Il progetto di riscoperta e rilancio del repertorio barocco italiano inaugurato dal Teatro alla Scala nel 2021 con il successo oltre ogni aspettativa de La Calisto, titolo veneziano di Francesco Cavalli, approda in terra napoletana con Li zite ngalera (Gli sposi sulla nave), musica di Leonardo Vinci sugli irresistibili versi in lingua partenopea di Bernardo Saddumene: cinque rappresentazioni dal 4 al 21 aprile per un’opera e un compositore mai ascoltati al Piermarini. La comicità trascinante giocata su equivoci e travestimenti e la felice caratterizzazione di ambienti e personaggi sono affidati all’estro registico di Leo Muscato – che ha conquistato il pubblico scaligero con il Barbiere di Siviglia diretto da Riccardo Chailly nel 2021 e che si avvale delle scene di Federica Parolini e dei costumi di Silvia Aymonino – e alla sapienza musicale di uno specialista come Andrea Marcon, che dirigerà musicisti dell’Orchestra della Scala su strumenti originali cui si aggiungeranno componenti de La Cetra Barockorchester. In palcoscenico un cast giovane, spigliato e in buona parte madrelingua con Raffaele Pe al debutto scaligero, Chiara Amarù, Francesca Pia Vitale, Francesca Aspromonte, Marco Filippo Romano, Antonino Siragusa, Filippo Mineccia, Filippo Morace, Alberto Allegrezza e Fan Zhou.
Il 31 marzo dalle 15 alle 18 avrà luogo nel Ridotto dei Palchi il convegno “La quotidianità trasfigurata della commeddeja pe museca” a cura di Raffaele Mellace con interventi di Paologiovanni Maione, Andrea Marcon, Dinko Fabris e dello stesso Mellace.
La rappresentazione del 21 aprile sarà trasmessa in diretta su www.lascala.tv.
Tutte le rappresentazioni saranno precedute da una presentazione a cura di Claudio Toscani, professore associato di Storia del melodramma e di Filologia musicale all’Università degli Studi di Milano. Gli incontri avranno luogo nel Ridotto dei Palchi un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.
Il compositore
Nato a Strongoli, nei pressi di Crotone, in una data imprecisata dell’ultimo decennio del ‘600, Leonardo Vinci si forma a Napoli, al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, ed entra al servizio del principe di Sansevero. Scrive opere per i principali teatri di Napoli, in particolare per il piccolo Teatro dei Fiorentini, e diviene insieme a Leonardo Leo l’autore più ricercato nel genere della “commeddeja pe museca”, piccola opera comica o sentimentale ricca di spunti naturalistici attinti dalla brulicante vitalità delle strade cittadine. La fama crescente lo porta a cimentarsi con l’opera seria nelle maggiori città italiane: nel 1724 è a Roma con Farnace (in cui canta Farinelli) dove tornerà nel 1726 con La Didone abbandonata e nel 1730 con Artaserse, entrambe su versi di Metastasio, e nel 1725 è a Venezia con Ifigenia in Tauride. Nel 1725 entra nella Cappella Reale di Napoli dove resta, fino alla morte avvenuta nel 1730 in circostanze mai chiarite: si parlò di un avvelenamento.
L’opera (ovvero commeddeja pe museca)
Li zite ngalera, rappresentata al Teatro dei Fiorentini il 3 gennaio 1722, è la prima commedia per musica della quale sia sopravvissuta la musica. L’autore del libretto è Bernardo Saddumene, pseudonimo di Andrea Bermures. La commedia di Vinci ottiene alla prima rappresentazione e alle numerose riprese un successo tale che quasi tre anni dopo, alla fine del 1724, si considerò un investimento sicuro riproporre su un altro palcoscenico, quello del Teatro della Pace, questo spettacolo che aveva fatto impazzire tutta Napoli. Un successo ripetutosi nel 1729 al Teatro Capranica di Roma in una versione rielaborata in lingua toscana dallo stesso Saddumene con musica arrangiata da Giovanni Fischietti, con il titolo La costanza.
L’azione di Li zite ngalera si svolge a Vietri, nei pressi di Salerno, ed è assai complessa. Ruota intorno a quattro giovani amanti dalle voci chiare, Ciomma, Belluccia, Carlo, Titta (rispettivamente tre soprani e un contralto) e a tre vecchi dalle voci scure, Meneca, Col’Agnolo, il capitano Federico (rispettivamente due tenori e un basso). Dopo la sua ripresa moderna nel 1979, si contano sulle dita d’una mano le occasioni di riascolto dal vivo di questa commedia musicale. Da ricordare tra i capitoli della riscoperta le rappresentazioni dirette da Massimo de Bernart al Teatro della Pergola per il Maggio Fiorentino nella revisione e regia di Roberto de Simone nel 1978.
Il direttore
“La cosa meravigliosa” – osserva Andrea Marcon in un’intervista a Carlo Mazzini per la rivista scaligera – “è che, in questo modo, il pubblico viene a teatro spinto dalla curiosità di sentire qualcosa di nuovo, e non per titoli di repertorio che conosce a memoria. Perché altrimenti l’unica cosa da discutere è la regia, che diventa la sola novità. Se invece si programmano opere da riscoprire – qualcuno ha mai sentito in teatro la Merope di Geminiano Giacomelli? – si crea nel pubblico la stessa curiosità di chi va al cinema a vedere un nuovo film. Che poi era il senso del teatro già all’epoca. Per Li zite, nel nostro caso, sono passati esattamente tre secoli dalla prima esecuzione. Oggi possiamo tranquillamente affermare che questa commedia musicale di Vinci si ripresenta fresca, luminosa e vivida. Sono certo che non mancherà di stupire ed entusiasmare il pubblico scaligero”.
La regia
Leo Muscato ha immaginato per Li zite una scena mobilissima (in tutto 36 cambi scena) che alterna diversi ambienti di una locanda sul porto di Napoli. Tutto si svolge in una sola giornata, il martedì grasso, in un intreccio che, fatta salva la differenza linguistica, richiama il teatro di Goldoni. Nell’intervista a Elisabetta Tizzoni, sempre nel numero di aprile della rivista, commenta: “Con un’opera così si deve partire da zero, iniziando a capire quando e per chi è nata, per quale pubblico è stata concepita. In realtà è nata per il Teatro dei Fiorentini, un teatro popolare nel pieno centro di Napoli che si era specializzato proprio in quegli anni nelle farse comiche in musica. Quindi commedia e musica, non opera lirica come la intendiamo noi. Filo conduttore è l’amore “sbagliato”. Tutti amano la persona sbagliata: Belluccia è innamorata di Carlo, lui è innamorato di Ciomma e quest’ultima è innamorata di Peppariello (Belluccia travestita da maschio). È un cortocircuito continuo. A creare ulteriore comicità, oltre agli amori giovanili ci sono quelli dei vecchi per i giovani: Col’Agnolo innamorato di Ciomma e zia Meneca infatuata di Peppariello. Inoltre era prassi musicale dell’epoca che certi personaggi avessero delle voci sopranili, e quindi troviamo Carlo interpretato da un soprano; Belluccia che, anche se si traveste da Peppariello, è un altro soprano; Titta che è un contralto ed è quindi un’altra voce femminile; mentre zia Meneca è interpretata da un tenore”.
Il convegno
Venerdì 31 marzo 2023, ore 15-18
Ridotto dei Palchi “Arturo Toscanini”
La quotidianità trasfigurata della commeddeja pe museca
Incontro di studio in occasione dell’allestimento de Li zite ngalera
Paologiovanni Maione: Le strategie vincenti d’un genere di successo
Andrea Marcon in dialogo con Raffaele Mellace: Li zite alla Scala
Dinko Fabris: Leonardo Vinci, autentico mito della Napoli del Settecento
Raffaele Mellace: Goldoni all’ombra del Vesuvio: Bernardo Saddumene, drammaturgo di genio
Coordina Raffaele Mellace
Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili
Ulteriori informazioni: www.teatroallascala.org
In copertina, un momento delle prove de Li zite ngalera
Photo: Brescia e Amisano