“Onorate i vostri maestri tedeschi, ed evocate i loro buoni spiriti! E se date consenso all’efficacia della loro opera, finisca pure in polvere il sacro romano impero: ci resterebbe sempre la sacra arte tedesca!”. Tali parole, pronunciate dal calzolaio Hans Sachs nel finale dell’opera Die Meistersinger von Nürnberg (I maestri cantori di Norimberga), bene incarnano la tematica principale di quest’opera in tre atti di Richard Wagner, ritenuta una summa della musica tedesca da Bach in poi. Unica commedia (o, meglio, dramma satiresco) composta da Wagner, ambientata nella Germania del rinascimento, ai tempi dei maestri cantori, tradizionalisti eredi imborghesiti del Minnesang (il canto d’amore medievale), dopo 27 anni di assenza torna ora al Teatro alla Scala in una produzione del 2012 dell’Opernhaus Zürich.
Lo spettacolo, firmato da Harry Kupfer (regia, ripresa da Derek Gimpel) e Hans Schavernoch (scene), riambienta la vicenda nel XX secolo, in una Norimberga martoriata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Vediamo, su di una pedana rotante, la chiesa di Santa Caterina, dove ogni anno si riuniva la comunità dei maestri cantori, diroccata e recintata da ponteggi, segno di una Germania che ricerca la sua identità dalle macerie del conflitto bellico. Allestimento giocato principalmente su cromie spente (anche nei sobri costumi novecenteschi di Yan Tax, esclusi quelli variopinti di Eva, di Magdalene e di alcune donne del coro), rigoroso e austero, con piacevoli sprazzi di colore dati, per esempio, dal fragrante lillà nel secondo atto, o dalla sfilata delle corporazioni nell’ampio prato sulla riva della Pegnitz, con tanto di carri allegorici, maschere e giganteschi pupazzi. Efficaci e suggestive le luci di Jürgen Hoffmann, in particolare nella limpida sera d’estate del secondo atto; funzionali e per nulla invasive le videoproiezioni di Thomas Reimer, raffiguranti sullo sfondo del palcoscenico vedute della città con campanili, grattacieli e gru; vivace la coreografia di Derek Gimpel per il terzo atto. Tra i momenti più avvincenti della regia, preme citare il finale: il serto del vincitore della gara di canto, rifiutato da Walther e donato da Eva a un reticente Hans Sachs, viene da quest’ultimo dato in offerta alla statua lignea di san Giovanni Battista, nel giorno della ricorrenza della sua natività, affinché protegga il popolo tedesco dalla “falsa maestà latina”.
Sul podio di un’Orchestra del Teatro alla Scala in forma smagliante, dirige con acume e sensibilità Daniele Gatti, che si conferma fine interprete di Wagner. La sua è una concertazione improntata a sonorità lussureggianti, turgide ma mai soverchianti o pompose, crepitante nel timbro smaltato e pieno; il maestro alterna momenti di intenso vigore espressivo, di forte impatto, ad altri di soffuso lirismo, ricercando sempre la morbidezza del suono e variando il ritmo a seconda dell’occasione. Così, dopo la maestosa ouverture, veemente ma scevra di retorica magniloquenza, come in un variopinto caleidoscopio si susseguono cangiantismi, dinamiche, tempi, atmosfere, sottigliezze armoniche, nuances timbriche, raffinatezze, il tutto tenuto assieme da una coesa, solida teatralità. Interessa qui ricordare, almeno, la frenetica baruffa conclusiva del secondo atto, risolta con grande fermezza, vitalità e senza sbavature, e il Preludio al terzo atto, improntato a una malinconia assorta e determinata.
Di livello il cast scritturato. Nei panni di Hans Sachs, il baritono tedesco Michael Volle: voce scura e tonante, sonora e generosa nell’espansione, ben timbrata, sicura e precisa nelle note alte, carismatico nel fraseggio, in grado di emettere suggestive mezzevoci (in particolare nel monologo del II atto “Was duftet doch der Flieder”), Volle impersona un protagonista irruento, rude e, al contempo, velatamente commosso: in una parola, umanissimo.
L’americano Erin Caves sostituisce l’indisposto Michael Schade nel ruolo di Walther von Stolzing. Vocalità tenorile omogenea, timbricamente chiara, pare a tratti titubante e in difficoltà negli estremi acuti; non dimostra però segni di cedimento o stanchezza durante tutta la recita. Centrata la resa del Preislied “Morgenlich leuchtend im rosigen Schein”, buona l’immedesimazione nel personaggio del nobile cavaliere.
Istrionico e divertente è il Sixtus Beckmesser del baritono austriaco Markus Werba: in possesso di uno strumento vocale vellutato e duttile, di bel colore, morbido nell’emissione, delinea un antagonista insinuante e ironico ma mai caricaturale, intenso in tutti i momenti della recitazione – grazie anche all’intelligenza con la quale canta ogni minima frase.
Aggraziata e femminile è l’Eva del soprano di Detroit Jacquelyn Wagner, dalla voce garbata e poco voluminosa, cristallina nel registro acuto e opaca in quello grave, interprete fresca, elegante e avvenente nel portamento.
Granitico il Veit Pogner del basso-baritono tedesco Albert Dohmen, vocalmente autoritario e affabile in scena; non sempre a fuoco nell’intonazione il baritono tedesco Detlef Roth (Fritz Kothner).
Espressivo e giovanile il David del tenore austriaco Peter Sonn, in possesso di una vocalità lucente e adamantina, di colore gradevole e buon volume; musicale e dalla voce pastosa il mezzosoprano bielorusso Anna Lapkovskaja (Magdalene).
Autorevoli gli altri maestri cantori: Iurie Ciobanu (Kunz Vogelgesang), Davide Fersini (Konrad Nachtigall), Markus Petsch (Balthasar Zorn), Neal Cooper (Ulrich Eisslinger), Stefan Heibach (Augustin Moser), James Platt (Hermann Ortel), Dennis Wilgenhof (Hans Schwarz), Miklós Sebestyén (Hans Foltz).
Puntuale il guardiano notturno del basso bavarese Wilhelm Schwinghammer; gustosi e schietti i giovani apprendisti cantati con brio dagli Allievi dell’Accademia Teatro alla Scala (Oreste Cosimo, Geremy Schütz, Francesco Castoro, Dorothea Spilger, Mareike Jankowski), dagli Allievi del Mozarteum Salzburg (Jungyun Kim, Aleksander Rewiński, Santiago Sánchez, Katrin Helles, Alice Hoffmann, Franziska Weber, Sofiya Almazova) e da Omer Kobiljak, allievo della Hochschule der Künste Zürich.
Inappuntabili e potentemente incisivi i numerosi interventi del Coro del Teatro alla Scala, guidato sempre con maestria da Bruno Casoni: notevole, in particolare, l’esecuzione del corale luterano “Da zu dir der Heiland kam” e del vigoroso “Wacht auf, es nahet gen den Tag”.
Al termine, dieci minuti di fragorosi applausi, con festanti e ripetute ovazioni per Daniele Gatti, Michael Volle e, in misura minore, Markus Werba, Peter Sonn, Jacquelyn Wagner e Albert Dohmen.
Teatro alla Scala – Stagione d’Opera e Balletto 2016/2017
DIE MEISTERSINGER VON NÜRNBERG
Opera in tre atti su musica e libretto di Richard Wagner
Hans Sachs Michael Volle
Veit Pogner Albert Dohmen
Kunz Vogelgesang Iurie Ciobanu
Konrad Nachtigall Davide Fersini
Sixtus Beckmesser Markus Werba
Fritz Kothner Detlef Roth
Balthasar Zorn Markus Petsch
Ulrich Eisslinger Neal Cooper
Augustin Moser Stefan Heibach
Hermann Ortel James Platt
Hans Schwarz Dennis Wilgenhof
Hans Foltz Miklós Sebestyén
Walther von Stolzing Erin Caves
David Peter Sonn
Eva Jacquelyn Wagner
Magdalene Anna Lapkovskaja
Ein Nachtwächter Wilhelm Schwinghammer
Die Lehrbuben Oreste Cosimo
Aleksander Rewiński
Jungyun Kim
Jérémie Schütz
Franesco Castoro
Santiago Sánchez
Omer Kobiljak
Katrin Heles
Alice Hoffmann
Dorothea Spilger
Franziska Weber
Sofiya Almazova
Mareike Jankowski
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Daniele Gatti
Maestro del Coro Bruno Casoni
Regia Harry Kupfer ripresa da Derek Gimpel
Scene Hans Schavernoch
Costumi Yan Tax
Luci Jürgen Hoffmann
Coreografia Derek Gimpel
Video Thomas Reimer
Produzione Opernhaus Zürich
Milano, 19 marzo 2017