Roma, Terme di Caracalla 2017 – Tosca
Secondo titolo in programma per la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma alle Terme di Caracalla è la ripresa di un allestimento della Tosca, datato 2013. Pier Luigi Pizzi ne firma regia, scene e costumi, le luci sono di Vincenzo Raponi e i movimenti mimici di Roberto Maria Pizzuto.
Tosca è un’opera dai forti contrasti, armonici e drammatici, che, nonostante l’apparente chiarezza della trama, nasconde non poche “trappole” per gli interpreti e per la scena. Primo punto da affrontare è la sua ambientazione storica ben precisa, la Roma dell’età napoleonica, che ne segna profondamente il carattere e l’evoluzione tragica degli eventi.
Pier Luigi Pizzi risolve la questione, scenograficamente, con un impianto essenziale, per certi versi ideale se consideriamo la preponderanza delle rovine romane sullo sfondo: una corta scalinata conduce a una pedana che corre in larghezza per quasi tutto il palco; su questa si trovano due porte ai lati, una cupola stilizzata al centro e una riproduzione della Pietà di Michelangelo avanti a essa. Tutto è rigorosamente bianco. Queste strutture si trasformano, durante l’opera, escono poi letteralmente di scena, fino a lasciare isolata, al terzo atto, la cupola: come se dall’alto dell’ultima terrazza di Castel Sant’Angelo ci apparisse di lontano. In verità, è stata sempre presente fin dall’inizio, a simboleggiare il potere temporale della Chiesa. Alla fine si apre in due parti e Tosca si getta proprio attraverso questa apertura, segno forse che l’atto rivoluzionario può rompere ogni dominazione, anche quando non ha la meglio sul potere costituito. Pizzi opera anche un altro fondamentale spostamento: il tempo dell’azione varia dal primo Ottocento agli anni Trenta del Novecento, in pieno regime fascista. Così il contrasto fra bianco e nero che domina tutto l’allestimento, incarnandosi nei preti, nelle suore, nei fedeli in chiesa e, su tutto, nelle camicie nere, si fa più forte, diviene anche politico: l’azione del Vaticano connivente con il regime, frutto dei Patti lateranensi, è palese e assolutamente coerente con il libretto. Non si può dire lo stesso per l’atteggiamento degli interpreti in scena che, per lo più, resta relegato a una gestualità di maniera, priva di introspezione psicologica, eccezion fatta per l’eccellente Scarpia di Roberto Frontali.
La direzione di Donato Renzetti non sostiene, in molti momenti, il dramma sulla scena. La dispersione del suono in uno spazio aperto, come quello di Caracalla, e l’amplificazione a volte difficile non permettono di cogliere appieno un lavoro sottile certamente eseguito sulla compagine orchestrale, costruito sul consapevole impiego dei piano e dei forte, sui colori ora delicati ora barbaramente violenti e sul coup de théâtre che alcuni passaggi armonici dovevano produrre ai tempi della prima, come testimoniano i resoconti giornalistici nell’ottimo programma di sala. Così se in alcuni momenti si palesa il vigore e la gagliarda spavalderia della partitura pucciniana, nel complesso la direzione è sfocata e dilata eccessivamente le melodie e le risoluzioni armoniche.
Anche il cast purtroppo è spesso penalizzato dall’amplificazione. Su tutti spicca Roberto Frontali, non solo perché tratteggia uno Scarpia scenicamente aderente all’idea registica, gerarca fascista dai movimenti rigidi e dai tentativi subdoli di violenza sulla primadonna, ma anche perché possiede lo spessore vocale, la ricca tavolozza espressiva e la capacità di illuminare con intelligenza ogni frase. La schietta voce lirica di Giorgio Berrugi, che pur non incarnando, in scena, la spavalderia del giovane pittore rivoluzionario ci ha regalato delle mezzevoci di una rara bellezza, viene meno nei passaggi più drammatici dove ci si aspetterebbe un volume e una incisività maggiori.
Floria Tosca è forse il personaggio meno centrato della serata. Tatiana Serjan ha una voce piena, ma forse lievemente gutturale nel centro e nelle note gravi, mentre in alto si schiarisce risultando a volte gradevole, nelle mezze voci ad esempio, a volte meno, come è il caso di alcuni acuti un po’ tesi che intaccano la linea di canto. A questo si aggiunge una gestualità troppo spesso generica e poco attenta alla psicologia del personaggio che ne penalizza, nei momenti più intensi, la resa complessiva.
Poco c’è da dire sugli altri componenti del cast, privi di interesse sia sul piano vocale che su quello scenico, eccetto il simpatico e macchiettistico Sagrestano di Domenico Colaianni, in linea con una tradizione interpretativa comica che ne ha evidenziato tutto l’estro e la versatilità. [Rating:3/5]
Opera di Roma – Stagione estiva 2017
TOSCA
Melodramma in tre atti
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Tratto dal dramma omonimo di Victorien Sardou
Musica di Giacomo Puccini
Tosca Tatiana Serjan
Cavaradossi Giorgio Berrugi
Il Barone Scarpia Roberto Frontali
Sagrestato Domenico Colaianni
Angelotti Francesco Milanese
Spoletta Saverio Fiore
Sciarrone Leo Paul Chiarot
Un carceriere Antonio Taschini
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Donato Renzetti
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Luci Vincenzo Raponi
Movimenti mimici Roberto Maria Pizzuto
Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
Roma, Terme di Caracalla, 19 luglio 2017