Nell’ambito del “Progetto Shakespeare” e in coproduzione con OperaLombardia e I Teatri di Reggio Emilia, il Ponchielli di Cremona ha visto debuttare la produzione di A Midsummer Night’s Dream, opera lirica del compositore inglese Benjamin Britten. Nell’arco di quattro serate, il Ponchielli mette in scena, in alternanza, l’omonima commedia scritta da William Shakespeare e l’opera di Britten, il cui libretto si basa ampiamente sull’originale cinquecentesco. La regia di entrambi gli spettacoli è firmata da Elio De Capitani, affiancato da Ferdinando Bruni (che disegna anche i costumi) per quanto concerne questo Britten.
È lo stesso De Capitani a illustrare la propria concezione scenica nelle Note di regia: “Abbiamo costruito un intero contenitore della favola – che è esso stesso un doppio onirico del bosco – trasformato da noi in un luogo liminale che corrisponde al bosco della nostra infanzia: la soffitta magica del palazzo, non realistica ma onirica – il luogo dove si aggirano le creature lunari guidate da Oberon e Tytania. Nella prima scena i bimbi/elfi appariranno direttamente in scena, addormentati. Per permettere ai ragazzi e alle ragazze del coro di voci bianche di vivere l’esperienza teatrale con una consapevolezza legata ad una immagine metaforica a loro comprensibile, abbiamo detto di pensare di essersi appena addormentati nelle loro camerette e di essere trasportati in sogno nella soffitta-bosco: quello che ha inizio appena aprono gli occhi è il loro sogno. Del resto Puck dirà agli spettatori che pure loro hanno sognato, alla fine dello spettacolo”.
La scenografia di Carlo Sala, sapientemente illuminata da Nando Frigerio, assolve al compito affidatole dalla regia: la grande facciata del palazzo si scompone e si ricompone lasciando spazio a numerosi sipari erbosi che calati verticalmente e lateralmente dalle quinte danno origine al bosco fatato. Sul palco, pochi oggetti e del mobilio antico veicolano l’immagine di una soffitta polverosa. La corte di Oberon e Tytania viene rappresentata come una piccola armata di freaks: le fate sono creature barbute, gli elfi e i folletti indossano strani abiti e strani cappelli e si aggirano per la scena con fare ambiguo e allucinato. Se visivamente, l’allestimento presenta poche ma comunque godibili attrattive, è il lavoro fatto sul cast a colpire nel segno: la quantità dei movimenti scenici e la coordinazione dell’insieme sono davvero impressionanti ed è all’evidente scrupolosità con cui registi, cantanti, attori e mimi hanno preparato questa produzione che va il mio plauso più convinto.
Francesco Cilluffo a capo di una formazione ridotta dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali, lascia trasparire uno studio certosino della partitura britteniana che si traduce in una conduzione attenta e particolarmente ispirata. La sezione dei legni e quella degli ottoni, determinanti in tutta la musica di Britten, risultano qui particolarmente a fuoco, così come gli archi donano rilievo e pathos in alcuni dei momenti decisivi dell’opera. Direttore e membri del cast sono peraltro bravissimi, considerata la massiccia azione scenica, a non perdere mai di vista il tempo e a non trascurare la cura delle dinamiche.
Il ruolo di Oberon fu espressamente plasmato da Britten sulla voce eterea e quasi disincarnata del celebre controtenore Alfred Deller. Occorre tuttavia sottolineare quanto questa vocalità sia andata incontro, soprattutto nel corso degli ultimi vent’anni, a mutamenti di gusto che hanno spinto la maggior parte dei falsettisti oggi esistenti, alla ricerca di una timbrica che fosse il più possibile simile a quella femminile del mezzosoprano e, talvolta, del soprano. La tendenza, un tempo unanimamente diffusa, all’emissione fissa è oggi quasi del tutto scomparsa, per lasciare invece spazio a voci più timbrate e a un’emissione più tornita. È questo il caso di Raffaele Pe, chiamato a vestire i panni del Re degli Elfi in questa produzione. Il suo Oberon si distingue infatti per uno strumento dolce e per un’emissione caratterizzata da un vibrato morbido e molto piacevole. La tessitura del personaggio si mantiene per lo più sulla fascia centrale (quella che fu la migliore nella vocalità di Deller), ma nei momenti, invero sporadici, in cui Britten la estende verso l’alto o verso il basso, Pe dimostra di essere in grado di mantenere l’omogeneità del proprio colore. Sul versante scenico, poi, non ho potuto fare a meno di notare l’incredibile somiglianza con il vampiro Lestat, così come Tom Cruise lo impersonava nel film del 1994 Intervista col vampiro di Neil Jordan: gli abiti settecenteschi, il volto interamente coperto dal cerone bianco e gli occhi bistrati conferiscono al personaggio un’aria spettrale e, al contempo, seducente.
A Tytania sono riservate pagine di coloratura le quali, sebbene non siano contraddistinte da difficoltà trascendentali, necessitano indubbiamente di un soprano che sia dotato di buona tecnica; in quest’ottica, la Regina delle Fate di Anna Maria Sarra sa bene come far scintillare acuti e picchiettati, riuscendo a veicolare pienamente l’aspetto “magico” del suo personaggio anche grazie a un timbro brillante e smaltato: in definitiva, un’ottima prova.
I quattro innamorati – che, come Cilluffo giustamente sottolinea nelle Note musicali, evidenziano l’amore per il teatro musicale mozartiano da parte di Britten nel loro essere stati accoppiati secondo lo schema vocale del Così fan tutte: Lysander (tenore) e Hermia (mezzosoprano), Demetrius (baritono) e Helena (soprano) – sono interpretati da quattro giovani cantanti-attori di talento, tra i quali spiccano il tenore Alex Tsilogiannis, di buona voce e bella presenza scenica, e il soprano Angela Nisi. La Nisi, in particolare, acquistando una sicurezza sempre maggiore durante il corso della recita, si rivela cantante assai musicale ed attrice spigliata. Al loro fianco, ugualmente preparati e degni di nota, il baritono Paolo Ingrasciotta e il mezzosoprano Cecilia Bernini.
Il sestetto degli Artigiani (che indossano le divise tipiche della working class) si segnala per l’esuberante verve scenica e per l’affiatamento tra i singoli componenti. Su tutti, il Bottom di Zachary Altman, baritono in possesso di una voce scura e sonora, che, avvantaggiato dalla madrelingua inglese, fa risaltare il personaggio in tutta la sua carica di spiritosa rozzezza. Pregevolissime le caratterizzazioni di tutti gli altri, a cominciare dal Flute del tenore Roberto Covatta – che, anzi, canta anche piuttosto bene – per continuare con Rocco Cavalluzzi (Snug), Claudio Grasso (Snout), Dario Shikhmiri (Starveling) e Nicholas Masters (Quince). Ben realizzati, all’ultimo atto, il Theseus di Federico Benetti e la Hippolyta di Arina Alexeeva.
Bravi i ragazzi del Coro di voci bianche Mousiké – SMIM “Vida” di Cremona – diretto da Hector Raul Dominguez – dal quale sono emerse le quattro fate di Alice Bettoli, Sofia Butti, Sveva Quattrone e Chiara Vasarotti.
Merita un discorso a parte il Puck sensuale e magnetico portato sulla scena dall’attore Simone Coppo. Il capello riccio, la fisicità guizzante a metà strada fra l’adolescente e l’adulto, l’atteggiamento scanzonato e irriverente richiamano alla mente Ninetto Davoli, o uno dei “ragazzi di vita” di pasoliniana memoria, esemplificando al meglio la definizione che Britten stesso ebbe modo di dare del folletto narratore: “absolutely amoral and yet innocent”.
Teatro Ponchielli – Stagione Opera 2016
A MIDSUMMER NIGHT’S DREAM
Opera in tre atti
Libretto di Benjamin Britten e Peter Pears dall’omonima commedia di William Shakespeare
Musica di Benjamin Britten
Oberon Raffaele Pe
Tytania Anna Maria Sarra
Puck Simone Coppo
Theseus Federico Benetti
Hippolyta Arina Alexeeva
Lysander Alex Tsilogiannis
Demetrius Paolo Ingrasciotta
Hermia Cecilia Bernini
Helena Angela Nisi
Bottom Zachary Altman
Quince Nicholas Masters
Flute Roberto Covatta
Snug Rocco Cavalluzzi
Snout Claudio Grasso
Starveling Dario Shikhmiri
Quattro fate Alice Bettoli, Sofia Butti, Sveva Quattrone, Chiara Vasarotti
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coro di voci bianche Mousiké – SMIM “Vida” di Cremona
Direttore Francesco Cilluffo
Maestro del coro di voci bianche Hector Raul Dominguez
Regia Ferdinando Bruni, Elio De Capitani
Scene Carlo Sala
Costumi Ferdinando Bruni
Luci Nando Frigerio
Coproduzione dei Teatri di OperaLombardia e de I Teatri di Reggio Emilia
Cremona, 7 ottobre 2016