Chiudi

Treviso, Teatro Comunale – Norma

Condivisioni

La prima preoccupazione di Vincenzo Bellini, accingendosi a pianificare i lavori di Norma, la sua nuova opera per il Teatro La Scala che sarebbe andata in scena il 26 dicembre del 1831, fu quella di assicurarsi i cantanti. Sicuro della presenza di Giuditta Pasta quale protagonista, concepì un ruolo che esaltasse il «carattere enciclopedico» della grande artista. La Pasta ebbe pertanto un peso determinate nella concezione della parte vocale di Norma che richiede, anche nel breve volgere di poche battute, un canto parlante, declamato, spianato, eroicamente marcato, ad ampio fraseggio, con agilità drammatiche; e ciò nel registro medio e acuto, a volte in quello grave. Il lungo monologo all’inizio del secondo atto, quando la protagonista, novella Medea, è tentata dal folle gesto di uccidere nel sonno i due figli avuti da Pollione, è pensato proprio per le doti di un’attrice-cantante provetta. La Pasta aveva costruito, infatti, parte della sua carriera su tragedie di stampo neoclassico come Gli Orazi e i Curiazi di Cimarosa o Medea in Corinto di Mayr, che prevedevano grandi scene di recitativo accompagnato nei momenti culminanti della vicenda. Ciò non significò che tutto filò liscio e senza intoppi. La celebre cavatina «Casta diva», ammaliante preghiera alla luna, costò non pochi problemi al compositore e alla primadonna; Bellini fece riscrivere più volte il testo a Romani e la Pasta eseguì l’aria un tono sotto, non nella tonalità originale di sol maggiore ma in fa maggiore, perché la tessitura era troppo acuta. Il cantabile è tra i sommi esempi di come Bellini volesse realizzare «melodie lunghe lunghe lunghe» – per usare le parole di Giuseppe Verdi -, capaci di distendersi senza apparenti soluzioni di continuità. Va pur detto che, a causa delle estenuanti prove per il suo debutto scaligero, la sera della prima la grande cantante, indisposta, ebbe una resa incostante.

Al Teatro Comunale Mario Del Monaco di Treviso, vincitrice del concorso internazionale Toti Dal Monte, quale Norma si è ascoltata Roberta Mantegna. Della ventottenne palermitana si è apprezzato l’impegno nell’affrontare un ruolo così arduo e pieno di ostacoli che in parte ha certamente superato. È chiaro che non trovandosi nemmeno tra le più accreditate interpreti della scena internazionale una Norma completa, un giudizio sulla giovane selezionata a Treviso va espresso in prospettiva. La voce è pulita, timbrata e piuttosto omogenea dal grave all’acuto. L’agilità drammatica, la varietà di colori sono ancora da acquisire ma a conti fatti la Mantegna ci è parsa la migliore della serata, anche dal punto di vista scenico.
Faceva ben sperare anche Yulia Gorgula, di San Pietroburgo, ma progressivamente ha ceduto con uno spiacevole incidente tecnico nel secondo atto. La causa di ciò si deve a due fondamentali ragioni. La prima è legata alla scrittura belliniana, che prevede un soprano autentico anche per il ruolo di Adalgisa. Alla Scala, nel 1831, la parte fu affidata a Giulia Grisi, voce chiara e agile ma piena e robusta: Bellini la sceglierà in seguito per creare l’impegnativo ruolo di Elvira nei Puritani. Se si decide, come al Comunale di Treviso, di eseguire i duetti di Norma e Adalgisa in tono, bisogna assicurarsi che anche la giovane sacerdotessa sia in grado di sostenere una tessitura acuta che si spinge fino al do. Altrimenti, com’è prassi quando si opta per una Adalgisa mezzosoprano, si abbassa la parte. La Gorgula, pur avendo sostenuto ruoli sopranili, non ha pienamente intonato il do della cabaletta del primo atto e poi nel secondo si è addirittura interrotta. Dispiace perché ha un timbro pregevole e sicuramente la sentiremo ancora in altro repertorio. La seconda ragione delle difficoltà incontrate dalla cantante russa è certamente dovuta all’inesperienza di chi non sa distribuire risorse ed energie durante le prove e nel corso della recita. Questo vale un po’ per tutti i debuttanti che avrebbero bisogno di essere seguiti con un’attenzione particolare, insegnando loro di non arrivare stremati la sera della prima. Ma tant’è. Come detto sopra anche Giuditta Pasta peccò in tal senso.
Per quanto riguarda il resto della compagnia, il basso ucraino Volodymyr Tyshkov è ancora acerbo e i suoi suoni sono alquanto ruvidi per il bel cantabile di Oroveso «Ah! Del Tebro al giogo indegno». Il tenore Nelson Ebo, nato in Angola, ha emissioni spinte e di forza che nulla hanno a che vedere con il canto belliniano. Solo per curiosità, ricordo che il primo interprete Domenico Donzelli, di formazione rossiniana, cantava dal sol al do acuto in falsettone. Adeguato Eder Vincenzi quale Flavio e funzionale Valentina Corò come Clotilde.

Visivamente, sono state ricreate le scenografie che Alessandro Sanquirico ideò per il Teatro La Scala nel 1831. Una scelta che voleva essere fondamentalmente filologica, senza trasgressioni ardite e a volte inutili. Tuttavia il regista Alessandro Londei ci è parso fin troppo rinunciatario e la presenza di mimi, quali personificazioni di demoni e mostri oscuri che percorrono l’intimo di Norma, non è parsa sufficiente a dare piena sostanza allo spettacolo. Pertinenti nel contesto scenico i costumi di Veronica Pattuelli.
Il direttore Sergio Alapont, alla guida dell’Orchestra Città di Ferrara, ha fatto quel che poteva per mettere in evidenza la scrittura strumentale calibrata e leggera di Bellini, ma l’intrinseco lirismo della linea vocale, esaltato dalle potenzialità del timbro puro è rimasto più nelle intenzioni, né il coro Ensemble Vocale Continuum ha potuto aggiungere un contributo davvero determinante.

Teatro Comunale Mario Del Monaco – Stagione lirica 2016/2017  
NORMA
Tragedia lirica in due atti. Libretto di Felice Romani
dalla tragedia di Alexandre Soumet
Musica di Vincenzo Bellini

Pollione Nelson Ebo
Oroveso Volodymyr Tyshkov
Norma Roberta Mantegna
Adalgisa Yulia Gorgula
Clotilde Valentina Corò
Flavio Eder Vincenzi

Orchestra Città di Ferrara
Coro Ensemble Vocale Continuum
Direttore Sergio Alapont
Maestro del coro Luigi Azzolini

Regia Alessandro Londei
Scene Alessandro Sanquirico
Costumi Veronica Pattuelli
Treviso, 14 ottobre 2016

image_print
Connessi all'Opera - Tutti i diritti riservati / Sullo sfondo: National Centre for the Performing Arts, Pechino