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Bologna, Teatro Comunale – Tosca

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Con Puccini si va sul sicuro. Con Tosca ancor di più. Al Comunale di Bologna lo sanno bene, e si garantiscono pienone e applausi scegliendo il capolavoro del genio lucchese per chiudere la stagione 2017. Le repliche, che proseguiranno fino a Natale, vedranno alternarsi due compagnie, con cantanti reclutati da un angolo all’altro della terra.
Secondo la locandina originaria, sul podio doveva salire Aziz Shokhakimov, ma, a ridosso dell’esordio, la bacchetta passa a Valerio Galli. Cresciuto a pane e Puccini, il direttore viareggino è il punto di forza dello spettacolo. La sua è una lettura fresca e vigorosa, capace di esaltare la lussureggiante tavolozza timbrica e gli innovativi impasti armonici che caratterizzano la partitura. La coesione complessiva, poi, è ottimale: impresa non da poco, soprattutto se si pensa a quanta musica l’autore dislochi dietro le quinte per ottenere sorprendenti effetti stereofonici. Se l’Orchestra e il Coro del Comunale si mostrano in piena forma, tante perplessità sorgono quando si guarda al palcoscenico: non che manchi la buona volontà, ma è la materia prima che lascia un po’ a desiderare.

I panni di Cavaradossi li indossa Rudy Park. Quel che più s’apprezza del tenore coreano è l’ampiezza della voce: l’organo è scuro e omogeneo, capace di acuti stentorei che riempiono la sala, come il rotondo si sopra il rigo nella frase “La vita mia costasse”. Mezzi così generosi, però, li si vorrebbero meglio impiegati. Il fraseggio resta sommario, scarso di intenzione drammatica: e così, pur detta correttamente, anche una pagina di bellezza straziante come “E lucevan le stelle” non riesce a commuovere. La stessa genericità si riscontra nell’interpretazione scenica: Park non lesina impegno, ma i suoi movimenti riescono talvolta affettati, talvolta impacciati.
Attrice ben più scaltrita è Svetla Vassileva, una Tosca dalla passionalità travolgente. Vedette bizzosa nella prima scena, acquista mano a mano caratura tragica, e la sua gestualità enfatica ben traduce l’andirivieni di emozioni estreme che la tormentano. Anche il canto è molto espressivo, ma più per necessità che per scelta: col reiterato utilizzo del grido e del parlato vengono dissimulati acuti aspri e un registro medio-basso piuttosto usurato.
Va detto che a rendere difficile la ricerca della sfumatura contribuisce il serrato confronto con la vocalità assoggettante dello Scarpia di Gábor Bretz. Il baritono ungherese coniuga al bel timbro brunito un volume ingente, che gli permette di spiccare anche in una pagina monumentale come il Te Deum. Il fraseggio austero delinea un personaggio nero come la pece, poco incline a rendere visibili la sensualità e il sadismo che muovono le sue azioni scellerate.
Fra i comprimari, le cose migliori le fanno sentire Nicolò Ceriani, birbone al punto giusto nei panni del sagrestano, e Nicola Pamio, che adopera la dovuta intenzione nello scandire l’odiosa figura di Spoletta. Un plauso lo merita anche il giovane Pietro Bolognini, che presta al pastorello una voce non solo fresca, ma anche correttamente intonata.

L’allestimento di Daniele Abbado ha origini lontane. Concepito nel 1995 per il Regio di Torino, nel corso degli anni ha goduto di varie riprese e di profondi aggiornamenti. L’adattamento che arriva oggi a Bologna, curato da Boris Stetka, ha esordito in Giappone, e conta già una ripresa nel teatro che gli aveva dato i natali. Alte colonne bianche, una grande pedana ruotante e suggestive videoproiezioni sono gli elementi cardine della scarna scenografia, che disegna una Roma allo stesso tempo concreta e simbolica. Le camicie nere degli sbirri papalini, la giacca inamidata di Scarpia e l’abito luccicante di Tosca evocano un clima da regime littorio, ma le gorgiere di sapore secentesco indossate dai coristi nel primo atto rimescolano le carte, come a suggerire il valore assoluto, atemporale, della vicenda. Pur mostrando i suoi anni, la messinscena funziona e rispetta il dramma. Resta il rammarico di vedere Tosca morire di crepacuore: rinunciare a inscenare il suicidio dell’eroina, anche in modo allusivo o simbolico (e in questo i video potevano essere d’aiuto), non significa scansare effettismo becero ma privare la tragedia della sua sublimazione.

Teatro Comunale – Stagione d’opera 2017
TOSCA
Opera lirica in tre atti
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Musica di Giacomo Puccini

Floria Tosca Svetla Vassileva
Mario Cavaradossi Rudy Park
Il barone Scarpia Gábor Bretz
Cesare Angelotti Luca Gallo
Il sagrestano Nicolò Ceriani
Spoletta Nicola Pamio
Sciarrone Tommaso Caramia
Un carceriere Michele Castagnaro
Un pastorello Pietro Bolognini

Orchestra, Coro, Coro delle Voci Bianche e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Valerio Galli
Regia Daniele Abbado
ripresa da Boris Stetka
Scene e costumi Luigi Perego
Luci Valerio Alfieri
Video Luca Scarzella
Maestro del Coro Andrea Faidutti
Maestro del Coro delle voci bianche Alhambra Superchi
Produzione del Teatro Comunale di Bologna con il Teatro Regio di Torino
da Hyogo Performing Arts Center, Nishinomiya
Bologna, 15 dicembre 2017

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