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Roma, Teatro dell’Opera – Tristan und Isolde

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Giorno e notte. Amore e morte. Bramoso anelito e trasfigurazione incorporea. Su queste tematiche si basa, principalmente, Tristan und Isolde, azione in tre atti su musica e libretto di Richard Wagner la cui prima avvenne al Königliches Hof- und Nationaltheater di Monaco di Baviera nel 1865. La vicenda è nota, essendo diffusa dal XII secolo in differenti versioni, in prosa e poesia, in tutta Europa; la storia dei due amanti adulteri assume, però, un connotato ulteriore in Wagner: nell’opera l’amore tra Tristan e Isolde non viene concretamente vissuto, è quasi un sogno, un desiderio che deve rimanere inappagato. Sono due creature che vivono in un loro mondo spirituale, la loro relazione è l’unione di due anime che si sono trovate e che non potranno lasciarsi mai più, andando persino oltre la morte.

Titolo inaugurale della Stagione 2016/2017 del Teatro dell’Opera di Roma, lo spettacolo si avvale della regia del franco-libanese Pierre Audi, in coproduzione con il Théâtre des Champs-Élysées di Parigi e De Nationale Opera di Amsterdam. Audi concepisce un allestimento astratto e metafisico, molto delicato, dove i personaggi non sono resi in maniera realistica, spesso restano immobili o si sfiorano appena. Nella lettura del regista, il filtro del I atto è sostituito da due pietre magiche, rappresentanti l’amore e, quella nera, la morte: è attorno a quest’ultima che Isolde compie il rito con Tristan, mentre alle sue spalle l’ancella cerca di spezzare l’incantesimo con l’altro minerale. A questa idea di essenzialità a tratti immateriale concorrono anche i costumi, sobri e giocati prettamente su cromie azzurrate, e le scene simboliche e rarefatte di Christof Hetzer, evocanti un mondo marittimo freddo: nel I atto vediamo pezzi di metallo, brandelli di navi cargo di oggi che si scompongono e ricompongono per creare muri; nel II una selva di vertebre di balena e un grande, incombente menhir; nel III una landa spoglia e desolata, dove evidente è il messaggio di morte rappresentato da una mummia posta su di una struttura lignea sopraelevata. Basilare la presenza sul fondo del palcoscenico di un cyclorama, importante per creare un senso di profondità, messo in contrasto con un semplice quadrato nero, simbolo di morte. Di forte impatto estetico le luci, tendenzialmente algide e taglienti, curate da Jean Kalman; completano il team registico Willem Bruls (drammaturgo) e Anna Bertsch (video). Onirico e ben riuscito l’atteso Isolde Liebestod: in una completa smaterializzazione del personaggio, vediamo una semplice ombra scura di donna stagliarsi sullo sfondo di un bianco accecante e nitido.

Al debutto sul podio dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, il maestro Daniele Gatti, da molti considerato – a ragione – uno dei pochi direttori italiani affermatisi come interpreti wagneriani di riferimento, sulla scia di Arturo Toscanini, Victor De Sabata e Giuseppe Sinopoli. Gatti ha infatti diretto titoli di Wagner a Bologna, alla Scala, all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, a Bayreuth, Zurigo, Parigi, New York e Salisburgo. Sin dalle prime note del Preludio, Gatti predilige una direzione sinfonica, intima e raccolta, dal suono turgido di puro smalto, cangiante nelle sonorità: a volte luminose e trasparenti, cesellate preziosamente in punta di bacchetta, come nella sensuale Liebesnacht, altre invece maggiormente affondate e sostenute, di grande forza ma mai soverchianti, in particolare nei Finali I e II. Una lettura analitica nell’agogica dei tempi, densa e raffinata, soffusamente erotica ed estatica, in grado di passare da accordi impalpabili a tonalità febbrili. Fondamentale, nell’ottica di Gatti, è il concetto romantico espresso dalla parola Sehnsucht, che potremmo tradurre con anelito, brama di attesa.

Vigoroso il Tristan del tenore austriaco Andreas Schager: in possesso di una vocalità squillante, torrenziale, ben salda in acuto, a suo agio nell’impervia tessitura del protagonista. Scolpendo i recitativi con fermezza e intelligenza, delinea un personaggio ossessionato e tormentato, introspettivo più che eroico; da segnalare un lieve affanno, dovuto probabilmente alla stanchezza e sicuramente perdonabile, durante il duetto d’amore e nel micidiale monologo dell’atto conclusivo, che non ha però inficiato la sua prestazione.

Accanto a lui, l’Isolde volitiva e dominatrice del soprano britannico Rachel Nicholls: voce di buon volume e dal timbro chiaro, pastosa, morbida nell’emissione del registro medio-grave, affetta da vibrato metallico in quello acuto. Curata nella dizione e nella recitazione, canta con lirismo scevro da sognanti bamboleggiamenti il finale “Mild und leise”.

Il basso americano John Relyea è un Re Marke affascinante, dolente, virile, variegato nel fraseggio, granitico nella voce scura e corposa, maestoso e aitante nel portamento. Accorato interprete nel dolente interrogatorio “Mir dies? Dies, Tristan, mir?”, velato da nostalgica malinconia e sofferenza.

Cantato con gusto e ben recitato il Kurwenal del baritono italo-canadese Brett Polegato, svettante in acuto ed energico in scena. Matronale la Brangäne del mezzosoprano sudafricano Michelle Breedt, vocalità rotonda e di buon peso ma non sempre udibile nelle note basse. Ben caratterizzato il tenore gallese Andrew Rees nei panni dell’infido Melot, in questa edizione un vecchio viscido e storpio. Completano il cast con correttezza, precisione e cura nella pronuncia il tenore tedesco Rainer Trost (Un giovane marinaio), il tenore Gregory Bonfatti (Un pastore) e il baritono Gianfranco Montresor (Un pilota).

Incisivi e puntuali gli interventi del Coro del Teatro dell’Opera di Roma, diretto da Roberto Gabbiani.

Pubblico partecipe e caloroso con punte di festante entusiasmo per Andreas Schager, Rachel Nicholls, John Relyea e, in misura minore, Brett Polegato; isolati dissensi per l’aspetto visivo. Trionfo indiscusso e unanime per Daniele Gatti, accolto a fine recita da ripetute ovazioni.

Teatro dell’Opera – Stagione 2016/2017
TRISTAN UND ISOLDE
Azione in tre atti su musica e libretto di Richard Wagner

Tristan Andreas Schager
König Marke John Relyea
Isolde Rachel Nicholls
Kurwenal Brett Polegato
Melot Andrew Rees
Brangäne Michelle Breedt
Ein Hirt Gregory Bonfatti
Ein Steuermann Gianfranco Montresor
Ein junger Seemann Rainer Trost

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Daniele Gatti
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Pierre Audi
Scene e costumi Christof Hetzer
Drammaturgo Willem Bruls
Luci Jean Kalman
Video Anna Bertsch
Roma, 27 novembre 2016

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