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Arezzo, Anfiteatro romano – La bohème

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Torna l’opera lirica ad Arezzo: dopo una lunga assenza, la città toscana ospita finalmente una kermesse operistica in piena regola. Grazie alla collaborazione tra l’amministrazione aretina e la Fondazione Puccini di Torre del Lago, sono state organizzate due rappresentazioni nell’ambito del 64° Festival Puccini presso l’Anfiteatro romano della città. Il cartellone comprende due titoli particolarmente amati dal pubblico: La bohème e Tosca.
Pur vantando un patrimonio culturale e artistico di prim’ordine, il rapporto di Arezzo con l’opera è caratterizzato da una certa discontinuità. Il Teatro Petrarca, virtualmente suo luogo di elezione, è rimasto chiuso per molti anni e l’ultima rappresentazione operistica degna di rilievo è stata L’amore ingegnoso di Paisiello nel 2003. Successivamente, hanno avuto luogo soltanto sporadiche rappresentazioni all’aperto e, l’anno scorso, alcuni spettacoli nell’ambito di un festival nato in collaborazione con il conservatorio di Oberlin. Troppo poco per una città che ha sempre puntato a conquistarsi il titolo di “città della musica”, avendo dato i natali a Guido Monaco e ospitando ogni anno numerose iniziative musicali (in altri generi).

La bohème, primo titolo in programma, è stata rappresentata il 5 agosto scorso. Il libretto di Giacosa e Illica, tratto da un fortunatissimo romanzo di Murger Scènes de la vie de Bohème, descrive la vita studentesca, o scapigliata, per usare l’espressione propria della nostra letteratura, della Parigi ottocentesca, permettendo a Puccini di alternare scene di grande intensità sentimentale (la storia d’amore di Mimì e Rodolfo e, parallelamente, quella di Marcello e Musetta) con suggestivi squarci di realismo urbano. Lo spettacolo ideato dal regista Lev Pugliese, che firma anche scene e costumi, si risolve in una rappresentazione all’insegna della tradizione, caratterizzata da una certa cura per il dettaglio dei movimenti scenici e del realismo interpretativo. Se nel primo e nel quarto atto la scena mostra una semplice soffitta con un sobrio arredo d’epoca e, sullo sfondo, abbozzati, “i comignoli di Parigi”, il secondo atto descrive la vita nelle strade cittadine, creando, grazie alla proiezione di immagini d’epoca in bianco e nero, un piacevole contrasto con i colori vivacissimi dei costumi di scena. Il terzo, ambientato in una mattina brumosa invernale, mostra una scena disadorna con un albero spoglio che si inserisce in un elegante origami di rami secchi proiettato sul fondale. I costumi sono facilmente contestualizzabili nell’epoca storica in cui è ambientata la vicenda e sono piuttosto sobri, con l’eccezione delle scene corali del secondo atto, dove dominano maggiori note di colore.

Per quanto riguarda la compagnia di canto, Tinatin Mamulashvili delinea una Mimì non particolarmente appassionata, timida e remissiva. La voce è caratterizzata da limpidezza, omogeneità di emissione e un fraseggio appropriato; a volte, tuttavia, il timbro non è particolarmente screziato e il personaggio non viene troppo scavato psicologicamente. Gli accenti migliori vanno trovati nei momenti più intimi e sofferenti, come nel terzo e nel quarto atto: in questi casi, il soprano gioca molto sui pianissimo e su un canto sobrio e cristallino. Il tenore George Oniani non riesce sempre a delineare un Rodolfo efficace e appassionato, nonostante gli sforzi attoriali e una grande capacità nel lavoro di squadra. La voce, dotata di un timbro non sempre piacevole, ha avuto alcune difficoltà di emissione nel registro alto, rendendo il canto sforzato e impreciso. Il soprano Katerina Kotsou, pur in presenza di alcune imprecisioni, delinea una Musetta giustamente impudente e sfacciata nel celebre valzer “Quando men vo”, per poi esibire il fascino timbrico della sua voce nella preghiera del quarto atto. Una scelta interpretativa che sottolinea la crescita psicologica del personaggio ben realizzato a livello attoriale. Il Marcello delineato da Mauro Bonfanti è irreprensibile dal punto di vista scenico, descrivendo un personaggio umano, impulsivo ma bonario al tempo stesso. La voce è molto limpida e gradevole e il baritono esegue la sua parte con grande scorrevolezza e accuratezza. Il ruolo di Colline è affidato a Aleksandar Stamatovic, che, sfortunatamente, non centra il personaggio sia a causa di una voce non particolarmente duttile e adatta al ruolo, sia per la mancanza di quella sorniona ironia che dovrebbe caratterizzare il filosofo della compagnia. Al contrario, a suo agio sia a livello scenico che vocalmente, si rivela il baritono Daniele Caputo, che sa dare brillantezza e senso dell’umorismo al ruolo di Schaunard. Corretta l’esibizione di Claudio Ottino nei ruoli di Benoît e Alcindoro.

Per quanto riguarda la direzione, Alberto Veronesi accompagna in modo discreto e funzionale la rappresentazione. L’Orchestra dell’Opera di Tbilisi è compatta ed efficiente, mostrando un suono morbido e una certa ricercatezza timbrica, anche se l’esecuzione non è smagliante e incisiva nei momenti maggiormente patetici. Complice il taglio direttoriale, risaltano per accuratezza soprattutto le pagine a carattere sinfonico o dotate di un maggiore gioco strumentale, che mettono in luce una volta in più la capacità di Puccini di aggiornarsi e dialogare intensamente con la contemporanea musica europea.
Lo spettacolo ha registrato un lusinghiero sold out ed è stato molto apprezzato dal pubblico, che ha tributato ovazioni ai cantanti, al direttore e al regista.

Anfiteatro romano di Arezzo – 64° Festival Puccini 2018
LA BOHÈME
Opera in quattro quadri
Libretto di Giuseppe Giacoa e Luigi Illica
Musica di Giacomo Puccini

Mimì Tinatin Mamulashvili
Musetta Katerina Kotsou
Rodolfo George Oniani
Marcello Mauro Bonfanti
Schaunard Daniele Caputo
Colline Aleksandar Stamatovic
Benoit/Alcindoro Claudio Ottino
Parpignol Mentore Siesto

Orchestra  del Teatro dell’Opera di Tbilisi
Direttore Alberto Veronesi
Coro Ars Lirica
Coro delle voci bianche del Festival Puccini diretto da Viviana Apicella
Regia, scene e costumi Lev Pugliese
Luci Giuseppe Calabrò
Arezzo, 5 agosto 2018

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