, per scelta del direttore, consisteva in due clavicembali, una chitarra e una tiorba. La partitura è davvero varia e preziosa, capace di vestire della musica più adatta i tanti personaggi in scena, ben otto, ciascuno dei quali con una propria identità precisa, a disegnare un vivace microcosmo dell’animo umano.

La vicenda è alquanto complessa e non si può riassumere nella celebre battuta di George Bernard Shaw (“L’opera lirica è quella rappresentazione in cui il tenore cerca di portarsi a letto il soprano, ma c’è sempre un baritono che glielo vuole impedire”), anche perché il grande scrittore si riferiva sostanzialmente all’opera romantica. Qui siamo nel favoloso mondo del barocco e la fonte del libretto è nientemeno che quel Tirso de Molina che è anche all’origine del mito moderno di Don Giovanni, come i melomani ben sanno. E in effetti, nella trama si fa riferimento a un nostrano Don Giovanni (il protagonista Riccardo) che, al contrario del suo più celebre epigono, è capace di redenzione e dunque, come recita il sottotitolo dell’opera, è un “dissoluto pentito”. Non manca infatti il lieto fine per un intreccio che mescola elemento comico e serio: in estrema sintesi, ci sono quattro coppie in crisi che si riconciliano al termine dell’opera, e che portano con sé un caleidoscopio alquanto vario e completo di ciò che è l’amore (il sentimento vissuto con l’irruenza della gioventù o con la pacatezza dell’anzianità, i valori della famiglia, la dimensione dell’onore tradito), non senza dimenticare l’astuzia e l’ambizione della serva di umili origini (personaggio tipico dell’opera comica).
A ciò – ed è un ulteriore elemento di interesse – si deve aggiungere quel gusto tutto barocco per l’ambiguità di genere: nel Trionfo dell’onore ci sono infatti un protagonista maschile, il già citato Riccardo, affidato a un soprano, un altro ruolo maschile, quello di Erminio, affidato a un controtenore, e il ruolo femminile di Cornelia assegnato nientemeno che a un tenore. A Martina Franca, per la prima volta, l’opera è messa in scena in epoca moderna rispettando l’originaria distribuzione dei ruoli. Ciò detto, si potrebbe cadere nel rischio di una sorta di carnevale. Rischio fugato da un allestimento davvero riuscito a cura della giovane e dinamica compagnia milanese Eco di fondo, il cui lavoro di gruppo (tre i registi più un aiuto: nell’ordine, Giacomo Ferraù, Libero Stelluti, Giulia Viana, Michele Balistrieri) ha avuto esiti pregevoli.

Siamo in un paesino del sud Italia cinquant’anni fa e quella raccontata in scena è una storia vista con gli occhi innocenti e curiosi di un bambino (il bravo Arcangelo Carbotti) che prova a immaginare un passato conosciuto solo attraverso vecchie fotografie e racconti di famiglia. L’esito è anzitutto visivamente affascinante, con una perfetta integrazione tra scenografie (curate da Stefano Zullo) e lo spazio della masseria, accarezzato dalle luci di Giuliano Almerighi. Molto belli anche i costumi di Sara Marcucci, dai colori pastello e dalla foggia perfetta per ciascun personaggio, così come le simpatiche coreografie di Riccardo Olivier e Donato Demita. La regia è vivace, ritmata, sembra prendere linfa dalla musica e tradurne in modo creativo e gioioso ogni sollecitazione, senza risultare invasiva o fuori luogo. Ci sono momenti di divertita, giocosa leggerezza e pagine di più intensa contemplazione lirica, restituite con grande proprietà da un cast giovane, brillante e affiatato, costituito per buona parte dagli allievi dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”. Rachael Jane Birthisel è un Riccardo scenicamente convincente e vocalmente apprezzabile; ottime per disinvoltura scenica e bellezza di voce Erica Cortese e Federica Livi nei rispettivi ruoli di Leonora e Doralice. Suzana Nadejade è una Rosina frizzante, mentre Patrizio La Placa (l’irruente Rodimarte) si è fatto notare per il colore scuro e l’ampiezza di un bel timbro baritonale. Bravissimi i due tenori nel ruolo di bizzosi amanti: Francesco Castoro (Flaminio) e, soprattutto, la divertente Cornelia di Nico Franchini. Su tutti emergevano la classe e il gusto del controtenore Raffaele Pe quale elegante Erminio.

Culturalmente consapevole la direzione di Jacopo Raffaele, musicista solido che riesce a convincere con i fatti anche il pubblico che questa musica di Scarlatti è lontana sì nel tempo, ma non lo è la punto di vista dei contenuti. Ci sono così, nella sua lettura, una duttilità nel gesto e un’attenzione all’elasticità del fraseggio e alla ricerca del colore timbrico che rendono ragione della ricchezza più volte evocata per questa partitura. Raffaele non fa mistero della sua passione per il rock e il jazz, e trova così anche un legame con l’improvvisazione, con l’interplay (come dice lui stesso nel già citato programma di sala, prendendo a prestito una parola del vocabolario jazz), “fondamentale per l’espressione delle emozioni umane, concetto alla base dello stile barocco”.

44° Festival della Valle d’Itria
IL TRIONFO DELL’ONORE
Opera comica in tre atti di Francesco Antonio Tullio
Musica di Alessandro Scarlatti
Revisione sulle fonti originali di Jacopo Raffaele in collaborazione con Fabrizio Longo

Riccardo Rachael Jane Birthisel*
Leonora Erica Cortese*
Erminio Raffaele Pe
Doralice Federica Livi*
Flaminio Francesco Castoro
Cornelia Nico Franchini
Rodimarte Patrizio La Placa*
Rosina Suzana Nadejde*
Bambino Arcangelo Carbotti
*Allievi dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”

Ensemble barocco del Festival della Valle d’Itria
Direttore Jacopo Raffaele
Progetto teatrale Eco di fondo
Regia Giacomo Ferraù, Libero Stelluti, Giulia Viana
Aiuto regia Michele Balistrieri
Scene Stefano Zullo
Costumi Sara Marcucci
Coreografie Riccardo Olivier, Donato Demita
Light designer Giuliano Almerighi
Con il contributo della Fondazione Puglia
In collaborazione con l’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”
e con l’Accademia delle Belle Arti di Bari
Martina Franca, Masseria Palesi, 28 luglio 2018

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