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Roma, Antonio Pappano apre con “Elektra” la sua ultima stagione a Santa Cecilia

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Il 18 ottobre alle ore 20.30 (repliche il 20 ottobre ore 19.30 e 22 ottobre ore 18, Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone) Sir Antonio Pappano inaugurerà la Stagione Sinfonica 2022-2023, la sua ultima come direttore musicale di Santa Cecilia, con uno dei massimi capolavori del teatro musicale del Novecento, Elektra, tragedia in un atto op. 58 di Richard Strauss e interpretazione moderna di un mito antico, per la prima volta in cartellone a Santa Cecilia – e per la prima volta diretta da Pappano. ”Per questa mia ultima inaugurazione – ha detto il maestro – ho scelto un’opera monstre del repertorio operistico che sognavo da tanto tempo di dirigere. Non sapevo che non era mai stato fatta a Santa Cecilia. È una partitura molto speciale, Strauss disse che l’orchestrazione faceva parte della sua follia di gioventù”.

All’Orchestra e al Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia si affianca un cast d’eccezione con il soprano lituano Ausrine Stundyte nel ruolo di Elektra (interpretato, con grande successo di pubblico e critica, al Festival di Salisburgo del 2020 e 2021 e alla Staatsoper di Amburgo), Elisabet Strid in quello di Crisotemide, Petra Lang (Clitennestra), Neal Cooper (Egisto), Kostas Smoriginas (Oreste) al suo debutto nel ruolo (così come Petra Lang e Neal Cooper), Nicolò Donini (Il precettore di Oreste); i ruoli delle cinque ancelle saranno sostenuti da Ariana Lucas, Anne Schuldt, Monika-Evelin Liiv, Katrin Adel e Alexandra Lowe, mentre il coro sarà istruito da Piero Monti. La recita del 18 ottobre, ore 20.30, verrà trasmessa in diretta su Rai5 e su Rai Radio3.

Dopo il trionfale successo ottenuto nel 1905 con la Salome, soggetto ritenuto all’epoca “immorale” (il Kaiser Guglielmo II disse a tal proposito: “Mi spiace che Strauss abbia composto la Salome, così si farà un danno terribile”, e l’artista commentò nei suoi Ricordi: “Con quel danno potei costruirmi la mia villa a Garmisch”) Strauss, all’epoca il più acclamato compositore in Germania e nel mondo, si mise in cerca di un nuovo testo da mettere in musica e comprendendo “subito che se ne poteva trarre uno splendido libretto” scelse il soggetto sofocleo dell’Elektra, che aveva visto in scena nel 1903 a Berlino nella versione “riscritta per le scene tedesche” da Hugo von Hofmannsthal, poeta e drammaturgo austriaco, con il quale collaborò fino alla precoce morte dello scrittore (1874-1929), creando capolavori quali il Rosenkavalier, Ariadne auf Naxos, Die Frau ohne Schatten, Die ägyptische Helena e Arabella. Dopo Salome, dunque, ancora un atto unico, ancora una figura femminile divorata da una grande sensualità e dalla sete di vendetta (questa volta per Agamennone, il padre ucciso per mano della moglie Clitennestra e del concubino Egisto), e ancora una risoluzione traumatica, con la morte di Elettra stroncata durante la danza finale, la “danza liberatoria dopo la scena dell’agnizione, realizzabile fino in fondo soltanto con la musica (R. Strauss)”.

Hofmannsthal interpretò così la sua opera: “In Elektra il problema centrale è l’azione e il rapporto con l’azione; un crimine viene espiato per mezzo di un altro crimine, e quest’espiazione è imposta ad una creatura che è condannata due volte ad andare verso la catastrofe: in quanto individuo si considera capace, in quanto donna si considera incapace di compiere quell’atto”, e in una lettera inviata a Strauss il 6 aprile del 1906 descrisse “l’impasto cromatico” del suo dramma come una “mescolanza di notte e luce, nero e chiaro” – e il colore strumentale vi corrisponde perfettamente.

La première dell’Elektra ebbe luogo il 25 gennaio 1909 (lo stesso anno di Erwartung di Schönberg) al Königliches Opernhaus di Dresda con la direzione di Ernst von Schuch, ma “il successo della ‛prima’ – ricordò in seguito Strauss – non fu altro che un successo di stima. Adesso [Elektra] per molti è il punto più alto della mia produzione”. Oggi è al quarto posto fra le opere più rappresentate del compositore monacense e tra i massimi esiti del teatro di Strauss.
Nella storiografia dell’orchestrazione Elektra è fra le opere con l’organico più ampio della prima metà del Novecento (alla “prima” di Dresda erano seduti in buca 112 musicisti), e l’orchestra – ampliata da strumenti inconsueti come lo heckelphon, il corno di bassetto e la tromba bassa – si fa interprete di una moltitudine di temi fra loro imparentati, applicati secondo la poetica wagneriana del Leitmotiv. E gode di una fama speciale anche la forza e la resistenza richiesta ai protagonisti. “Il mio stile di canto – scrisse Strauss a proposito dell’Elektra – ha lo stesso tempo del dramma recitato ed entra spesso in conflitto con le figurazioni e la polifonia dell’orchestra, tanto che solo un direttore di valore può stabilire il giusto equilibrio dinamico e ritmico tra orchestra e palcoscenico”.

Ulteriori informazioni: www.santacecilia.it

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