Dopo Spoleto, Novara e Ravenna, la coproduzione di Così fan tutte per la regia di Giorgio Ferrara è approdata sul palcoscenico del Teatro Municipale di Piacenza, dove il pubblico “sovrano” ha tributato ampi consensi e successo incondizionato a un allestimento che personalmente non saprei come altro definire se non “polveroso”. Lo spettacolo ha l’unica ragione di esistere nelle scenografie e nei costumi d’epoca firmati da Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. Le due grandi pareti, oblique a creare un punto di fuga verso il bellissimo fondale dipinto, si animano grazie alla rotazione di finestroni che, mostrando ora le persiane ora gigantesche opere d’arte, definiscono l’ambientazione esterna e interna della vicenda. Altrove il nulla. La regia di Ferrara, nel disporre ordinatamente i protagonisti come fossero preziose ceramiche di Capodimonte, non coglie che il livello più epidermico del libretto dapontiano; ed è così che assistendo a questa messinscena del capolavoro di Mozart ci si ritrova catapultati indietro nel tempo e nel gusto teatrale di almeno cinquant’anni.
Sbiadita e incolore al pari della visione registica, anche la parte musicale. Carla Delfrate delude con la propria cifra sin dall’ouverture, condotta su agogiche molli e d’una monotonia ammorbante. Per il resto, il direttore si occupa unicamente di tenere il tempo, mai un sussulto né un guizzo, cercando di non far deragliare il pesante convoglio di cui è a capo.
I componenti maschili del cast sono quelli che soffrono maggiormente rispetto all’inadeguatezza della bacchetta, come si nota dagli scollamenti che si verificano ripetutamente fra palco e buca. Giorgio Misseri (Ferrando) esibisce un’emissione che lo vede spesso in debito di fiato, ma accusa soprattutto pesanti difficoltà nel realizzare il legato dell’”aura amorosa”, sostituito, ahimè, da un canto legnoso e teso nelle salite in acuto. Fortunatamente, proseguendo nella recita, la situazione migliora e durante l’aria “Tradito, schernito”, complice anche la diversa scrittura, Misseri si ritaglia qualche buon momento. Vocalmente molto male il Guglielmo di Thomas Tatzl, che canta tutto fisso e indietro, ma che prova almeno a risollevarsi con un atteggiamento simpatico e solare. Simone Del Savio ha una voce robusta e sonora che pena non poco a smorzare quando la parte lo richiede, come dimostra il terzetto “Soave sia il vento”; il suo Don Alfonso, difatti, non si sottrae alla triste regola che vuole questa sublime pagina sovente affossata dagli sbandamenti di intonazione dell’unico elemento maschile. Per di più, il cantante non può nemmeno fare leva sull’aspetto visivo, mortificato dall’inspiegabile frac di taglio ottocentesco e dalle calzature in vernice che vanno inevitabilmente a cozzare con il trucco, la parrucca e la pomposa camicia con jabot, viceversa d’ispirazione settecentesca.
Su un livello superiore il trio femminile. La migliore in campo, in rapporto alla complessità del ruolo, è la Fiordiligi di Arianna Vendittelli, la quale viene a capo molto bene della scrittura vocale, evitando inutili forzature nel registro grave e giovandosi di un’emissione limpida e brillante. “Come scoglio” si segnala per un buon dominio delle agilità, come dimostra la volata di terzine sul finale, ed evidenzia uno strumento che, pur nella sua sostanziale leggerezza, si riempie di armonici e si arrotonda nelle note acute, in particolare nei si bemolle che squillano come campanelli. Alcuni attimi di lieve stanchezza ravvisabili durante la conclusione del primo atto e sulle ultime battute della grande aria al secondo (del tutto comprensibili, considerata la sfiancante direzione) non vanno a intaccare la riuscita di questa prova. Lucia Cirillo è una Dorabella molto efficace dal punto di vista scenico, dotata di una vocalità sicura, correttamente impostata e che ben si differenzia per colore da quella della sorella; la sua “Smanie implacabili” scocca davvero scintille. Più ordinaria la Despina di Lavinia Bini, ma non per colpa dell’artista, quanto a causa dell’impostazione registica che non è in grado di valorizzare il potenziale del personaggio. La Bini, un po’ incerta e monocromatica nei recitativi, si riscatta ampiamente nelle sue due arie, soprattutto in “Una donna a quindici anni”, cesellata con cura.
Teatro Municipale – Stagione lirica 2016/2017
COSÌ FAN TUTTE
ossia La scuola degli amanti
Dramma giocoso in due atti KV 588. Libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Fiordiligi Arianna Vendittelli
Dorabella Lucia Cirillo
Guglielmo Thomas Tatzl
Ferrando Giorgio Misseri
Despina Lavinia Bini
Don Alfonso Simone Del Savio
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Direttore Carla Delfrate
Maestro del coro Corrado Casati
Regia Giorgio Ferrara
Scene e costumi Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo
Luci Daniele Nannuzzi
Coproduzione Spoleto58 Festival dei 2Mondi, Teatro Coccia di Novara, Teatro Alighieri di Ravenna, Fondazione Teatri di Piacenza
Piacenza, 12 marzo 2017