Anche nel genere dell’oratorio, che non prevedeva la dimensione scenica, Händel ha saputo creare un mondo musicale intriso di grande forza drammatica e di involontaria teatralità. La conferma è venuta dall’esecuzione in forma scenica della prima versione di Esther realizzata in data unica presso il Teatro Comunale di Ferrara. Una nuova produzione che ha il merito di aver ripreso un importante titolo del compositore di Halle. Con la prima versione cameristica di Esther, un breve masque composto esattamente 300 anni fa, nel 1718, Händel inaugura quel filone sacro in lingua inglese che lo avrebbe portato decenni dopo al suo sommo capolavoro, l’oratorio The Messiah. Pur nelle sue dimensioni ridotte, la composizione mostra già alcune caratteristiche tipiche dei futuri oratori, distinguendosi per la grande inventiva melodica e la finezza della strumentazione, oltre che per la volontà di sperimentazione in un nuovo genere musicale.
Il soggetto proviene dall’Antico Testamento attraverso la mediazione di una tragedia di Racine. Nella Persia del VI secolo a. C., la giovane Esther viene scelta dal re di Persia Assuero come consorte, che non sa della sua origine ebraica. Il dramma si apre con la decisione del Primo Ministro Haman di sterminare tutti gli ebrei, realizzando così una vendetta personale contro Mordecai. Esther, contravvenendo al protocollo per cui, pena la morte, nessuno può avvicinarsi al re Assuero senza essere convocato, rivela la sua vera origine allo sposo e le macchinazioni di Haman, difendendo il suo popolo e facendone condannare il persecutore.
Nel libretto, data la mancata destinazione alla rappresentazione scenica, lo sviluppo dell’azione non procede attraverso una rappresentazione consequenziale degli eventi: troviamo una successione più libera di recitativi, arie e cori, che vanno a descrivere i momenti salienti della vicenda biblica. Gli interventi solistici e i dialoghi appaiono fortemente ritualizzati conferendo un tono più astratto e solenne al testo, mentre i cori intervengono puntualmente a commento degli avvenimenti. Il momento evocativo-liturgico ha perciò maggiore importanza rispetto alla definizione psicologica dei personaggi e allo sviluppo dell’azione.
Paradossalmente, tale apparente mancanza di drammaturgia oggi offre molte possibilità di sperimentazione teatrale. La rappresentazione ideata dal regista Marco Bellussi sviluppa in modo evocativo e affascinante la contrapposizione tra oppressi e oppressori. La scena è divisa, a sinistra, in un ampio piedistallo rialzato di colore ardesia con scalinata, dove si insediano i personaggi rappresentanti il potere politico, mentre, a destra, nello spazio più basso, si affolla il coro degli ebrei con i personaggi israeliti.
Opportunamente divisa in due parti la pur breve pièce, Bellussi mette in scena nella prima sezione la reazione degli israeliti all’annuncio dello sterminio. Come osserva il regista nelle note di sala, nella prima metà del lavoro l’azione è praticamente inesistente, comunicando claustrofobia, oppressione e statica attesa. Nella seconda parte, ha luogo la presa di coscienza di Esther, il colloquio risolutivo con Assuero e la punizione di Haman: le psicologie hanno modo di essere meglio delineate nel contrasto tra la triade dei protagonisti, che prima non avevano ancora fatto la loro apparizione sulla scena.
L’opera chiude con un coro di particolare ampiezza e complessità compositiva: un nuovo momento di statica e diametralmente opposta manifestazione di gioia. La punizione del malvagio porta a un colpo di scena: un sipario scuro semi-trasparente, che aveva coperto l’intera azione rendendo i colori di scena opachi, viene sollevato accompagnando, con il ritorno della luce, l’esplosione di giubilo del popolo ebraico. Molto importante, dunque, il gioco di luci realizzato da Marco Cazzola che asseconda in tutto le scelte del regista. Anche i costumi di Carlos Tieppo, nella loro semplicità e adesione storica, rendono suggestiva la messa in scena.
Ragguardevole la performance dell’Orchestra Accademia dello Spirito Santo: la formazione ha saputo creare un suono morbido e seducente, esaltando i numerosi interventi solistici previsti dal compositore. Il giovane direttore Nicola Valentini ha dato una lettura della partitura pulita, intimamente melodica ed espressiva, giustamente teatrale, ma anche attenta ai tratti drammatici e angosciosi.
Nel ruolo di Haman si distingue Mauro Borgioni: sin dalla prima aria il basso rivela un’ottima dizione inglese, affrontando con verità di accenti e tecnica agguerrita sia la risentita tracotanza dell’aria di apertura che le due arie patetiche del secondo atto.
Un’ottima prestazione anche per Sonia Tedla nel ruolo di Esther. Dotata di una voce omogenea, riesce a creare un senso di partecipazione emotiva e umana al personaggio, vantando un timbro gradevole e caldo. Coinvolgente l’esecuzione dell’aria “Tears assist me, pity moving”, cantata con grande attenzione verso i valori patetici di un brano di profonda commozione.
Un valido Assuero viene delineato da Luca Cervoni: sovrano stranamente mite e gentile, profondamente innamorato di Esther, è un personaggio più sentimentale che austero. Con voce timbricamente particolare, di sicura comunicativa, il tenore delinea un personaggio attraente, pur con qualche discontinuità nell’emissione.
Il controtenore Aurelio Schiavoni ha eseguito la parte del Sacerdote con professionalità e precisione. La sua voce contraltile aveva la giusta compostezza per il ruolo e, nonostante un timbro non particolarmente personale, ha saputo dare un’ottima interpretazione dell’aria “O Jordan”, accorata e tetra, con grande cura nell’espressività.
Deboli le prestazioni di Alessio Tosi nel ruolo del Primo Isreaelita (la sublime aria “Tune your harps to cheerful strain” è risultata sacrificata) e di Francesca Salvatorelli nel ruolo dell’anonima Israelita. Meglio il tenore Raffaele Giordani nel doppio ruolo di Secondo Israelita e Mordecai: le arie sono state cantate con convinzione, sebbene non siano mancate alcune imprecisioni dal punto di vista vocale.
Infine, straordinaria prova del Coro Accademia dello Spirito Santo, forse il vero punto di forza della messa in scena. Ottima nei movimenti teatrali e nella drammatizzazione, che ha reso il coro un personaggio a tutti gli effetti, la compagine diretta da Francesco Pinamonti si è distinta in tutte le pagine, scatenando l’entusiasmo in sala nell’esecuzione dell’impressionante coro finale “The Lord our enemy has slain”, pagina grandiosa e di irresistibile bellezza.
Teatro Comunale – Stagione lirica 2017/18
ESTHER
Dramma da camera (HMW 50a)
Libretto di autore ignoto
Musica di Georg Friedrich Händel
Esther Sonia Tedla
Haman Mauro Borgioni
Assuero Luca Cervoni
Donna Israelita Francesca Salvatorelli
Primo Israelita Alessio Tosi
Secondo Israelita, Mordecai Raffaele Giordani
Terzo Israelita Aurelio Schiavoni
Mimi Elisabetta Galli, Daniel Bastos, Emiliano De Lello
Orchestra e Coro Accademia dello Spirito Santo
Ensemble Strumentale Accademia dello Spirito Santo
Direttore Nicola Valentini
Maestro del coro Francesco Pinamonti
Mise en éspace Marco Bellussi
Costumi Carlos Tieppo
Light designer Marco Cazzola
Produzione Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
in occasione del terzo centenario della composizione dell’opera
Ferrara, 20 aprile 2018