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Brescia, Teatro Grande – Tosca

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Un thriller cupo e dal taglio cinematografico. Una nuova produzione di Tosca di Giacomo Puccini ha inaugurato con successo la stagione lirica del Teatro Grande di Brescia prima di prendere la strada dei teatri del circuito di OperaLombardia e del teatro di Reggio Emilia. Spettacolo per certi versi tradizionale, per altri ardito, quello concepito dal regista Andrea Cigni, chiuso negli spazi claustrofobici di pareti che costringono gli interpreti a incombere quasi sull’orchestra e sul pubblico. Il punto di vista è sempre sghembo e questo non fa che accentuare la drammaticità del racconto.
Nel primo atto, lo scenografo Dario Gessati divide lo spazio scenico con una grande cancellata dietro la quale si cela, cupa, una statua della Vergine che, sugli accordi conclusivi del Te Deum, si rivelerà essere quella di un Compianto, con una smorfia di accentuato dolore su un viso vecchio e stanco. Nel secondo atto, un’alta parete soffoca i disperati tentativi di Tosca di sfuggire al sordido abbraccio di Scarpia, mentre nel terzo, Castel Sant’Angelo è evocato solo da una scalinata che sembra affacciarsi sul nulla di un cielo agitato da inquietanti nubi grigie.
È come se si fosse trascinati dentro le spire di un progetto criminale, quello concepito dalla mente diabolica di Scarpia, dalla sua perfidia e dalla sua lussuria, sicché il lancio nel vuoto finale della protagonista risulta come una liberazione. Giocano un ruolo fondamentale, in questa prospettiva, le luci sfumate e cangianti di Fiammetta Baldiserri, capaci di amplificare i sentimenti dei protagonisti e di donare loro maggiore consistenza plastica.
La regia di Cigni lavora a fondo sulla gestualità degli interpreti per restituire in modo vivido e teso il dipanarsi della narrazione, seguendo con precisione le indicazioni del libretto ma offrendo anche spunti inediti (penso in particolare a quel tratto di ironia che caratterizza l’interazione tra il sagrestano e Cavaradossi nel primo atto). I bellissimi costumi di Lorenzo Cutùli spostano l’azione agli anni Ottanta dell’Ottocento e si fanno apprezzare soprattutto nel solenne finale primo. L’impressione generale è che tutto il team di questa Tosca abbia svolto un accurato lavoro sull’interpretazione e che tale lavoro sia stato anche fortemente condiviso con il direttore Valerio Galli. Pucciniano d’elezione, quest’ultimo, sul podio di un’orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano in ottima forma, mostra di conoscere bene e di amare questa magnifica partitura. La sua lettura è tesa e vibrante, in grado di rendere ragione di quella complessità di scrittura che incantò anche Mahler: si concentra ed esplode in smaltati contrasti dinamici e timbrici nei momenti di maggior concitazione, ma al contempo sa anche farsi ideale tappeto sonoro allo sciogliersi del canto nelle romanze ove rifulge la sublime ispirazione melodica pucciniana. Il colore del suono è spesso ambrato, corrusco, soprattutto nelle pagine di pittura strumentale che raccontano una Roma decadente e pregna di bellezza, dove la carne e lo spirito, la devozione e le idealità, il potere e la passione si scontrano e si fondono in un affresco di potente emotività.

Virginia Tola è una Tosca scenicamente efficace, di bella presenza e grande partecipazione emotiva (molto intenso il “Vissi d’arte”). La sua interessante voce di soprano lirico, tuttavia, appare non perfettamente a fuoco, soprattutto nei gravi; non sempre, poi, lo strumento risponde alle intenzioni dell’interprete, e nel terzo atto accusa un vibrato un po’ fastidioso. Il Cavaradossi di Luciano Ganci è invece pienamente convincente per disinvoltura sulla scena e per una voce di schietto tenore lirico italiano, morbida, scura, omogenea, usata con grande proprietà e piena consapevolezza interpretativa, dagli acuti svettanti e ben proiettati alle sfumature. Nelle due arie esibisce un ottimo legato e, in “E lucevan le stelle”, l’interprete è emozionante, tanto che il pubblico gli tributa l’applauso più lungo e fragoroso della serata. Parimenti perfetto, sia vocalmente che scenicamente, nel ruolo del viscido e untuoso Scarpia appare Angelo Veccia, la cui voce chiara e rotonda assume una patina di sfumata fastidiosità che sembra amplificare il carattere del personaggio. Ben timbrata e ampia la voce del sacrestano di Nicolò Ceriani, così come bene hanno fatto Nicola Pamio (Spoletta), Luca Gallo (Cesare Angelotti) e Stefano Cianci (Sciarrone).
Ottima la prova del coro di OperaLombardia, diretto da Diego Maccagnola, e le voci bianche dei Piccoli Musici di Casazza, istruiti da Mario Mora.

Teatro Grande – Stagione d’opera e balletto 2018
TOSCA
melodramma in tre atti di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
dal dramma La Tosca di Victorien Sardou
Musica di Giacomo Puccini

Floria Tosca Virginia Tola
Mario Cavaradossi Luciano Ganci
Il barone Scarpia Angelo Veccia
Cesare Angelotti Luca Gallo
Il Sagrestano Nicolò Ceriani
Spoletta Nicola Pamio
Sciarrone Stefano Cianci

Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coro OperaLombardia
Coro di voci bianche I Piccoli Musici di Casazza
Direttore Valerio Galli
Maestro del coro Diego Maccagnola
Maestro del coro di voci bianche Mario Mora
Regia Andrea Cigni
Scene Dario Gessati
Costumi Lorenzo Cutùli
Luci Fiammetta Baldiserri
Nuovo allestimento
Brescia, 28 settembre 2018

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