A un anno dall’esordio sulle rive del Meno, arriva a Oslo la notevole coproduzione dell’Opera di Francoforte e dell’Opera Norvegese di Wozzeck di Alban Berg. In questo testo chiave per l’avanguardia musicale del Novecento, l’autore, partendo dalle scene dell’incompiuto Woyzeck di Georg Büchner, costruisce un dramma compatto dove, sul tenue stereotipo melodrammatico di amore, gelosia e morte, viene esposta una vicenda di violenta sopraffazione sociale, sadismo, militarismo disumanizzante e follia.
Christof Loy, indubbiamente uno dei registi più interessanti nel panorama internazionale, lavora a fondo sugli aspetti psicanalitici dei personaggi, conducendo per mano l’ascoltatore attraverso il progressivo degrado psicologico del protagonista lungo i sedici tableaux musicali che compongono l’opera. La scena bidimensionale di Herbert Murauer è svuotata di ogni elemento scenico, concentrando tutta l’attenzione sulle figure umane che popolano il palco. I personaggi vengono isolati e compattati in spazi angusti definiti da grigie pareti verticali, quasi fossero oggetti esposti in un freddo catalogo. Il richiamo all’astrattismo e alla decomposizione visiva operato dai movimenti artistici coevi all’opera e presenti nel percorso artistico di Berg, dal Blaue Reiter al Bauhaus, offre un chiaro collegamento tra la scena e l’azione, rendendo tangibile il progressivo deterioramento dei rapporti empatici tra uomo e uomo, tra l’uomo e se stesso.
Nel seguirsi delle scene, è l’intero genere umano a essere umiliato e sconfitto dalla violenza del potere. Sono solo corpi senza più personalità, privi di abiti dignitosi, quelli che si accostano l’un l’altro nella scena della caserma, dove Wozzeck piomberà nel fatale delirio della follia, dopo essere stato deriso e selvaggiamente malmenato dal Tamburmaggiore.
Le scelte cromatiche dei costumi aiutano a definire coerentemente la struttura visiva della scena. Se i due protagonisti son accompagnati da colori vivi, quali il rosso di Marie e l’arancione di Wozzeck, di contro si staglia il grigio dominante nelle grottesche figure del Dottore e del Capitano, e il nero militare del violento Tamburmaggiore. Come in un quadro di Mondrian, Wozzeck e Marie perderanno progressivamente i tratti umani per trasformarsi in indefinite macchie di colore, che la luce malsana che accompagna l’omicidio di Marie cancellerà definitivamente per lasciare all’occhio dello spettatore mere silhouettes nere ormai prive di ogni umanità (le luci sono di Olaf Winter).
Solo uno squarcio di umanità resiste a tale violenza sociale, e appare nella scena della taverna. È l’umanità degli ultimi, dei derelitti e degli straccioni, una malinconica evocazione della Berlino di Brecht e di Isherwood, dove le persone ancora si amano, fanno musica, dividono una bottiglia – in altre parole: affrontano titanicamente il dramma quotidiano dell’essere vivi.
In definitiva, un allestimento di altissimo valore estetico e concettuale: i sovrintendenti dei teatri italiani che vogliano osare un titolo non banale nelle prossime stagioni farebbero bene a tenerlo d’occhio.
La resa musicale dell’opera regge agevolmente il durissimo confronto con la sontuosità scenica del presente allestimento. Wozzeck è un impervio banco di prova per i più grandi baritoni, e Audun Iversen, già ottimo Wozzeck nel primo allestimento di questa produzione a Francoforte nel 2016, supera se stesso, offrendo una performance magistrale sia dal punto di vista vocale che da quello scenico. La voce è calda nei centri e ampia negli acuti, capace di modulazioni sonore importanti, dai piani ai fortissimi, mai urlati. La combinazione del calore vocale e della recitazione impeccabile lo rendono un Wozzeck in cui lo spettatore difficilmente non può identificarsi e connettersi emotivamente.
Iversen è a sua volta sostenuto dalla coinvolgente lettura orchestrale di Lothar Koenigs. Il direttore tedesco abbandona letture eccessivamente analitiche della partitura, per esaltare i frammenti sorprendentemente melodici che affiorano dalla scrittura avanguardistica. Le sedici forme musicali che si susseguono formano un arco musicale sempre in tensione che si rilascia solo alle ultime note in pianissimo che chiudono lo spettacolo. L’orchestra segue il direttore offrendo una prova decisamente superiore al suo (pur alto) standard. Il “cantare” orchestrale, a volte il punto debole della compagine norvegese, viene esaltato dalle scelte estetiche di Koenigs, e la sincronia tra i reparti è pressoché perfetta.
Riguardo le altre voci, il soprano lituano Asmik Grigorian, che disegna una dolente ma mai lamentosa Marie, offre un perfetto contraltare femminile alla prova di Iversen. La scelta di due cantanti dalle caratteristiche vocali simili, quali il timbro caldo, la capacità di superare facilmente il volume orchestrale, e il controllo perfetto della voce, ha indubbiamente contribuito a creare coesione nella resa scenica e musicale. Meritano una menzione speciale Henrik Engelviksen, il Tambumaggiore, Frode Olsen, il Dottore, e soprattutto l’isterico Capitano di Thor Inge Falch, che a parte un paio di falsetti un po’ strozzati, si destreggia in modo egregio in una tra le parti vocali più difficili del repertorio per tenore caratterista. Completavano l’ottimo cast Thorbjørn Gulbrandsøy, Anders, Tone Kummervold, Margret, Eivind Kandal e Yngve Søberg, primo e secondo apprendista, e Martin Wölfel, il matto.
La prima rappresentazione ha registrato un teatro quasi tutto esaurito, nonostante il titolo non sia nel cartellone in abbonamento, e un calorosissimo successo sia per i cantanti che per il direttore e la squadra di regia.
Teatro dell’Opera Norvegese – Stagione lirica e balletto 2017/18
WOZZECK
Opera in tre atti
Libretto e musica di Alban Berg
Wozzeck Audun Iversen
Marie Asmik Grigorian
Il Capitano Thor Inge Falch
Il Medico Frode Olsen
Tamburmaggiore Henrik Engelsviken
Margret Tone Kummervold
Primo apprendista Yngve Søberg
Secondo apprendista Eivind Kandal
Il matto Martin Wölfel
Orchestra dell’Opera Norvegese, Oslo
Direttore Lothar Koenigs
Regia Christof Loy
Scene Herbert Murauer
Costumi Judith Weihrauch
Light designer Olaf Winer
Drammaturgo Norbert Abels
Nuovo allestimento dell’Opera Norvegese,
in coproduzione con il Teatro dell’Opera di Francoforte
Oslo, 25 novembre 2017