Se non fosse per il Palazzetto Bru Zane a Venezia, certo repertorio in Italia non si ascolterebbe mai. Con quest’idea il pubblico entra nel salone da ballo per gustare una serata dal titolo inequivocabile: I fiori malandrini, canzoni licenziose da caffè-concerto. A cavallo tra Ottocento e Novecento si sviluppa una letteratura musicale che ammicca alla sensualità, più o meno spinta, repressa fino a quel momento dall’imperante morale borghese. L’operetta, genere di punta nella Francia del Secondo Impero e della Terza Repubblica, vivacizza i propri canti sfrenati con testi scandalosi che solleticano la blanda pruderie, ninnolo dietro il quale si nascondono molti irrefrenabili libertini e futuri dandy. Andare a teatro, o sorbire qualche bevanda ai cafè, oltre alla dorata evasione consente anche di sfogare una libido repressa cui ammiccano i termini espliciti e i ritmi incandescenti. Il fascino femminile esercita un’influenza fisica e mentale sul mondo d’allora, dominato dall’uomo, dai suoi impulsi e dalle esigenze d’evasione.
Il programma approntato per il concerto fuori festival è mosso da uno spirito gaudente e vivace che pervade i diciannove brani proposti. Molti dei testi sono al limite della pornografia: ricorrono termini quali “piacere”, “eccita”, “sensazioni”, “leccato”, “posseduto”, versi del tipo “l’amore ho fatto come se facessi / una strage, a graffi e morsi, urlando” e così via. Il tutto accolto in sala da ghigni e risatine che la regia sagace di Victoria Duhamel sa ben stimolare, con il coinvolgimento di strumentisti e cantanti, in un’orgia di travestimenti, ammiccamenti, danze e canto.
Molti sono i compositori chiamati in causa per celebrare l’amore in tutte le sue declinazioni. Tra i più noti vi sono Jules Massenet, Ernest Chausson, Arthur Honneger, Reynaldo Hahn, Charles Lecocq, Hervé, André Messager. Ma colpiscono anche i lavori di molti altri, cosiddetti minori, che guardano a Offenbach (“Qu’est-ce que j’ai” di Henri Christiné) e, più in generale, all’operetta (“Viens dans mon aéroplane” di Harry Fragson con testo, molto piccante e divertente, del già citato Christiné) o ai ritmi jazzistici, votati alla liberazione dei corpi, al fox-trot e all’immancabile valzer. Caratteristiche, queste ultime, di chansons come “Les Archers du Roy – chanson de cape et d’épée” di Joseph Gey, “Phi-Phi: Duo des souvenirs” ancora di Christiné, l’allusiva e pungente “La Violoncelliste” di Claude Normand e l’audace “Les Nuits d’une demoiselle” di Raymond Legrand che decanta, con vivide metafore, una lunga serie di pratiche sessuali per giungere alla sintomatica chiusura “di giorno faccio sesso, tutto qua”.
Le due soliste sono abilissime nel rendere alla perfezione questo repertorio misconosciuto. Il soprano Norma Nahoun, spesso in abiti maschili durante il concerto, canta con gusto ma, soprattutto, interpreta i passaggi scabrosi con la più naturale disinvoltura, suscitando ulteriore ilarità nel pubblico. La collega Marie Gautrot è impeccabile in scena, divertente e sagace, capace di trasformismi subitanei. Il fraseggio, ironico e sottile, viene risaltato da una vocalità corposa e omogenea, valorizzata da un timbro suadente che si apprezza nell’“Hymne à Vénus” di Augusta Holmès.
Del pari preziosi i contributi dell’ensemble I Giardini, costituito da Pauline Buet, violoncello, e David Violi, pianoforte. Entrambi, tecnicamente agguerriti, sanno reggere il gioco arguto di un programma così vivace e particolare. Intervengono, in prima persona, nella “Folâtrerie” di Fernand Heintz, intonando divertiti i piacevoli versi di Édouard Valette e denotando un’intesa perfetta.
Partecipa allo spettacolo anche la voce fuori campo di Julien Gobin che, in un italiano dalla buffa pronuncia francesizzata, conduce il pubblico attraverso le spire amorose di una serata effervescente.
Il concerto farà tappa anche a Berlino, dove il Palazzetto Bru Zane sta per avviare un nuovo festival. Successo travolgente al termine della serata e apprezzamenti per tutti gli artisti.
In copertina: David Violi e Pauline Buet – Photo credit: Stanislas Alleaume
Palazzetto Bru Zane
I FIORI MALANDRINI
Canzoni licenziose da caffè-concerto
1 – Jules Massenet, Poème d’amour n° 6: «Oh! ne finis jamais» (parole di Paul Robiquet – 1879)
2 – Henri Christiné, PLM: «Qu’est-ce que j’ai» (parole di Rip – 1925)
3 – Louis-Antoine Dubost: Auguste – lamentation conjugale (parole di Louis Battaille – 1870 ca.)
4 – Ernest Chausson: Le Colibri (parole di Charles-Marie-René Leconte de Lisle – 1882)
5 – Harry Fragson: Viens dans mon aéroplane (parole di Henri Christiné – 1909)
6 – Roland Petit et Pierre Petit: J’suis venue nue (parole di Jean-Pierre Grédy – 1953)
7 – Joseph Gey: Les Archers du Roy – chanson de cape et d’épée (parole di Georgius – 1918)
8 – Augusta Holmès: Hymne à Vénus (testo anonimo – 1894)
9 – Arthur Honegger, Les Aventures du Roi Pausole: Air de Giglio (parole di Albert Willemetz – 1930)
10 – Reynaldo Hahn, Brummel: Couplets de Lady Eversharp (parole di Rip & Robert Dieudonné – 1931)
11 – Charles Lecocq, Chansons d’amour: Cueillette (parole di Georges Dupré – 1900)
12 – Hervé, La Nuit aux soufflets: Couplets de la Duchesse (parole di Adolphe Philippe d’Ennery & Paul Ferrier – 1884)
13 – Fernand Heintz: Folâtrerie (parole di Édouard Valette – 1931)
14 – Henri Christiné, Phi-Phi: Duo des souvenirs (parole di Albert Willemetz & Fabien Sollar – 1918)
15 – André Messager, L’Amour masqué: «J’ai deux amants» (parole di Sacha Guitry – 1923)
16 – Léo Daniderff: J’ai fait des bleus sur ta peau blanche (parole di Gaston Couté – 1901)
17 – Claude Normand: La Violoncelliste (parole di Albert Willemetz & Jean Le Seyeux – 1957)
18 – Raymond Legrand: Les Nuits d’une demoiselle (parole di Guy Breton & Colette Renard – 1963)
19 – Jane Vieu, Salomette: Après l’amour (parole di Jean Séry – 1911)
Norma Nahoun soprano
Marie Gautrot mezzosoprano
Julien Gobin voce fuori campo
I GIARDINI
Pauline Buet violoncello
David Violi pianoforte
Victoria Duhamel regia
Venezia, 30 novembre 2017