Dopo le recite dell’opera inaugurale, Don Giovanni, da poco terminate, il direttore emerito a vita Zubin Mehta torna sul podio della Sala Grande alla guida dell’Orchestra, del Coro e del Coro di voci bianche dell’Accademia del Maggio per il secondo appuntamento lirico previsto nel cartellone dell’85° Festival del Maggio Musicale: Otello, di Giuseppe Verdi, in scena da sabato 20 maggio alle ore 19.
Lo spettacolo riprende l’edizione rappresentata (esclusivamente sul canale Rai 5, di Rai Cultura) nel dicembre 2020 durante il periodo di chiusura dovuto alla pandemia; la regia è di Valerio Binasco ripresa da João Carvalho Aboim. La messa in scena attuale ovviamente non risente più delle forti limitazioni imposte dalle rigide regole di sicurezza come il distanziamento, i minimi movimenti concessi agli artisti e ha permesso dunque le azioni teatrali, le interazioni tra i personaggi per restituire finalmente lo spettacolo con la sua piena energia drammaturgica ed espressiva. La compagnia di canto diversa rispetto alla versione televisiva, con l’eccezione di Luca Salsi già presente allora e di nuovo nel cast attuale, è composta da Arsen Soghomonyan nella parte di Otello; Luca Salsi – per l’appunto – nei panni del suo alfiere, Jago; la parte di Desdemona, moglie di Otello, è invece interpretata da Zarina Abaeva; Joseph Dahdah è Cassio; Adriano Gramigni interpreta Lodovico; Eleonora Filipponi è la cameriera di Desdemona, Emilia, mentre Francesco Pittari interpreta Roderigo. Chiudono il cast due membri dell’Accademia del Maggio: Eduardo Martínez che interpreta Montano e Matteo Mancini che veste i panni di Un araldo.
Le scene sono di Guido Fiorato, i costumi sono curati da Gianluca Falaschi mentre le luci da Pasquale Mari.
Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini, il maestro del Coro di voci bianche dell’Accademia del Maggio è Sara Matteucci.
Altre tre le recite in programma: il 23 (proposta al 50% grazie a Fondazione CR Firenze), 26 e 31 maggio alle ore 20.
Prima di ogni recita sono proposte le presentazioni al pubblico degli spettacoli tenute da Katiuscia Manetta, Maddalena Bonechi e Marco Cosci: le guide si tengono nel Foyer della Sala Zubin Mehta e nel Foyer di Galleria della Sala Grande 45 minuti circa prima dell’inizio di ogni recita.
Il direttore emerito Zubin Mehta torna sul podio del Maggio per il secondo titolo lirico dell’85°Festival del Maggio: Otello, penultimo capolavoro lirico del magnifico catalogo verdiano e in assoluto fra le più amate opere del Cigno di Busseto. Otello, scritto su libretto di Arrigo Boito, nacque sotto il loro comune amore per William Shakespeare. Questo porterà Boito a firmare anche la successiva (e ultima) opera di Verdi, Falstaff, anch’essa ispirata ai lavori del Bardo dell’Avon e in programma al Maggio dal 16 al 23 giugno prossimo.
L’opera, che vide il ritorno sulle scene di Verdi a distanza di sedici anni dal suo ultimo lavoro, è stata messa in cartellone per otto volte complessive nelle stagioni del Maggio, e proprio le ultime due rappresentazioni, quella andata in onda su Rai5 del dicembre 2020 e le recite del giugno 2003, dirette dal maestro Mehta.
La messa in scena riprende proprio quella della versione televisiva, con la regia di Valerio Binasco (qui ripresa da João Carvalho Aboim) che ha pensato a un Otello ambientato in: “Un luogo sotto assedio che attende l’arrivo del suo salvatore, il suo condottiero: Otello. Cipro, come Sarajevo ai tempi della guerra o come una città della Siria ai tempi d’oggi, aspetta trepidante l’arrivo del suo eroe che appartiene ad un altro popolo. A proposito dello spettacolo e del progetto registico devo dire che mi sono concentrato sul dramma familiare tra Otello e Desdemona; è un dramma d’amore straziante che avviene in una zona di guerra. C’è un continuo oscillare tra una grande storia: Venezia, Cipro, Otello come archetipo e poi quella più piccola di un marito e di una moglie i quali entrambi soffrono di uno dei mali più strani e atroci che possono colpire una coppia “il troppo amore”, l’amore sbagliato, vittime del peggior demone che esista che è proprio l’amore. Otello è un uomo che sa vincere le guerre ma non sa vincere la forza dell’amore tra le mura domestiche”. João Carvalho Aboim, nel commentare la ripresa dello spettacolo, ha sottolineato non solo quanto siano stati analizzati i due volti del carattere di Otello, ma di quanto sia stato importante lavorare al fianco del maestro Zubin Mehta: “Abbiamo cercato di concentrarci su quelli che sono i ‘due volti’ di Otello all’interno della vicenda verdiana; l’eroe che torna trionfale all’inizio dell’opera e l’uomo che invece agisce all’interno della relazione con Desdemona e all’interno delle mura di casa sua, una situazione apparentemente di pace ma che verrà distrutta da Jago, corroso dalle ambizioni e dalla sete di potere. Lavorare con il maestro Zubin Mehta è stato davvero unico, ha portato la sua esperienza, che ci è stata preziosa anche per quello che riguarda il nostro lavoro. Per fortuna, nonostante partissimo da una base registica di distanziamento e quasi immobilità (dovuta alla pandemia naturalmente), siamo riusciti, anche grazie al grande lavoro del Coro e degli interpreti, a valorizzare il già splendido lavoro del maestro Binasco”.
L’opera
Dopo il successo di Aida Verdi aveva deciso di ritirarsi dalle scene. La vita professionale gli aveva dato tutto: gloria, denaro, fama imperitura. Con Aida poteva congedarsi dalla fortunata stagione del melodramma ottocentesco; da troppo tempo ormai sentiva il peso di un teatro musicale in crisi che stentava a trovare nuove vie drammaturgiche e formali. Ma l’incontro con lo scapigliato Arrigo Boito riporta il maestro di Busseto sulla via dell’opera. Verdi, come Boito, è desideroso di soluzioni poetiche sperimentali e innovative ed è già proiettato verso l’emancipazione del melodramma dal sistema dei numeri chiusi. L’intesa tra i due nasce poi sotto il segno di Shakespeare, autore che Verdi aveva amato e rincorso per tutta la vita. Primo frutto del fortunato sodalizio è Otello, che debutta trionfalmente alla Scala di Milano il 5 febbraio 1887. A 74 anni, Verdi dimostra una stupefacente capacità di rinnovamento, rivestendo in modo inaspettato e originale i versi di Boito. Abbandonata la sicurezza del numero chiuso per la forma aperta, il compositore dà vita a un flusso melodico mobile e continuo. Con un occhio a Wagner e uno alla tradizione teatrale italiana, Verdi segna così il punto di arrivo della sua eccezionale parabola creativa.
Ulteriori informazioni: www.maggiofiorentino.it
Photo: Michele Monasta