Mala tempora currunt sed peiora parantur. Stando a quanto riportato nelle ultime ore da più testate giornalistiche italiane, il Teatro alla Scala sarebbe costretto a cancellare la campagna abbonamenti per la Stagione 2020-2021. Il motivo di questa difficile scelta? La crisi pandemica globale e le troppe incertezze sulla capienza della sala teatrale (al momento ridotta a circa 700 posti, ma non è detto che l’impennata dei contagi non porti a ulteriori restrizioni). Nella storia del Piermarini una soluzione del genere era stata adottata solamente nel 1920, quando su idea del sindaco di Milano Emilio Caldara e del direttore del Corriere della Sera Luigi Albertini si istituì l’Ente Autonomo, sottraendo così il Teatro all’influenza e al controllo dei vecchi palchettisti, proprietari della totalità dei palchetti. Lo stesso avvenne in tempo di guerra, dopo i bombardamenti del 1943 e fino al 1946, quando la Scala fu ricostruita e riaperta il pubblico.
La decisione, sicuramente non presa a cuor leggero, comporta ovviamente anche un ingente danno economico: lo scorso anno le sottoscrizioni di abbonamenti hanno fruttato al teatro milanese circa 15 milioni di euro. Come già anticipato pochi giorni fa dal sovrintendente, Dominique Meyer, finché la situazione non si stabilizzerà è probabile che la stagione venga annunciata trimestralmente, proprio per la difficoltà di fare programmi a lungo termine: salvo sorprese, il 7 dicembre andrà in scena Lucia di Lammermoor in versione integrale, diretta da Riccardo Chailly e con regia di Yannis Kokkos, protagonisti Lisette Oropesa, Juan Diego Flórez, George Petean e Roberto Tagliavini. Nello stesso mese, dovrebbe essere proposto il balletto natalizio per antonomasia, Lo schiaccianoci.