Chiudi

Firenze, Grotta del Buontalenti – La Dafne

Condivisioni

L’81° Festival del Maggio Musicale Fiorentino ormai agli sgoccioli, con un’iniziativa degna del suo nome, mette in scena un lavoro degli albori del teatro musicale, genere che proprio sulle rive dell’Arno ebbe la sua genesi, in seno a una corte medicea che continuava a dettare legge nel campo delle arti ben più di quanto facesse in quello politico. Ecco dunque che si rispolvera La Dafne di Marco da Gagliano su libretto di Ottavio Rinuccini: nonostante l’opera sia stata composta per i festeggiamenti delle nozze del principe ereditario Francesco Gonzaga con Margherita di Savoia avvenute a Mantova durante il carnevale del 1608, i due autori erano quanto di più fiorentino ci potesse essere sulla piazza in quel momento, dati anche i comprovati rapporti politici e dinastici tra le due corti. Viene tuttavia qui proposta la successiva versione dell’opera inscenata tre anni dopo a Firenze nel Palazzo Corsini al Parione per Don Giovanni de’ Medici, figlio del Granduca Cosimo I. Per tale motivo vengono eseguiti come intermezzi tra le varie scene anche alcuni balli composti da Lorenzo Allegri tra il 1608 e il 1615 per la corte medicea: il direttore Federico Maria Sardelli motiva tale scelta nel programma di sala affermando che questa era una prassi documentata nelle prime esecuzioni operistiche, e tenta così di avvicinarsi a ciò che i primi spettatori potevano ascoltare in simili occasioni.

Ben si presta a rendere l’idea di divertissement altolocato la scelta di mettere in scena l’opera di fronte alla Grotta del Buontalenti, il capriccioso capolavoro architettonico manierista al limite del Giardino di Boboli, e in questo contesto si inserisce benissimo il lavoro di Gianmaria Aliverta. Il regista legge la metamorfosi di Dafne in alloro come un atto estremo per mantenere la libertà di fronte ai soprusi del mondo maschile simboleggiato da Apollo. La storia della ninfa diventa dunque l’archetipo della violenza contro il mondo femminile, che ormai conosciamo molto bene. Se l’idea può sembrare scontata, il risultato è uno spettacolo semplice e ben congegnato, condotto con sapienza scenica e un ottimo uso dei mezzi disponibili. Sopra una pedana di fronte alla facciata della Grotta, sulla quale trovano posto anche gli strumentisti posizionati accanto al Corridoio Vasariano, pochi oggetti mobili si muovono su questo palco, in particolare due letti che vengono sfruttati in ogni loro conformazione possibile, fino a divenire frondosa pedana di alloro su cui si abbandona Dafne in una posa da malinconica vergine canoviana. Lo spazio viene sfruttato al meglio, così come la cornice della Grotta, grazie anche alle suggestive luci di Alessandro Tutini. Gli interpreti si calano con naturalezza nei rispettivi ruoli, mentre i personaggi, vestiti di semplici abiti moderni, risultano connotati in modo tradizionale ma estremamente efficace: dunque un Amore adolescente ma non scontato, animato anche dai primi impulsi sessuali, una Venere bella e civetta al punto giusto, una Dafne vittima, ma consapevole di se stessa e non autocommiserativa. A rafforzare la parte attoriale e ad animare le danze di Allegri ci pensa un gruppo di sei ballerini coreografati in modo intelligente e mai superfluo da Silvia Giordano. In definitiva, una parte scenica viva e palpitante, che sfrutta bene l’inedito ambiente, e con una regia degna di essere definita tale.

Come contraltare di questa visione pessimistica si colloca la direzione di Federico Maria Sardelli a capo dell’ensemble Modo Antiquo, rafforzato da alcuni elementi di Musica Antiqua del Maggio Musicale Fiorentino. La lettura del maestro livornese è quanto di più apollineo si possa immaginare. Non vi sono discese nell’abisso o chiaroscuri eccessivi: tutto si colloca in una solida visione armonica e solare, perfettamente in linea con l’ambiente artistico fiorentino di inizio Seicento. Si tratta di una direzione sapiente e ben calibrata, un ottimo tappeto sonoro per le voci, anche se, data l’impostazione della regia, qualche nota più torbida non avrebbe guastato.

Il cast è all’altezza dell’operazione e piuttosto omogeneo, pur con i limiti dettati dall’ambiente non favorevole dal punto di vista acustico. Tutti comunque si muovono con sapienza e buona articolazione nel recitar cantando che tale repertorio richiede.
In primis si impone Leonardo Cortellazzi nel doppio ruolo di Ovidio e Apollo. Il timbro ha una patina ambrata che dona un certo fascino a una voce ben proiettata e comunque di buon volume. Il tenore inoltre fraseggia con gusto e gioca bene le carte coloristiche, costruendo in particolare un Apollo altero e sofferente al tempo stesso. Francesca Boncompagni veste con disinvoltura i panni della protagonista pur presentando un timbro leggermente aspro. Tuttavia l’articolazione della parola e la presenza scenica sono marmoree e catturano l’attenzione su una prova convincente. Cristina Fanelli è una Venere a suo agio nelle parti strettamente di recitativo, dove si lascia andare a un suadente fraseggio, un po’ meno nei concitati ariosi. Colpisce invece la spigliatezza vocale e scenica dell’Amore di Silvia Frigato. La voce non è enorme ma ben proiettata, la linea omogenea, ottima l’articolazione della parola. Alessio Tosi interpreta un buon Tirsi grazie a una voce piuttosto ampia e ben dosata, a un bel gioco di colori e a un fraseggio accurato. Ottimo e coeso è il piccolo coro composto nella parte maschile da Riccardo Pisani, che mette in mostra una voce poderosa e di bel timbro, Manuel Amati e Dario Shikhmiri. Appropriati gli interventi della più ridotta controparte femminile, Marta Pluda e Jennifer Schittino.
Alla fine della recita il pubblico applaude con convinzione tutti gli interpreti e il direttore, ma si registra qualche dissenso per il regista.

81° Maggio Musicale Fiorentino
LA DAFNE
Favola in un prologo e sei scene
Testo di Ottavio Rinuccini
Musica di Marco da Gagliano
Ricostruzione della versione rappresentata a Firenze,
in casa di Don Giovanni de’ Medici, il 9 febbraio 1611
con sei balli di Lorenzo Allegri

Ovidio/Apollo Leonardo Cortellazzi
Dafne Francesca Boncompagni
Venere Cristina Fanelli
Amore Silvia Frigato
Tirsi Alessio Tosi
Ninfa del Coro Jennifer Schittino
Seconda Ninfa Marta Pluda
Pastore del Coro I Riccardo Pisani
Altro pastore Manuel Amati
Pastore del Coro III Dario Shikhmiri

Modo Antiquo
Musica Antiqua del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Federico Maria Sardelli
Regia e scene Gianmaria Aliverta
Costumi Sara Marcucci
Coreografia e assistente regia Silvia Giordano
Luci Alessandro Tutini
Nuovo Allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Firenze, 27 giugno 2018

image_print
Connessi all'Opera - Tutti i diritti riservati / Sullo sfondo: National Centre for the Performing Arts, Pechino