Rosmonda d’Inghilterra è uno dei titoli più rari di Gaetano Donizetti. Un’opera negletta, tanto che perfino il ponderoso tomo di William Ashbrook sulla vita e le opere del compositore bergamasco le dedica non più di mezza pagina. Dopo la prima alla Pergola di Firenze nel 1834, è stata eseguita nel 1975 in forma di concerto presso la Queen Elizabeth Hall di Londra. Praticamente null’altro, dopo una ripresa livornese nel 1845. Dunque, un lavoro sfuggito alla cosiddetta Donizetti renaissance.
Il 2016, invece, sembra essere l’anno di Rosmonda, che dopo le tre recite di questi giorni all’Opera di Firenze, anche qui in forma di concerto, il prossimo novembre verrà allestita al Donizetti di Bergamo con la regia di Paola Rota: sarà interessante vedere come Rosmonda reagirà al palcoscenico, alle scene e ai costumi.
Rosmonda insomma è “opera che deve essere messa all’opera”, perché la prova della forma concertistica la supera piuttosto agevolmente: le due ore e mezza di musica passano scorrevoli e con una notevole piacevolezza d’assieme. Sarebbe tuttavia eccessivo gridare al capolavoro misconosciuto: pur nella gradevolezza del prodotto si avverte un senso di déjà écouté, come se questo melodramma in fondo non aggiungesse nulla al genio del compositore. C’è chi sostiene che l’opera sia caduta nell’oblio perché mancano – o meglio mancherebbero – i cantanti per eseguirla. Nessuno mette in dubbio che le parti vocali in Rosmonda abbiano una rilevanza estrema: è una partitura di belcanto senza se e senza ma. Però è altrettanto vero che dal 1845 a oggi, fuoriclasse che avrebbero potuto sostenere le parti, in particolare nei registri femminili, non sono mancati. In ogni caso, ben vengano tutte le proposte che ampliano le possibilità di ascolto e che consentono di variare un repertorio ormai cristallizzato nei soliti dieci/quindici titoli ripetuti all’infinito.
La serata è stata dominata dalla prova di Jessica Pratt nel ruolo del titolo. Il soprano australiano ha padroneggiato il canto con una facilità e una leggerezza che hanno sbalordito, soprattutto se si pensa che aveva da poco terminato le recite di Semiramide e che venerdì sera aveva dato, sempre a Firenze, un concerto di arie donizettiane e belliniane. Registro acuto svettante e sicuro, agilità fluidissime, spettacolare messa di voce nel concertato del secondo atto, grande intelligenza vocale: mai un acuto tenuto più del dovuto per non rovinare l’effetto dell’insieme. Una grande prova.
Vicino a lei non hanno sfigurato gli altri. Nel complesso molto buona la prova di Michael Spyres nel ruolo di Enrico II: bella voce tenorile con un timbro interessantissimo nel registro centrale, ampio e rotondo; anche il settore acuto si mostra solido, pur notandosi qui un certo restringimento del suono.
Eva Mei, professionista di rango, è molto maturata come interprete e realizza una Eleonora d’Aquitania perfida al punto giusto, pur mantenendosi sempre nei limiti imposti dal belcanto. Soprattutto nel primo atto si è notata qualche difficoltà nell’ottava bassa, ma anche la sua prova è stata di ottimo livello. L’edizione eseguita a Firenze, che ha messo in scena la prima versione dell’opera, non prevede la cabaletta finale che Donizetti aggiunse per una versione successiva, ma la Mei non ha fatto rimpiangere questa mancanza: il suo recitar cantando nelle ultime battute dell’opera è stato un momento di grande teatro musicale.
Nel ruolo piuttosto ingrato del paggio Arturo (che ricorda decisamente Smeton) si è ben disimpegnata Raffaella Lupinacci, mezzosoprano dal timbro caldo e scuro, quasi contraltile, che dopo un primo atto così così è cresciuta in corso d’opera, regalando al pubblico un’esecuzione molto elegante della sua aria. Professionale e ottimo cantante Nicola Ulivieri nel ruolo di Clifford, voce timbrata, calda, con canto e interpretazione decisamente corretti.
Il tutto è stato molto ben condotto e concertato da Sebastiano Rolli, una piacevole sorpresa e una conferma al tempo stesso. A Rolli questa Rosmonda piace, ci crede e lo dimostra: il merito della gradevolezza della serata è in buona parte suo. È stato attento ai cantanti e alle loro esigenze. Ciò non significa che la sua direzione fosse tesa a compiacere gli interpreti. Rolli si è dimostrato molto attento all’insieme, all’incalzare della vicenda, cui ha impresso un ritmo decisamente serrato.
Come sempre ottimi Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino. Buona presenza di pubblico e grande successo, con punte di autentico entusiasmo per Jessica Pratt.
Opera di Firenze – Belcanto Festival 2016
ROSMONDA D’INGHILTERRA
Melodramma serio in due atti. Libretto di Felice Romani.
Musica di Gaetano Donizetti
Enrico II Michael Spyres
Leonora di Gujenna Eva Mei
Rosmonda Jessica Pratt
Clifford Nicola Ulivieri
Arturo Raffaella Lupinacci
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Sebastiano Rolli
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Versione in forma di concerto
Firenze, 15 ottobre 2016