Molto rumore per nulla. Si potrebbe sintetizzare così la grande ondata di polemiche che ha coinvolto questa produzione del Teatro Comunale di Bologna ancora prima del suo debutto, a causa di una messa in scena che coinvolge (in)direttamente il nostro presente. Il regista austriaco Martin Kušej ha infatti deciso di spostare l’ambientazione di Die Entführung aus dem Serail, Singspiel mozartiano andato in scena la prima volta a Vienna nel 1782, nel deserto medio-orientale durante gli anni della prima guerra mondiale, quando cioè l’impero tedesco cercò di fomentare le tribù della zona contro gli inglesi e si proclamò protettore dei musulmani, vedendo dunque in quel momento storico l’inizio di tutti i problemi attuali.
In questa rielaborazione, Belmonte è un occidentale alla ricerca dei suoi amici rapiti nel campo nemico, Selim è un capo reietto di una delle tante tribù, Osmin un furente integralista islamico spalleggiato da una serie di cinque terroristi armati e di nero vestiti che si riprendono insieme agli ostaggi sotto una bandiera simile a quella ormai nota dell’Isis. Con tali premesse ci si aspetterebbe una regia animata da efferati tagliagole, torture a non finire, una tensione e un senso di oppressione continui creati dal contrasto tra le immagini violente e la musica estremamente briosa e dolce del Singspiel. O almeno questo è quello che un regista coerente con la propria visione avrebbe fatto, e che qui non avviene. Nella scenografia fissa firmata da Annette Murschetz e raffigurante un deserto con una tenda, quartier generale di Selim, tutti i personaggi si muovono come in una qualsiasi regia del Ratto dal serraglio vista dai tempi di Mozart a oggi, gag macchiettistiche incluse e condotte anche in modo estremamente approssimativo, come testimoniano i movimenti dei soldati sull’aria di Pedrillo “Frisch zum Kampfe!”. Gli interpreti, lasciati allo sbaraglio, risultano poco immedesimati, e l’azione è totalmente sconnessa dalla musica.
Se i primi due atti sono pervasi da una sensazione di già visto, l’ultimo presenta una rivisitazione totale della vicenda: le due coppie in fuga attraverso un deserto labirintico da cui non riescono a uscire, vengono prese nuovamente da Osmin e i suoi soldati, che provano a fucilarli; uno di loro però si rivela essere Selim mascherato, che nonostante tutto, lascia liberi gli ostaggi. L’opera si conclude con il Pascià solo in scena che scruta il deserto, mentre sulle ultime battute del coro finale Osmin entra con le teste dei quattro innamorati e le getta ai piedi del suo capo, dimostrando di aver trovato sfogo alla sua rabbia e aver disobbedito (ma ne siamo proprio sicuri?) agli ordini. Alla fine questo si configura come il momento più convincente di tutta la regia.
Inoltre Kušej, insieme al Dramaturg Albert Ostermaier, adatta i dialoghi del libretto alla propria visione ricontestualizzatrice. Tralasciando la legittimità di ciò, bisogna dire che il nuovo testo non aggiunge niente alla vicenda, allungandola a dismisura con frasi fatte e un’idea di teatro ormai vecchia. Sarebbe stato più interessante se la riscrittura drammaturgica fosse stata condotta mantenendo il libretto di Bretzner, e cercando così di illuminare questa storia di orientalismi con aspetti nuovi, invece di prendere la strada facile del rifacimento.
La parte musicale dal canto suo non è sufficiente a sopperire alle carenze della regia. Nikolaj Znaider, a capo dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, dirige discretamente e con piglio corretto. Tuttavia le agogiche non risultano sempre ben centrate e si registra una tendenza all’eccesso con oasi liriche estremamente dilatate e tempi fin troppo serrati nei passi più concitati. Trova comunque alcuni momenti interessanti come l’accompagnamento della serenata di Pedrillo del terzo atto, resa quasi come una marcia funebre allucinata. I cantanti non vengono sempre ben sorretti, e qualche volta fanno fatica a superare il suono proveniente dalla buca. L’orchestra non riesce a seguire indefessamente il gesto del direttore ma offre comunque una prova discreta. Buoni assai i brevi interventi del Coro preparato da Andrea Faidutti.
Le voci soliste non sono sempre all’altezza dei ruoli. Cornelia Götz è una Konstanze dalla voce esile, più piena in alto e vuota in basso, motivo per cui non sembra a proprio agio con la tessitura del ruolo. Gioca poco con i colori e anche il fraseggio risulta piuttosto generico. La personalità un po’ dimessa inoltre non la aiuta a gestire un ruolo che pare più grande di lei.
Qualche intenzione in più emerge nella Blonde di Julia Bauer. Ma anche se il fraseggio e la recitazione sono a posto, la voce appare stridula, con un timbro poco gradevole, e le agilità vengono sempre prese con cautela. In sostanza non fa danni, ma neanche emerge.
Bernard Berchtold si disimpegna bene nel ruolo di Belmonte, con una voce non grandissima ma consistente soprattutto nel registro centrale e acuto. Tuttavia non va molto oltre l’approccio vocale, risultando incolore e monotono nel fraseggio.
Migliore appare Johannes Chum nel ruolo di Pedrillo. Anche se risulta penalizzato dai tempi nell’aria del secondo atto, il tenore austriaco regala col suo timbro chiaro una buona prova nella serenata “In Mohrenland gefangen war”, denotando un buon fraseggio e discrete dinamiche di colori.
L’Osmin di Mika Kares emerge come il migliore del cast. La voce è ampia su tutta la linea e le agilità sono risolte con scioltezza e buon piglio, anche se il fraseggio risulta ogni tanto un po’ anonimo. La personalità spiccata lo aiuta inoltre a tirare fuori Osmin dalle secche di un macchiettismo fine a se stesso.
Va ovviamente segnalata la buona prova attoriale di Karl-Heinz Macek come Selim.
Alla fine tiepido successo, qualche fischio e alcuni posti lasciati vuoti. Se si vuole osare, che si faccia almeno fino in fondo.
Teatro Comunale di Bologna – Stagione 2016/2017
DIE ENTFÜHRUNG AUS DEM SERAIL
Singspiel in tre atti K 384
Libretto di Friedrich Bretzner rielaborato da Johann Gottlieb il giovane
Adattamento dei dialoghi di Martin Kušej e Albert Ostermaier
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Selim Karl-Heinz Macek
Konstanze Cornelia Götz
Blonde Julia Bauer
Belmonte Bernard Berchtold
Pedrillo Johannes Chum
Osmin Mika Kares
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Nikolaj Znaider
Regia Martin Kušej
Scene Annette Murschetz
Costumi Heide Kastler
Luci Reinhard Traub
Maestro del coro Andrea Faidutti
Produzione del Teatro Comunale di Bologna col Festival d’Aix-en-Provence e Musikfest Bremen
Bologna, 26 gennaio 2017