Il Teatro alla Scala ricorda il Maestro Zoltán Peskó, scomparso ieri, interprete al Piermarini di un repertorio che da Mozart si estendeva al Novecento storico e agli autori contemporanei di cui fu entusiasta sostenitore. In venticinque anni di presenza costante nelle stagioni milanesi, Peskó è stato protagonista della programmazione più originale, visionaria e curiosa, con cui la Scala rifletteva una Milano aperta e rivolta al futuro: molto spesso il connazionale Bartók, ma anche la scuola di Vienna, Stravinskij con Peter Ustinov, Bach con Ljubimov, Weill con Milva e tanta musica nuova, da Donatoni a Corghi e Clementi.
Il debutto scaligero di Peskó avviene nel gennaio 1970 in alcune rappresentazioni di Ulisse di Dallapiccola: nello stesso anno torna sul podio per L’angelo di fuoco di Prokof’ev con la regia di Antonello Madau Diaz e alla Piccola Scala per la prima milanese de La finta giardiniera con la regia di Filippo Crivelli. Per la Stagione Sinfonica 1974/1975 dirige la prima italiana di Kol Nidre di Schönberg in un programma che include anche Webern e Mahler. Peskó torna alla Scala nel 1978 per un doppio Barbablù: quello di Bartók con la regia di Giorgio Pressburger e Eva Martón e Kolos Kovacs protagonisti, e quello di Camillo Togni su testi di Trakl, regista Maria Francesca Siciliani con Dorothy Dorow e Claudio Desderi in scena. L’anno seguente è sul podio per due concerti: con l’Orchestra della Rai per Christus am Ölberge di Beethoven e con l’Orchestra della Scala per Webern, Mendelssohn (con Isaac Stern) e Bartók. Un trittico stravinskiano lo riporta alla Piccola nel 1982 nel centenario della morte del compositore: The Flood, Renard e Mavra vanno in scena con la regia di Peter Ustinov. Un altro trittico, questa volta dedicato a Schönberg per “Musica nel nostro tempo” con la regia di Pier’Alli, lo vede protagonista al Piermarini nel 1983 con Pierrot Lunaire, Die glücliche Hand e Erwartung. Nel 1985, sempre per “Musica nel nostro tempo”, dirige Atem di Donatoni con la regia di Pressburger; inoltre nella Chiesa di San Marco dirige la Passione secondo Matteo di Bach nella storica versione semiscenica di Yuri Ljubimov. Al 1989 risale il suo unico Verdi scaligero: Luisa Miller con Katia Ricciarelli e la regia di Antonello Madau Diaz; nella Stagione Sinfonica, insieme a Ives e Bartók presenta invece Die sieben Todsünden di Kurt Weill con Milva. L’anno seguente al Lirico battezza Blimunda di Azio Corghi da Saramago con la regia di Jerôme Savary per “Musica nel nostro tempo”. C’è di nuovo Donatoni (Arie con Sarah Leonard) nel concerto per Milano Musica del 1992, insieme a Bach/Schönberg e al Concerto per violino di Berg con Viktoria Mullova; nel 1994 per la Stagione Sinfonica incastona invece il Coro di morti di Petrassi tra Die Geschöpfe des Prometheus e la Fantasia per pianoforte, coro e orchestra di Beethoven con Rudolf Buchbinder. Scala e Piccolo Teatro riuniscono le forze nel 1998 per presentare nel nuovo teatro in largo Greppi Carillon di Aldo Clementi con la direzione di Peskó e la regia di Giorgio Marini. L’ultima apparizione di Zoltán Peskó al Piermarini risale al 2005, quando con la Filarmonica della Scala aveva inaugurato il Festival Milano Musica dedicato a Iannis Xenakis eseguendo Xenakis, Kurtág e Beethoven.