Vienna, 1791. È l’ultima primavera della sua vita, ma questo Wolfgang Amades Mozart non può saperlo e sceglie di musicare un soggetto che, sebbene risulti distante da quelli della trilogia dapontiana, passerà alla gloria per la sua luminosa bellezza e originalità. Una favola, che è anche un percorso iniziatico, su libretto di Emanuel Schikaneder, un impresario teatrale con la passione per gli spettacoli dai lauti incassi e ricchi di effetti speciali.
Mozart, non sappiamo bene se per necessità economiche o perché comincia a sentirsi in qualche modo estraneo al mondo, fa così un tuffo nel fantastico e nello spirito della cultura del suo tempo, mettendo in musica uno Zauberstück, spettacolo del meraviglioso concepito per stupire il pubblico e non per edificarlo. Un ritorno ludico all’infanzia che genera quasi un senso di sbalordimento se pensiamo che fra le opere coeve ritroviamo La Clemenza di Tito e il Requiem.
Die Zaüberflote, Singspiel in due atti con 21 numeri musicali molto vari, nasce non per un teatro di corte ma per il periferico Theater Auf der Wieden ed è frutto della crescente familiarità tra il suo librettista e il genio di Mozart, che in quest’opera mette in musica la ricerca della conoscenza attraverso un percorso ricco di immagini fantastiche che affonda le sue radici nella vulgata misteriosofica massonica, diffusasi in Europa a partire dal 1731 con la pubblicazione dell’opera Séthos, Histoire ou vie, tirée des monuments, anecdotes de l’ancienne Egypte dell’abate Terrasson.
Nel settembre del 1791 Mozart si consegna al mondo con una scrittura che può realmente intendersi per contenuti, lingua e stile in perfetta concordanza con lo Zeitgeist della fine del XVIII secolo. Naturalmente sarà un trionfo, tanto che Schikaneder penserà subito a un sequel.
Il flauto magico torna al Teatro Regio di Torino nell’allestimento del 2014, con la regia di Roberto Andò ripresa da Riccardino Massa. Il regista palermitano sceglie di non indugiare troppo sulla ritualità massonica e preferisce mettere in primo piano l’aspetto fiabesco del percorso di Tamino alla ricerca della verità e della donna a lui promessa dalle dame inviate dalla Regina della notte. Una regia dunque tradizionale, ma non scontata, che riesce a utilizzare una serie di espedienti che posizionano l’intero spettacolo nel solco originario della Zaüberoper. La rappresentazione risulta ricca ma non ridondante, tutta calibrata sulla distinzione tra luce e oscurità, con cambi di scena continui caratterizzati da un’abbondanza di elementi scenografici che divengono ora onirici all’apparire del serpente del primo atto, ora prodigiosi nel corso della prima aria di Astrifiammante. Ma a rendere la regia di Roberto Andò definitivamente convincente c’è un altro elemento che non viene mai meno nel corso di tutto lo spettacolo: l’interazione attori/pubblico con la conseguente invasione della platea che diventa spazio scenico, un ponte continuo che non sminuisce la ieraticità della rappresentazione, ma la rende presente qui e ora.
Le chiavi di questo effetto così coinvolgente sono affidate in particolare al personaggio dell’uccellatore, interpretato da Markus Werba. Applaudito sin dal suo ingresso in sala, il baritono austriaco porta in scena la canzonatoria spensieratezza di Papageno con una disinvoltura scenico-musicale ragguardevole. Preciso nell’esecuzione, l’interprete domina perfettamente il ruolo.
Nei panni di Tamino, Antonio Poli disegna un principe convincente. Dotato di un timbro luminoso, asseconda con perizia la linea di canto riservata da Mozart al personaggio: particolarmente apprezzabili gli acuti che risultano pieni e rotondi, ben controllati e caratterizzati da un’emissione fluida.
Pamina è Ekaterina Bakanova: il soprano russo delinea una principessa dotata di uno strumento vocale capace di una linea morbida, sinuosa, di suoni omogenei e accurati. Quando la musica e la scena lo richiedono, riesce a interpretare con perizia anche i momenti più drammatici, come la desolazione di Pamina rifiutata da Tamino tenuto al silenzio.
Nei panni della Regina della Notte Olga Pudova, ormai consolidata nel ruolo della Regina della notte. Sebbene non si imponga con una forte personalità scenica, il soprano riesce a delineare l’immagine di una donna algida, distaccata e avida di potere. Vocalmente risulta molto più convincente nella prima aria che nella più conosciuta “Der Hölle Rache”, eseguita comunque con la necessaria agilità e un’emissione tecnicamente corretta.
La voce di Sarastro è quella di Antonio Di Matteo. Il basso, che sostituisce Kristinn Sigmundsoon, assente dalla scena per motivi di salute, si dimostra ampiamente all’altezza del ruolo. Di Matteo esibisce una voce caratterizzata da un timbro particolarmente scuro, dalle emissioni ben calibrate. Grazie alla presenza scenica autorevole, riesce a disegnare la figura di un autentico deus ex machina della vicenda. Da sottolineare la nitidezza e la precisione nell’esecuzione dell’aria “In diesen heil’gen Hallen”, premiata dagli applausi del pubblico.
Piuttosto rigido risulta invece il personaggio di Monostato intepretato da Cameron Becker, che porta sul palco un moro dai tratti caratteristici fortemente stereotipati e che, in qualche passaggio, risulta non sempre sorretto da una corretta emissione. Perfettamente complementare al Papageno di Markus Werba, Elisabeth Breuer riesce a disegnare efficacemente il personaggio di Papagena soprattutto nel passaggio da vecchina dal passo malfermo a quello di futura mamma di tanti papagheni. Una nota di apprezzamento va riservata all’armonioso amalgama musicale portato in scena dalla tre dame impersonate da Sabina von Walther, Stefanie Irány ed Eva Vogel. Inappuntabili gli interventi del Coro curati da Claudio Fenoglio, cui va anche il merito di aver reso poetiche le apparizioni delle tre voci bianche.
Non rimane che accennare alla direzione di Asher Fisch. Il maestro israeliano maneggia con competenza il caleidoscopio musicale mozartiano fin dalle prime note dell’ouverture. La sua conduzione non risulta mai impersonale e mette sempre in primo piano la ricchezza della partitura con un accompagnamento costantemente dinamico, preciso nei tempi, ricco di nuances musicali, sottolineando con puntualità gli snodi drammatici della rappresentazione.
Il pubblico accoglie con calore ed entusiasmo tutti gli artefici della produzione torinese.
Teatro Regio – Stagione d’Opera 2016-2017
DIE ZAÜBERFLOTE
Singspiel in due atti di Emanuel Schikaneder
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Pamina Ekaterina Bakanova
Tamino Antonio Poli
Regina della Notte Olga Pudova
Sarastro Antonio Di Matteo
Papageno Markus Werba
Una vecchia (Papagena) Elisabeth Breuer
Prima dama Sabina von Walther
Seconda dama Stefanie Irányi
Terza dama Eva Vogel
Monostatos Cameron Becker
Primo fanciullo Valentina Escobar
Secondo fanciullo Lucrezia Piovano
Terzo fanciullo Giorgio Fidelio
Oratore e Primo sacerdote Roberto Abbondanza
Secondo sacerdote e Primo armigero Cristiano Olivieri
Una voce e Secondo armigero Luciano Leoni
Orchestra e Coro del Teatro Regio
Direttore Asher Fisch
Maestro del coro Claudio Fenoglio
Regia Roberto Andò
ripresa da Riccardino Massa
Scene e luci Giovanni Carluccio
Costumi Nanà Cecchi
Direttore dell’allestimento Paolo Giacchero
Allestimento Teatro Regio
Torino, 21 maggio 2017