La magia e la poesia del teatro barocco hanno fatto da cornice a una emozionante esecuzione dell’Orlando furioso di Antonio Vivaldi, titolo con cui si era aperto, lo scorso 14 luglio, il 43° Festival della Valle d’Itria. Ho assistito alla replica del 31 luglio, sempre nella cornice di Palazzo ducale a Martina Franca, salutata da vivo successo di pubblico, che ha applaudito sia gli interpreti musicali, capeggiati da Diego Fasolis e i suoi Barocchisti, che il regista Fabio Ceresa con i suoi validi collaboratori. La scelta di un titolo vivaldiano vuole anche essere un contributo alla valorizzazione di questo aspetto della produzione musicale del Prete Rosso, che si conferma non solo superbo compositore strumentale, ma anche altissimo operista.
Andata in scena nel 1727 a Venezia col titolo di Orlando, l’opera rappresenta il terzo incontro tra il compositore e il soggetto ispirato all’Ariosto: c’erano già stati un Orlando finto pazzo nel 1713, ma con scarso successo, e poi un altro Orlando furioso nel 1714, la cui musica era attribuita a Giovanni Alberto Ristori ma che recenti ricerche musicologiche hanno invece ascritto alla penna di Vivaldi. Proprio a queste sue partiture il musicista veneziano attinge per approntare il terzo Orlando, componendo anche molta nuova musica (e che musica!). Dopo la prima ripresa in epoca moderna a opera di Claudio Scimone, nel 1978 a Verona, con una straordinaria Marilyn Horne nei panni del protagonista, la partitura è stata ulteriormente studiata e poi incisa, tra gli altri, da Federico Maria Sardelli. La versione presentata a Martina Franca, articolata in tre parti, per ragioni legate all’allestimento presentava alcuni spostamenti di arie e recitativi ed era tagliata di almeno 40 minuti di musica: Fasolis e Ceresa hanno deciso di eseguire un’aria in meno per personaggio e di espungere diversi recitativi. Scelta da alcuni criticata, tanto che – scherzando, ma non troppo – si è parlato di “Taglio furioso”. Se è pur vero che il pubblico di Martina Franca è fatto da molti esperti e appassionati, disposti anche ad ascoltare ore di musica in religioso silenzio, credo tuttavia che la scelta di direttore e regista sia condivisibile per una esecuzione dal vivo adatta alla sensibilità dello spettatore contemporaneo.
Di altissima qualità l’esecuzione orchestrale, affidata a una autorità del settore come Diego Fasolis, che guida con sicurezza e piglio gli ottimi Barocchisti. Fasolis si fa portatore di un fraseggio sempre duttile e ispirato, capace di restituire sia il vibrante furore di alcune pagine, sia di smussare le asperità, tornendo il suono sino a ottenere dei colori ambrati nelle arie più liriche.
La protagonista Sonia Prina, pur se esibisce un indiscutibile carisma scenico ed è interprete convincente sul piano attorale, purtroppo sconta un’organizzazione vocale che appare, almeno in questa recita, disomogenea: fatica nella coloratura e risulta efficace solo nella parte medio-bassa della tessitura. Peccato, perché l’accento è sovente incisivo (penso in particolare alla scena della follia), ma alle intenzioni non corrispondono realizzazioni vocali adeguate.
Complessivamente bravi gli altri interpreti. A cominciare dall’Alcina di Lucia Cirillo, dalla voce morbida ed estesa, utilizzata con gusto, passando per la liliale Angelica di Michela Antenucci e la seducente Bradamante di Loriana Castellano, sino al solido Astolfo di Riccardo Novaro. Una parabola inversa tocca ai due contraltisti: Konstantin Derri (Medoro), ha una voce non grandissima ma morbida ed educata, esordisce sottotono ma acquisisce poi sicurezza nel corso della serata. Luigi Schifano (Ruggiero) vanta un materiale vocale di notevole bellezza per estensione, colore, morbidezza, che usa con intelligenza e sensibilità. Si presenta al pubblico con un’esecuzione a dir poco magnifica dell’aria “Sol da te mio dolce amore”, complice anche il flauto solista del bravissimo Stefano Bet. Poi però accusa segni di stanchezza nelle due arie successive, forse anche a causa di una scrittura non particolarmente adatta alla sua tessitura.
Molto bello lo spettacolo confezionato dal regista Fabio Ceresa, capace di fondere in armonioso equilibrio rimandi al teatro barocco col suo gusto per la meraviglia e scelte dettate invece da una sensibilità più contemporanea, con alcuni momenti di commovente poesia. Le scene, insieme semplici e sontuose, di Massimo Checchetto sono funzionali al muoversi dei personaggi, abbigliati con gli immaginifici costumi di Giuseppe Palella, mentre i ballerini della Fattoria Vittadini sono guidati con intelligenza dal coreografo Riccardo Olivier.
43° Festival della Valle d’Itria
ORLANDO FURIOSO
Dramma per musica in tre atti
Libretto di Grazio Braccioli
Musica di Antonio Vivaldi
Orlando Sonia Prina
Angelica Michela Antenucci
Alcina Lucia Cirillo
Bradamante Loriana Castellano
Medoro Konstantin Derri
Ruggiero Luigi Schifano
Astolfo Riccardo Novaro
I Barocchisti
Direttore Diego Fasolis
Regia Fabio Ceresa
Scene Massimo Checchetto
Costumi Giuseppe Palella
Lighting designer Giuseppe Calabrò
Danzatori Fattoria Vittadini
Coreografie Riccardo Olivier
Nuovo allestimento del Festival della Valle d’Itria
in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia
Martina Franca, Cortile di Palazzo ducale, 31 luglio 2017