Va in scena al Teatro Ponchielli di Cremona la Carmen di Georges Bizet, l’ultima delle cinque produzioni liriche itineranti a debuttare presso i teatri del circuito OperaLombardia.
Lo spettacolo firmato da Frédéric Roels delude in linea di massima le aspettative. Ricordavo un allestimento dei Contes d’Hoffmann, un paio di stagioni fa, minimalista ma a tratti di un’eleganza seducente. Qui si lavora per sottrazione rispetto a ogni eccesso folcloristico, prosciugando all’inverosimile l’impianto scenografico. Enormi piloni in cemento, perfettamente distanziati fra loro, compongono con geometrica perfezione spazi che, secondo il regista, dovrebbero rappresentare gli ambienti suggeriti dalla storia. La manifattura, la taverna, le montagne, la piazza della corrida, vengono suggeriti con il semplice spostamento di uno o più piloni. I costumi spaziano in un arco temporale che va dagli anni ’40 del secolo scorso alla contemporaneità, senza che appaia con nitidezza un filo conduttore. Fortunatamente, il sapiente disegno luci di Laurent Castaingt esalta perlomeno l’aspetto più esteriore della realizzazione scenica. Quanto alle idee, nulla di nuovo o sorprendente. Roels calca sul più recente cliché che vedrebbe Micaela la figura femminile forte (ma bisogna aspettare l’ultimo istante per vederla impugnare una pistola, tenendo a tiro José subito dopo l’omicidio di Carmen), mentre la gitana non sarebbe altro che una vittima del maschio, solo apparentemente dominante e volitiva.
Carlo Goldstein torna sul podio del Ponchielli dopo la brillante conduzione della scorsa Turandot per riconfermare e migliorare le impressioni destate con la precedente direzione. Lo scoppio di energia vitale che dà il via al preludio si diffonde per la non vasta sala del Ponchielli con una mirabile calibrazione del suono; nessuno schianto tellurico perciò, quanto piuttosto un’attenzione certosina alle dinamiche e all’uniformità delle timbriche. Man mano che la direzione si addentra nelle pieghe della partitura, il lavoro di recupero svolto nella fase preparatoria si delinea con chiarezza. Sono difatti lontane le letture fin de siècle così come i turgori sinfonici proiettati nel Novecento, mentre si intende restituire una dimensione più contenuta e discorsiva, fatta di piani sonori di spessori diversi e mutevoli che si intrecciano fra loro senza soluzione di continuità. Goldstein ristabilisce in questo modo un “buon senso” della misura, riportando il capolavoro di Bizet entro i suoi confini originari di opéra-comique. Se il direttore conosce il fatto suo, il concertatore non gli è da meno: con gli occhi incollati al palco e con un gesto limpido ed espressivo, tiene in pugno l’intero apparato, sostenendo coro e solisti con equilibrio pressoché irreprensibile. Si diceva del coro, anzi dei cori. Splendida la resa di quello di OperaLombardia (con una menzione d’onore alla compagine dei soprani), preparato da Diego Maccagnola, e non meno che perfette le voci bianche del Mousikè – Smim Vida di Cremona, istruite da Raul Dominguez. L’apertura del quarto quadro, vibrante e caleidosopica, scocca davvero scintille.
Purtroppo, la compagnia di canto si rivela generalmente non all’altezza delle richieste. Nella fattispecie, solo Luciano Ganci risolve al meglio il ruolo che gli compete. Con voce grande e sonora, timbro graffiante, e acuti che fendono letteralmente l’aria, compone un ritratto a tutto tondo di Don José. Sicuro in tutta la gamma e capace perfino di sfumare (pur con qualche lieve sfocatura nelle smorzature più audaci e insidiose), il tenore spicca per qualità vocale e convincimento interpretativo, raccogliendo ovazioni clamorose al termine della recita.
Maria Teresa Leva (Micaela), da me apprezzata in prove precedenti, esibisce uno strumento che appare ora artificiosamente scurito e appesantito. È vero che la voce ha acquistato ulteriore volume, ma salendo nell’estensione, si assottiglia evidenziando spiacevoli difformità timbriche. Oltretutto, il soprano non sembra trovarsi in una forma ottimale, come traspare da una prova iniziata abbastanza bene ma portata a termine in mezzo alle difficoltà, particolarmente evidenti durante la grande aria al terzo quadro.
Zoltan Nagy, accolto da alcune contestazioni piovute dal loggione in mezzo agli applausi finali, è un Escamillo pesantemente penalizzato dalla vocalità aspra e laboriosa, e dall’intonazione periclitante che ha fatto soffrire non poco durante l’incontro-scontro con Don José.
Tra le parti secondarie, emergono la Frasquita di Claudia Sasso, voce di soprano brillantissima, sempre a fuoco e godibilmente svettante negli insiemi, e il Dancairo di Davide Fersini, eccellente nella caratterizzazione scenica come in quella vocale. Assai buoni e in perfetta simbiosi anche i loro compagni Arina Alexeeva (Mercedes) e Roberto Covatta (Remendado).
Resta da dire della protagonista. Na’ama Goldman trae il massimo da una voce che è a tutti gli effetti quella di un soprano, e nemmeno tanto corto a giudicare dalla sventola di si naturale con cui conclude la Seguidilla. La linea di canto è abbastanza curata, sia nelle legature che nel fraseggio. E quando l’orchestrazione lo permette, riesce a non forzare il registro grave, mantenendo i suoni in una posizione piuttosto confortevole. Ma non appena la si spinge a dare quel qualcosa in più in termini di potenza ed enfasi, l’emissione tende a spezzarsi in due. Dei quattro brani solistici assegnati a Carmen, salverei solo l’Habanera, in virtù della comoda tessitura centralizzante. Sul piano attoriale, spiace constatare una certa rigidità nei movimenti e una totale mancanza di sensualità (questo a voler indorare la pillola) soprattutto se rapportata alla discreta avvenenza.
Teatro Ponchielli – Stagione d’Opera 2017
CARMEN
Opéra-comique in quattro quadri di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
Libretto e musica di Georges Bizet
Carmen Na’ama Goldman
Don José Luciano Ganci
Escamillo Zoltan Nagy
Micaëla Maria Teresa Leva
Frasquita Claudia Sasso
Mercédès Arina Alexeeva
Le Dancaïre Davide Fersini
Le Remendado Roberto Covatta
Moralès Gabriele Nani
Zuniga Federico Benetti
Lillas Pastia/Guida Alberto Branca
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coro OperaLombardia
Coro di voci bianche Mousikè – Smim Vida di Cremona
Direttore Carlo Goldstein
Maestro del coro Diego Maccagnola
Maestro del coro di voci bianche Raul Dominguez
Regia Frédéric Roels
Scene Bruno de Lavenère
Costumi Lionel Lesire
Luci Laurent Castaingt
Coreografie Sergio Simon
Allestimento Opéra de Rouen Haute-Normandie
Coproduzione dei Teatri di OperaLombardia
Cremona, 19 novembre 2017