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Scala: i “Vespri” all’epoca dello sbarco in Sicilia. L’opera di Verdi secondo de Ana e Luisi

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I Vespri siciliani, ventesima opera di Giuseppe Verdi, torna in scena al Teatro alla Scala per sette rappresentazioni dal 28 gennaio al 21 febbraio con la direzione di Fabio Luisi e la regia, scene e costumi di Hugo de Ana, che  colloca la vicenda durante lo sbarco alleato in Sicilia nella Seconda guerra mondiale. Le luci sono di Vinicio Cheli, la coreografia di Leda Lojodice. Tutte le rappresentazioni hanno inizio alle ore 19 e l’opera si esegue con due intervalli. Un’ora prima di ogni rappresentazione gli spettatori potranno partecipare a una conferenza introduttiva nel Ridotto dei Palchi tenuta dal professor Claudio Toscani. La prima, il 28 gennaio, sarà trasmessa in diretta da Rai Radio Tre.

La recita del 14 febbraio sarà il primo spettacolo trasmesso in streaming sulla piattaforma LaScalaTV, che offrirà dirette, registrazioni e contenuti speciali dando la possibilità di entrare nella famiglia scaligera a un pubblico globale, ma permettendo anche a chi viene spesso di rivedere spettacoli e approfondimenti. I dettagli del progetto saranno comunicati nel corso di una conferenza stampa il 9 febbraio.

Molte le ragioni che rendono il nuovo allestimento scaligero particolarmente atteso: oltre al prestigio del direttore e del regista, la lunga assenza del titolo dal Piermarini (l’ultima edizione de I Vespri siciliani alla Scala fu quella firmata da Riccardo Muti e Pier Luigi Pizzi il 7 dicembre 1989) e un cast di grande richiamo. Elena è Marina Rebeka, che alla Scala è stata applaudita come commovente Violetta con Zubin Mehta ed elegante Thaïs con Lorenzo Viotti e si è imposta tra le interpreti più attendibili del nostro tempo per tecnica ed equilibrio tra urgenza espressiva e proprietà di stile. Marina Rebeka tornerà alla Scala come Mimì a marzo. Le ultime due rappresentazioni segnano il debutto scaligero di Angela Meade, artista acclamatissima oltreoceano che negli ultimi anni si è imposta anche sulle scene europee. Arrigo ha lo squillo sicuro di Piero Pretti, ancora fresco degli applausi per il suo Duca di Mantova nel Rigoletto diretto da Michele Gamba nel giugno scorso. Alla Scala Pretti ha superato anche le proibitive tessiture del Pirata di Bellini diretto da Riccardo Frizza nel 2018 ed è stato apprezzato anche in Anna Bolena, Lucia di Lammermoor e Un ballo in maschera. Luca Micheletti, figura straordinaria di attore e cantante impegnato in questi giorni anche come regista di prosa a Torino, è tra i protagonisti della Stagione della Scala nel 2023: dopo aver partecipato al Concerto di Natale diretto da Pablo Heras-Casado lo scorso dicembre, interpreta ora Guido di Monforte e tornerà come Marcello nella Bohème diretta da Eun-Sun Kim e nuovamente come Figaro nelle Nozze dirette da Andrés Orozco-Estrada. Con lui si alterna nelle ultime recite Roman Burdenko, già applaudito come Tomskij nella Dama di picche diretta da Valery Gergiev. Nei panni del patriota Giovanni da Procida, cui Verdi affida “O tu Palermo”, uno dei numeri più noti dell’opera, il basso Simon Lim: perfezionatosi all’Accademia del Teatro alla Scala, ha già partecipato a Gianni Schicchi, Don Carlo e Un ballo in maschera.

Fabio Luisi
Il direttore genovese giunge al suo quarto titolo operistico alla Scala dopo Manon di Massenet nel 2012 con la regia di Laurent Pelly, Don Carlo nel 2013 con Stéphane Braunschweig e Francesca da Rimini di Zandonai nel 2018 con David Pountney. Il rapporto con La Scala si è sviluppato nel corso degli anni anche nel repertorio sinfonico a partire dalla presenza nel 2008 con la Staatskapelle Dresden di cui era allora direttore musicale, ma soprattutto con numerosissimi concerti alla testa della Filarmonica in sede e in tournée. Luisi è stato direttore stabile tra l’altro dell’Orchestre de la Suisse Romande di Ginevra, dei Wiener Symphoniker, della  Staatsoper e la Staatskapelle di Dresda, del Metropolitan di New York, dell’Opera di Zurigo ed è oggi direttore musicale della Dallas Symphony Orchestra (con cui intraprenderà un nuovo Ring nel 2024 con la regia di Alberto Triola), direttore principale della Danish Radio National Symphony Orchestra, direttore principale della NHK Orchestra di Tokyo, direttore emerito dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e direttore onorario del Teatro Carlo Felice di Genova.

Hugo de Ana
De Ana, nato a Buenos Aires dove ha realizzato importanti spettacoli per il Teatro Colón, debutta alla Scala nel 2008 con una sontuosa, folgorante messa in scena di Lucrezia Borgia di Donizetti diretta da Gianluigi Gelmetti con Renée Fleming. Il successo induce il Teatro ad affidargli l’anno seguente la nuova produzione de La forza del destino diretta da Riccardo Muti e portata anche in Giappone, e il 7 dicembre 2000 l’inaugurazione con Il trovatore della stagione verdiana per il centenario della morte del compositore nel 2001. Nel 2002, trasferitosi il Teatro agli Arcimboldi, de Ana firma un fortunato allestimento di Samson et Dalila diretto da Gary Bertini con Plácido Domingo e Olga Borodina. Dopo l’incursione nel repertorio comico con Le Comte Ory ambientato nella follia immaginifica di un quadro di Bosch per il Rossini Opera Festival di Pesaro, de Ana è atteso per La traviata a Maiorca, Il barbiere di Siviglia a Verona, Tosca a Bologna e La bohème a Bari.

I Vespri alla Scala
La composizione dei Vespri risulta da una combinazione di obblighi contrattuali e slancio sperimentale. Licenziata La traviata, il compositore torna alla pace di Sant’Agata deciso a non accettare nuove commissioni e dedicarsi in libertà a nuovi progetti. Dopo il successo di Jérusalem, riscrittura francese dei Lombardi nel 1847, l’Opéra gli aveva richiesto un nuovo titolo francese a partire da un libretto di Scribe che avrebbe dovuto giungergli nel 1853. Di fronte alla mancata consegna, Verdi aveva sperato di potersi sottrarre al contratto: non voleva assumersi l’impegno di un grand-opéra né per ragioni artistiche, annoiato dall’obbligo dei balletti e delle scene esornative di genere, né economiche (“bisognerà scrivere l’opera in francese… auf! ed intanto avrei scritto due o tre opere in italiano con più piacere e maggior guadagno”). Scribe produsse tuttavia con prontezza un nuovo libretto con Charles Duveyrier adattando il suo precedente Duc d’Albe lasciato incompiuto da Donizetti nel 1839 e Verdi, trasferitosi a Parigi nell’ottobre 1853, terminò l’opera dopo continue discussioni con il poeta e altri incidenti inclusa una fuga d’amore della protagonista Sofia Cruvelli. Ma il vero conflitto è piuttosto quello interno alla composizione, tra le costrizioni imposte dal Grand-Opéra e la ricerca di forme nuove e di un nuovo trattamento dell’orchestra che è alla base dello sviluppo dell’ironia e del disegno delle scene collettive che ritroveremo in Un ballo in maschera e ne La forza del destino. Les Vêpres siciliennes andò in scena all’Opéra il 13 giugno 1855 con gran successo e conquistandosi l’ammirazione dei colleghi francesi, primi tra tutti Berlioz e Auber. Conscio che i governi italiani non avrebbero ammesso la rappresentazione di una rivolta popolare in Italia, Verdi incarica Ettore Caimi di tradurre il libretto spostando (“a mie spese e sotto la mia direzione”) l’azione in Portogallo. Les Vêpres approda al Regio di Parma il 26 dicembre (inaugurazione della Stagione di Carnevale) con il titolo Giovanna di Guzman. Il 2 gennaio 1856, con lo stesso titolo, si ha la prima scaligera, il cui esito è intiepidito dal fatto che gli italiani, poco avvezzi all’inserimento delle danze, accolgono il pur splendido balletto “Le quattro stagioni” con “noia e disapprovazione universali”. Nella ripresa per l’inaugurazione della Stagione 1857/58 non andrà in scena. Nei teatri italiani l’opera ritrova la sua ambientazione originaria e guadagna il titolo I Vespri siciliani dopo l’Unità: così alla Scala, il 7 febbraio 1864, e per l’inaugurazione della Stagione 1875/76. Nel ‘900, l’opera torna in cartellone nella Stagione 1908/09, ma soprattutto è scelta da Victor De Sabata nel 1951 per inaugurare la nuova data d’inaugurazione delle stagioni scaligere: il 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio. Lo spettacolo è di Hubert Graf, cantano Enzo Mascherini, Eugene Conley e Boris Christoff, ma la serata è tutta di Maria Callas che a pochi mesi dal debutto scaligero sostituendo la Tebaldi in Aida il 12 aprile 1950 trovava una consacrazione che sarebbe stata confermata poche settimane dopo con Norma, dal 16 gennaio 1952. Passano 18 anni ed è di nuovo un 7 dicembre, quello del 1970, a segnare il ritorno del titolo, che peraltro si addice alle serate inaugurali per la grandiosa solennità, l’argomento patriottico e l’impiego di tutte le forze artistiche del Teatro. Dirige Gianandrea Gavazzeni, il regista Giorgio De Lullo osa la trasposizione temporale del libretto (la vicenda aveva peraltro già viaggiato dalle Fiandre del Duca d’Alba alla Sicilia dugentesca spingendosi a toccare il Portogallo del 1640) scegliendo di chiedere a Pier Luigi Pizzi, scenografo e costumista, un’ambientazione risorgimentale. La serata resta memorabile anche per gli appalusi riservati dal pubblico alla Callas, ospite in palco di proscenio, che susciteranno una polemica dolorosa con la protagonista, una magnifica Renata Scotto. Con lei erano Piero Cappuccilli, Gianni Raimondi e Ruggero Raimondi. Pizzi torna da regista per l’inaugurazione della Stagione 1989/1990 con la direzione eccellente di Muti ed esito contrastato alla prima per parte del cast costituito da Cheryl Studer, Chris Merritt, Giorgio Zancanaro e Ferruccio Furlanetto: in scena si sviluppa il tema risorgimentale, in buca Muti cerca soprattutto di approfondire lo sviluppo dei rapporti affettivi, amoroso e paterno.

Ulteriori informazioni: www.teatroallascala.org

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