Si torna ai grandi classici per il terzo titolo del 63° Festival Pucciniano sulle rive del Lago di Massaciuccoli. Dopo La rondine, ecco dunque La bohème nell’allestimento del 2003, noto soprattutto per le scene di Jean-Michel Folon, che libera lo spazio da ogni dettaglio superfluo. L’impianto è costituito da una grande tavolozza coloratissima e da una enorme tela in fondo alla scena che blocca la vista sul lago; qui vengono proiettate giocose immagini, alcune un po’ naïf, create dallo stesso artista, con l’eccezione di alcune opere di famosi pittori di inizio Novecento durante il primo quadro, messe in fila quasi come un PowerPoint per una lezione di storia dell’arte. Sulla tavolozza vengono di volta in volta disposti pochi elementi scenici per configurare le ambientazioni suggerite nel libretto. I personaggi, in abiti ottocenteschi ideati da Cristina Da Rold, si muovono così come dei lillipuziani in un mondo artistico più grande di loro. Peccato che la regia vera e propria, curata da Maurizio Scaparro, sia convenzionale e spesso statica. I movimenti sono poco sciolti e stereotipati, e anche le masse non risultano gestite in maniera fluida, limitandosi a cantare al proscenio e a sventolare bandierine. Qualche momento riuscito c’è, come la scena di seduzione di Musetta che lancia fiori al tavolo di Marcello subito dietro, ma non basta certo a salvare tutto lo spettacolo. Si tratta insomma di un allestimento poco incisivo, con un’idea scenografica carina, ma non originale, in quanto già sviluppata nel 2001 a Bregenz da Richard Jones con ben altri risultati drammaturgici e una carica poetica raramente eguagliata, specie nell’ambito degli spettacoli operistici all’aperto.
La direzione di James Meena non risulta particolarmente fantasiosa, dovendo più che altro fare i conti con l’acustica del luogo e una Orchestra del Festival Puccini un po’ recalcitrante e non fluidissima. Tuttavia ha il pregio di non sommergere i cantanti con bordate di suono eccessive e di garantire sempre compattezza e coerenza nell’esecuzione. Non guasterebbe qualche colore in più nei primi due quadri, mentre gli ultimi due risultano maggiormente ispirati e avvincenti: bellissimo ad esempio l’accompagnamento terso e sospeso di “Sono andati?”. Precisi e puntuali gli interventi del coro e delle voci bianche del Festival Puccini.
Per quanto riguarda il cast, tutti gli occhi sono puntati sul Rodolfo di Piotr Beczala, che porta a Torre del Lago uno dei suoi ruoli feticcio, con cui già ha calcato i maggiori palcoscenici del mondo, da Salisburgo a New York. Fin da subito si impone per la scioltezza con cui affronta tutta la recita. La voce è ampia e colpisce per gli acuti generosi e squillanti, presi con una sicurezza invidiabile, ma anche per l’omogeneità dell’emissione in tutti i registri. L’interprete si disimpegna in modo apprezzabile nel canto di conversazione, fraseggia bene e ha una dizione pulita. La sua prova è sicuramente la migliore della serata.
Purtroppo il tenore non trova una degna compagna nella Mimì di Karine Babajanyan, dotata di voce non dirompente e di un timbro avaro di colori. Si dimostra a fuoco nel registro centrale, mentre in basso perde di compattezza e gli acuti risultano a volte un po’ striduli, come quello nella chiusura di “O soave fanciulla”. Anche il fraseggio non è dei più fantasiosi, ma migliora nel corso della recita, con alcune intuizioni interessanti nel terzo quadro. La sua si configura insomma come una esecuzione corretta e poco più.
Elisabetta Zizzo risolve il personaggio di Musetta in modo più convincente, e con una discreta disinvoltura. La voce prende corpo soprattutto in zona acuta, dove la cantante riesce sempre a giocare con scioltezza e musicalità. Ciò non le impedisce di risultare pienamente credibile e appassionata nella preghiera finale.
Degno contraltare maschile risulta il Marcello di Raffaele Raffio. Dotato di voce corposa e piuttosto duttile, dalla linea sicura, il baritono si distingue principalmente per il fraseggio molto curato che gli permette di rendere in modo ottimale il suo personaggio.
Gianluca Breda sostituisce Carlo Colombara nel ruolo di Colline, mettendo in luce uno strumento corposo e omogeneo, ma con generica espressività, come nel caso della “Vecchia zimarra”. Francesco Baiocchi invece disegna Schaunard con un buon fraseggio e una voce che acquista corpo durante la recita. Il resto del cast risulta ben caratterizzato, dal Benoit di Claudio Ottino all’Alcindoro di Armando Ariostini. Buoni gli interventi di Francesco Napoleoni (Parpignol), Andrea Del Conte (Sergente dei doganieri) e Alessandro Biagiotti (doganiere).
Gran Teatro Giacomo Puccini – 63° Festival Puccini 2017
LA BOHÈME
Scene liriche in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Musica di Giacomo Puccini
Mimì Karine Babajanyan
Musetta Elisabetta Zizzo
Rodolfo Piotr Beczala
Marcello Raffaelle Raffio
Schaunard Francesco Baiocchi
Colline Gianluca Breda
Benoit Claudio Ottino
Alcindoro Armando Ariostini
Parpignol Francesco Napoleoni
Sergente dei doganieri Andrea Del Conte
Un doganiere Alessandro Biagiotti
Orchestra e Coro del Festival Puccini
Coro delle voci bianche del Festival Puccini diretto da Viviana Apicella
Direttore James Meena
Maestro del coro Salvo Sgrò
Regia Maurizio Scaparro
Scene Jean-Michel Folon
Costumi Cristina Da Rold
Disegno luci Davide Ronchieri
Allestimento della Fondazione Festival Puccini
Torre del Lago, 21 luglio 2017