Uno dei meriti maggiori di Alexander Pereira, sovrintendente del Teatro alla Scala è, probabilmente, quello di voler riportare a Milano il repertorio italiano nella sua interezza, proponendo titoli belcantistici e del Verismo assenti da decenni. In particolare, Anna Bolena mancava dalle tavole del Piermarini dal 1982, quando la famigerata recita del 21 febbraio venne sommersa da dissensi rivolti, specialmente, contro Montserrat Caballé, sostituita nelle serate seguenti da Cecilia Gasdia. Un’assenza, quindi, di ben trentacinque anni, con un ritorno al Belcanto donizettiano fra luci e ombre. Tragedia lirica in due atti su musica di Gaetano Donizetti e libretto di Felice Romani, viene oggi riproposta nell’edizione critica a cura di Paolo Fabbri (nonostante la scelta di effettuare numerosi tagli); la prima assoluta è avvenuta proprio a Milano, al Teatro Carcano, il 26 dicembre 1830.
Lo spettacolo, una produzione dell’Opéra National de Bordeaux, andato in scena nella città francese e all’Opéra de Toulon nella stagione 2014-2015, si avvale della regia della svizzera Marie-Louise Bischofberger, collaboratrice di Luc Bondy. Regia, a onor del vero, abbastanza convenzionale e a tratti inesistente, con gli artisti relegati, perlopiù, a esibirsi in proscenio, rivolti alla platea, e alcune soluzioni inspiegabili e banali (valga, a titolo esemplificativo, Anna Bolena che stacca la testa alla bambola della figlia Elisabetta, durante il Finale primo: presagio, forse, del destino di morte che attende la regina ripudiata?). Modeste ed estremamente essenziali le scene di Eric Wonder, di taglio moderno, dominate sul fondo da uno squarcio sghembo a forma di quadrilatero e da pochi elementi scenici, tra i quali un trono d’oro quasi sempre presente che, nel finale, viene capovolto diventando un patibolo. Sobri i costumi d’epoca di Kaspar Glarner, giocati principalmente sulle cromie del rosso, del blu, del grigio e del nero; funzionali e suggestive le luci di Bertrand Couderc.
Sul podio dell’Orchestra del Teatro alla Scala, il rumeno Ion Marin (inizialmente era previsto Bruno Campanella). Sin dalla Sinfonia, il maestro propende per tempi sostenuti e veloci, a scapito delle nuances della partitura. La sua lettura si assesta, poi, su di un piano di mero accompagnamento al canto, a tratti incolore e monotona, spesso soverchiante rispetto ai cantanti e povera di guizzi; una direzione di polso, robusta, ma di routine.
Nel rôle-titre, il soprano russo Hibla Gerzmava: voce piena, di volume cospicuo, brunita, morbida nell’emissione, ben sostenuta e rigogliosa nei medi e nei gravi, metallica negli acuti e nei sovracuti (eseguiti però quasi tutti con correttezza). A fronte di una dizione perfettibile e di un inizio un po’ sottotono nel “Come, innocente giovane”, la Gerzmava emerge con grinta e determinazione nei passi più drammatici, quali “Giudici! Ad Anna! […] Ah! Segnata è la mia sorte” o il finale “Coppia iniqua”, affrontati con piglio deciso e pathos. Nei momenti maggiormente lirici come, per esempio, l’attesissimo “Al dolce guidami castel natio”, esibisce suggestive mezzevoci, raffinatezze timbriche e un fraseggio trasognato. L’interprete è poi sufficientemente credibile: una Bolena distaccata e asettica, ma determinata nei frangenti più concitati.
Accanto a lei, la rivale in amore Giovanna Seymour è la veterana Sonia Ganassi: vocalità mezzosopranile abbastanza omogenea e fluida, di timbro chiaro, ancora sicura e luminosa nel registro acuto, depauperata e opaca in quello grave, si distingue per una recitazione volitiva e sentita.
Non sempre a fuoco l’Enrico VIII di Carlo Colombara: scenicamente autoritario e granitico, di regale prestanza, è parso vocalmente in affanno, spesso coperto dal suono orchestrale e con qualche difetto di intonazione; intatti restano la nobiltà di fraseggio e l’autorevole linea di canto.
Sugli scudi la prova del tenore Piero Pretti nei panni di Lord Riccardo Percy, in possesso di uno strumento vigoroso, risonante e saldo nelle note alte; Pretti sbalza un personaggio eroico e dal carattere marcato, un innamorato passionale e valoroso.
Gustoso lo Smeton del mezzosoprano Martina Belli, avvenente e potentemente espressiva, accattivante in scena. Musicale e centrato il basso Mattia Denti (Lord Rochefort); piace, infine, il Signor Hervey del giovane tenore Giovanni Sebastiano Sala, solista dell’Accademia di Perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala, dalla voce timbricamente scura e ben proiettata.
Corretti gli interventi del Coro del Teatro alla Scala, diretto da Bruno Casoni.
Al termine buon successo, con festanti manifestazioni di affetto ed entusiasmo per Hibla Gerzmava, Piero Pretti, Martina Belli e, in misura minore, Sonia Ganassi.
Teatro alla Scala – Stagione d’Opera e Balletto 2016/2017
ANNA BOLENA
Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani
Musica di Gaetano Donizetti
Enrico VIII Carlo Colombara
Anna Bolena Hibla Gerzmava
Giovanna Seymour Sonia Ganassi
Lord Rochefort Mattia Denti
Lord Riccardo Percy Piero Pretti
Smeton Martina Belli
Signor Hervey Giovanni Sebastiano Sala
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Ion Marin
Maestro del Coro Bruno Casoni
Regia Marie-Louise Bischofberger
Scene Eric Wonder
Costumi Kaspar Glarner
Luci Bertrand Couderc
Produzione Opéra National de Bordeaux
Milano, 14 aprile 2017